Sunday, October 19, 2008

surf road


domenica a Palm beach, la piu' lontana delle northern beaches. ultimo sobborgo di Sydney, oltre comincia la central coast. si parte alle 10.00 da Wynyard station a bordo della linea L90 (limited stops) che ogni 20-30 minuti collega downtown con i centri della peninsula che separa l'oceano dalla laguna di Pittwater. il viaggio dura un'ora e mezza (ma al ritorno ci mettiamo quasi due ore per colpa del traffico di rientro a Sydney. tutto il mondo e' Treviso-mare!)

sale con noi un gran figo sulla ventina con un surf da due metri, occhi magnifici e sognanti, barba sapientemente incolta e guida lonely planet. meta' delle ragazzine del bus, dirette alle varie spiagge, se lo mangia con gli occhi e meta' di questi commenti sono presi a prestito da Cesira!



l'autobus tira su famiglie e bagnanti d'ogni genere, scarincandone ondate in posti come Whale beach, Avalon beach, Paradise beach, Long beach... e' chiaro che non e' un'area famosa per le zone industriali. arriviamo a Palm beach, l'autobus ti molla esattamente sulla spiaggia, il figone scende fiutando avidamente l'aria e cercando l'onda giusta e noi facciamo due passi sul lungomare. alla fine arriveremo fino al faro, percorrendo lo smugglers' path che si inerpica fino in cima.



poi torniamo in "paese" e mangiamo alla Barranjoey house. in stile Havana con i tovaglioli colorati e divani in vimini, a me pare un bell'ambiente e mangiamo un validissimo fish'n'chip. e' un posto da segnarsi se ci passate, anche per dormire. prezzi ragionevoli (al cambio di oggi!), relativa tranquillita' in confronto alla metropoli e viste su Pittwater che in quel punto dista 200 metri dall'oceano, appena al di la' della strettissima striscia di terra su cui vivono i beati abitanti di Palm beach.

riprendiamo al volo l'L90 e appena saliti leggo il cartello di una via, Surf road. ecco, ci mancava... omen nomen!





Saturday, October 18, 2008

memoria lunga



questo post parla di Cina e di cinesi. paese millenario il primo, presenti a migliaia i secondi, specie a Chinatown che ospita varie sedi di UTS inclusa quella dove lavoro. il numero di passanti, studenti, colleghi dagli occhi a mandorla e' altissimo... ci mangeranno i risi in testa! per sdrammatizzare, quest'anno siamo andati a visitare il chinese garden al Darling harbour. si tratta di una piccola oasi di pace immersa nella citta' dove, in occasione del bicentenario dell'Australia (1988), hanno costruito un parco per ricordare la lunga amicizia che lega la Cina a Sydney. il giardino e' molto gradevole, con acqua, decorazioni e tempietti. il posto e' noto anche perche' offre l'occasione di gustare molti tipi di the cinesi e Cesira non si e' fatta pregare.



io ero a digiuno e ho preso invece i "gow gees" e un bicchiere di vino bianco (della South Australia). serviti caldi in un cestino di vimini, i miei gow gees sono bocconcini ripieni di gambero avvolti in una pasta traslucida che non saprei definire. un ottimo spuntino che mi ha fatto tirare sera in ufficio. una delle cose piu' divertenti del giro e' vedere i turisti che, noleggiando i costumi, si vestono da cinesi dell'eta' imperiale e passeggiano gustandosi l'atmosfera. i ragazzini sprizzano felicita' ma anche i grandi erano molto ben calati nella parte.



sabato sera invito da parte di Carl, andiamo mangiare cinese in un sobborgo di Sydney. ci sono alcune peculiarita': Riverwood e' lontano quasi 25 km dal centro e partiamo alle 17.15 per essere puntuali alla prenotazione delle 18.00. si, e' un po' prestino ma ci sono dei buoni motivi. il Yong Feng e' un ristorante no-frills (spartano, tavoli senza tovaglie e salviette di carta), frequentato quasi esclusivamente da cinesi, che fa i turni alle 18.00 e alle 20.00, tipo Marisa. se arrivi nel secondo turno, rischi che i primii clienti (cinesi!) ti abbiano gia' fregato l'aragosta che nuota beatamente, ignara del suo destino, nella vasca all'ingresso. quindi, bando alle ciance e partenza presto verso questa mecca della cucina d'oriente.



