Friday, December 30, 2016

Tu chiamala new economy se vuoi...

Stamattina avevo deciso di fare vacanza e di finire di preparare un breve viaggio a Roma per capodanno (vorrei vedere le mostre su "Carlo Scarpa e il Giappone" e "Star Wars" al Vittoriano). Vacanza etimologicamente sa di rarefazione, di vuoto e tempo libero, speravo di leggere un libro che non finisco mai per colpa di un rosario di pratiche, adempimenti, ASiNate varie… Ma non è andata così e sono stato letteralmente ore a risolvere un viaggio che s'ingarbugliava sempre di più, in cui i mezzi di comunicazione, la disintermediazione e il pressappochismo romano si sono intrecciati in modo che mi è sembrato istruttivo (anche se per poco non era distruttivo). Proviamo a mettere ordine in codesta simpatica vicenda:

  • prenoto su internet il lontano 4 dicembre un appartamento per 4 persone e due notti; ci metto la mia bella carta di credito e ricevo conferma (per email) che è tutto ok, con tanto di "codice PIN" e "stato prenotazione". 
  • di seguito vado sul sito trenitalia e compro i miei bei biglietti per Roma beccando pure delle mirabolanti offerte "2x1" all'andata e "SuperEconomy" al ritorno, wow!
  • avevo già usato quell'appartamento e il giorno prima della partenza, prevista per il 31, chiamo i signori Lavinio e Massimiliana per mettermi d'accodo sulla consegna chiavi. I poveretti cadono dal pero e iniziano a snocciolare una serie di "ma com'è possibile?", "non abbiamo ricevuto nulla" che poi si tramutano in "abbiamo affittato a degli studenti da settembre" e "sarà finita nello spam", "il provider e si è dimenticato" e vai col liscio. Penso nitidamente che ci sarà un motivo se Roma è Roma da 2000 anni, e non sono bastati Etruschi, re e imperatori, unni, Papi e cardinali, politici, borgatari, lo Zio e M5S per cambiare le cose…
  • sacramentando appena appena, provo ad andare sul sito di trenitalia per annullare/recuperare i biglietti. Già vedo la vostra faccia ghignante: col piffero che ti rimborsano i "2x1" e i "SuperEconomy", hai voluto dei biglietti ganzi e adesso t'attacchi e t'arrangi.
  • colto da un po' di rimorso Lavinio mi manda degli indirizzi web di appartamenti Airbnb. mi ci metto con dedizione anche se ricordo ancora la giornata persa in un'altra occasione. Quella volta cercavo per dei familiari due camere a New York e dopo due giorni di taranta su internet, richieste, domande, prenotazioni e sprenotazioni mi ero arreso. Magari le cose sono cambiate e ora Airbnb è un fenomeno di cui tutti parlano per la capacità di generare utili e di fare incontrare domanda e offerta, la libertà immobiliare al potere, le due camere sono mie e me le gestisco io… A dir la verità qualcuno dice che genera anche tanto nero, evasione fiscale a rotoli e competizione sleale nei confronti degli alberghi veri. Ma saranno di sicuro malignità.
  • infatti, in men che non si dica (che vuol sempre dire mezz'ora) trovo un appartamento, lo prenoto con "instant booking", carta di credito sempre in trincea e sono salvo. Pensate, ricevo pure la mia conferma di prenotazione alle 14.19, l'ho svangata anche stavolta all'ultimo minuto. 
    Carta sempre sia lodata alle 14.01, conferma alle 14.19, "Ricordati della prenotazione" (colmo del ridicolo!), cancellazione alle 15.17 ma "siamo qui per aiutarti"... Infine alle 15.49 arriva la cavalleria sotto forma di Veronica di airbnb che mi aveva pure telefonato.
  • Ehhmm… si sa che le conferme sono qual piume al vento e alle 15.17 Airbnb mi sconferma dicendomi che "Il tuo host ha cancellato la tua prenotazione". Ma come? prenotazione ok, carta di credito molto ok, conferma super e poi tonfo? Nel frattempo mi sento con l'host Lucio, quello che offre la sistemazione su internet, accetta la prenotazione, conferma e poi sconferma nel giro di meno di un'ora… mentre cercavo di capire come recuperare le chiavi. Mi spiega calmo e gentile che stava trattando con altri e che "quelli di airbnb" si sono dimenticati di togliere l'offerta dal sito. Ah, va bene ma io sono nelle peste