visto da fuori sembra un buco in cui c'e' da rischiare grosso anche per un veloce take away ma arriviamo alle 17.55 e essendo i primi (eh, ci mancherebbe!) possiamo ordinare l'unica aragosta della serata. la moglie di Carl, che e' cantonese oltre che un'organizzatrice nata, aveva previsto tutto e ha il pieno controllo della situazione. la cena e' stata buonissima, noi 4 (io, cesira, David e Carl) gli unici "foreign devils" seduti ai tavoli. la lobster era prelibata ma tutto era da incorniciare a partire dal maiale caramellato, al piccione arrosto fino alle verdure al vapore e ai funghi che competevano per gusto e bonta' con il pesce. insomma, promossi a pieni voti anche perche' paghiamo 26 euro a persona. yong feng vuol dire "lungo ricordo", unforgettable. a futura memoria...

Thursday, October 16, 2008

italieni 2


in un posto dove oltre il 40% della popolazione non ha come lingua madre l'inglese, io mi sento a casa mia, anche perche' storpio la lingua di Shakespeare molto meglio di molti altri con cui mi devo spiegare a gesti in mancanza di rudimenti di cinese, thai, giapponese, koreano, greco... ma una certa italianita' della citta' non passa inosservata nemmeno agli osservatori distratti. tutti ci adorano, forse oltre i nostri meriti, per l'arte, le bellezze e il cibo. hai poco da dirgli, e non e' nemmeno giusto rovinargli la festa, che l'italiano medio non si sveglia la mattina per andare al mercato a prendere prodotti freschi, rigorosamente DOC-DOP, sorbendo fumante caffe' di qualita' per poi cucinarsi mirabolanti paste e pizze col pomodoro ciliegino, concludendo con cremolata e limoncello di Surriento (!) c'e' da essere orgogliosi di tutto questo innocente affetto, ignaro della Gelmini che ci affligge, dell'Alitalia e del cronico ritardo dei nostri treni, del fatto che quattro gatti di stranieri ingenerano paure e xenofobia nella mia citta'... ma sto divagando.


la settimana scorsa abbiamo fatto un bagno d'italianita' particolare con l'occasione del Lavazza Italian 2008 film festival che si teneva a Sydney fino al 12 ottobre. due cinema della citta', uno a Paddington in Oxford street e uno a Leichhart, in Norton street proponevano un ricco programma di pellicole recenti e classiche. Norton street e' un po' la Little Italy di Sydney, una specie di zona simbolo, con affollamento di ristoranti del bel paese, scuola bilingue italo-inglese e aspetto piu' europeo rispetto agli altri quartieri. siamo andati a vedere "Il divo" in italiano, con sottotitoli in inglese, sala piena, molti italiani. e' un film potente e teso, recitato benissimo, colonna sonora di grande impatto. l'altro film era "Days and clouds", con Margherita Buy e Antonio Albanese, storia di una coppia che sbatte contro la crisi economica e vede disintegrarsi la propria sicurezza di ceto medio. e' un po' bizzarro, ma anche divertente e glocal, che riusciamo a beccare all'altro capo del mondo film che ci eravamo persi in patria. abbiamo concluso la serata con 4 passi in Oxford street, cuore del quartiere gay, piena di locali alternativi e negozi di indumenti e capetti non banali a men che non si voglia fare un punto. ho pensato che una simile strada in Italia e' ancora da venire e non ne sono orgoglioso per nulla. nel mezzo della bolgia, ci siamo infilati per caffe' e cioccolata calda in un bar italiano (toh!): 15 mq in tutto, pacchi di pasta barilla a decorare gli scaffali, bevande s. pellegrino ovunque, grana, olio e bresaola nel menu. al centro del microscopico bar troneggiava una vespa. se non e' un'apoteosi questa...

Sunday, October 12, 2008

mango mango mangoooou


da un po' di tempo non scrivo sul blog, immerso in altre intensita' locali (deadlines con relativi parossismi, rotoli di seminari, discussioni con colleghi...) eppure, decantare le sensazioni per assaporarne il retrogusto, diluire l'immediatezza e la volatilita', aspettare che i collegamenti si disvelino e' forse cosa sensata (anche me nono diceva "pensa prima di parlare"). siamo fortunati ospiti di questa citta' per la seconda volta, capiamo di piu' e meglio un luogo che gia' padroneggiavamo con discreta disinvoltura. per questo provo ora a soffermarmi su cose del "secondo ordine" che forse sfuggono al primo contatto.


complice il tempo primaverile e morbido di queste settimane, con ammiccamenti estivi e giornate sfolgoranti, ho scoperto un certo lato "tropicale" dell'emerald city, la frutta. dal giovedi alla domenica apre il Paddy Market, gran bazar del commercio al dettaglio a 10 m dal mio ufficio, per meta' destinato a minutaglie varie e cineserie turistiche e per meta' mercato di frutta e verdura. mi soffermo su quest' ultimo caotico ed affollato smercio di prodotti freschi, anche perche' ci trovo prelibatezze che in Italia vedo solo in fotografia. e' comiciata la stagione del mango e appena entrati nel mercato coperto si sentono subito distintamente i fruttivendoli che urlano "mango-mango-two dollars mangooo-oo-oo" per richiamare l'attenzione del cliente. scegliere un mango e' un problema di decisone serio (non come quelli dei paper): ne vedi a decine, varieta' Kensington e altri di minor pregio, li vendono al pezzo e non a peso. e' un arte che impegna la vista, il tatto e l'intuizione.


se pensate che me la tiro troppo dovreste vedere con quale dedizione Tony, che mi ha fornito i primi rudimenti di mango-theory, seleziona le sue prede. perche' farsi fregare comperando un frutto bello ma troppo maturo? perche' pagare 3 dollari per un frutto perfetto quando puoi avere per 2,60 una coppia di pezzi con migliore "value for quality"? potrei ironizzare sui trade-off di noi "economisti" ma qui e' una cosa seria! dovete sapere poi che qui e' considerato perfettamente lecito tastare i frutti, ci sono clienti che prima di comprarli se li palpano tutti, dal primo all'ultimo, non sia mai che si trovano una sorpresa. per farla breve o impari a farti rispettare oppure ti compri manghi mollicci e malmenati da decine di clienti che li hanno lasciati al triste loro destino, no land for old men! alla fine anche io esco dall'agone, con un residuo di adrenalina ancora in corpo, con i miei due/tre mangoes di buona tonicita', oltre al resto (pomodori, banane, zucchine, a volte anche avocado e altre stranezze) che mi serve per arrivare al giovedi successivo.


vi dicevo che il clima soleggiato incoraggia pasti leggeri e un piacevole diversivo e' cenare a base d'insalata di frutta (facciamo spesso ore assurde, sembriamo spagnoli di madrugada): io ci metto il mango, sbucciato e tagliato fino ad estrarre il seme interno a forma di mandorla, tipo osso di seppia, oltre a pezzi di banana, arancie e fettine sottili di ginger. quest'ultimo ingrediente e' una novita': si tratta di una radice che si trova a cassoni al mercato, naturalmente, e che si puo' aggiungere in modica quantita' alle insalate di frutta e verdura. un pezzetto piccolo di ginger masticato da solo basta ad incendiarti la bocca in un modo che non avevo mai provato, diverso dal pepe e dal peperoncino, e ti lascia le papille annaspanti e confuse a lungo. sconsiglio di addentarne un boccone pieno! trovo misterioso che una simile arma incendiaria risulti invece gradevolissima assieme al resto, dando all'altra frutta quel tocco di acidulo, simile al limone, un frizzante gusto alternativo e una punta di piccante.

sara' pure una cosa generazionale, ma confesso che mi gusto la mia insalata di frutta e yogurt anche perche', irresistibilmente, mango e' parola ricca d'evocazioni e mi ricorda le canzoni di Paolo Conte, i suoi tropici mediterranei e sognanti, pieni di donne profumate e stillanti delizie zuccherine. vi saluto con le sue parole:

il mare mi ha portato qui,

ritmi canzoni, donne di sogno,

banane, lamponi

onda su onda

mi sono ambientato ormai

il naufragio mi ha dato la felicita' che tu,

non mi sai dar.

Friday, October 03, 2008

Hunter valley



venerdi 3 ottobre c'era la gita sociale con i partecipanti overseas alla conferenza del PWC (Paul Wolley center for market dysfunctionality). si e' trattato di una cosa simpatica, informale e organizzata con gusto e semplicita'. io e Cesira abbiamo fatto il viaggio con Lorenzo e Massimo, che ci hanno dato un passaggio mentre gli altri viaggiavano sulla macchina di Ron. noi avevamo il compito di fermarci a Wahroonga, periferia di Sydney, per comprare le insalate in vista del barbecue. insalata qui non significa una cosuccia leggera a base di verdurine: si va giu' duro con patate e pollo, maionese a gogo', anche cose piu' "vivaci" a base di avocado e altro. tutto cio' serviva per fornire il contorno alle bistecche e salsicce che abbiamo cotto alla griglia in un'azienda vinicola della famosa Hunter valley.


abbiamo gia' visto delle zone vinicole dell'Australia, che abbonda di aree di pregio dove il buon vino e' diffuso. loro ci sanno fare, i vigneti e i poderi sono tenuti con cura estrema, le aziende sono sempre organizzate per vendere al dettaglio, accogliere i visitatori con degustazioni e offerta di ospitalita' e camere. siamo andati da Peterson e ci siamo fermati sulla sommita' di una collina con bella vista sugli hunter. pranzo a base di insalata e barbecue bevendo una bottiglia e mezza di shiraz che avevamo selezionato alla fine del preliminare e canonico giro di degustazioni. io ho assaggiato semillon e chardonnay 2007 per i bianchi e shiraz (nelle versioni 2006 e blend). il semillon non lo capisco del tutto (l'ho provato varie volte, non ha mai superato la sufficienza e le sue sue chances se le e' bruciate), lo shiraz blended e full bodied era troppo aggressivo ma chardonnay e shiraz 2006 erano buoni e infatti me li sono portati a Sydney assieme a un passito comprato sulla fiducia. la mia carta di credito recita 36 euro e, se tenete conto del cambio vantaggioso, capite che il vino non le te lo regalano. a me sembra pur sempre un grande piccolo affare (visto come va la borsa, poi!) ma dipende ovviamente dal fatto che reputo un bicchiere di vino civile un piacere della vita, costi quel che ragionevolmente costi.




ci resta nella memoria una bella scampagnata (vedete il gruppo nella foto: Cesira, Lorenzo, Massimo, Bob Eisenbels, Ron, Dimitri Vayanos, Gordon e Nick Barberis, uno dei grandi della behavioural finance), un piacevole entroterra ingentilito dalle vigne e la sosta al ritorno in un motel che sembra uscito dai film dei fratelli Cohen, per un flat white e due "espressi".

Wednesday, October 01, 2008

Voices

una citta' di questo respiro fa anche rumore. questo post e' un tentativo di trasmettere i suoni della citta' o almeno alcuni fra i piu' caratteristici. cominciamo con gli spettacoli di strada degli aborigeni (so che e' una questione molto piu' complessa, chiedo venia ma qui parlo solo di suoni...) ho registrato la voce del didgeridoo, uno strumento a fiato suonato dagli aborigeni. si tratta di un lungo "tubo" di legno, in cui l'aria insufflata da un lato risuona in modo particolare, a seconda della posizione delle labbra e di come il suonatore tocca o percuote lo strumento. a un profano come me il suono sembra simile a quello di uno schiacciapensieri gigante. in questa registrazione sentite, oltre al ronzio basso e modulato dello strumento, anche un po' di base ritmica creata da un tipo alla Indiana Jones che stava alle percussioni. ecco la mia registrazione. confrontatela con una piu' tersa (e forse piu noiosa) dell'UNSW, University of New South Wales.

il secondo suono e' molto piu' "urban". una delle cose carine degli australiani e' che sono civili e rispettosi, come mi pare si convenga agli anglossassoni (certi, va bene! ci sono pure gli hooligans...) anyway, rispettano il codice stradale e i pedoni attendono che il semaforo diventi verde. capita quindi di aspettare parecchi minuti in attesa del via libera. in questo periodo c'e' un suono particolare che accompagna l'attesa. il semaforo ticchetta regolarmente fino a quando c'e' il rosso; poi si scatena emettendo un "gnweeeoouuuu" che risveglia dal tutti dal torpore e... si puo' attraversare accompagnati da un suono intermittente piu' veloce, "diamoci una mossa", fino a quando la luce e' verde. quasi ogni mattina vado al lavoro a piedi, lungo George street, con una dozzina di incroci e questi rap semaforici mi accompagnano lungo tutto il viaggio. spero che possiate sentire qualcosa.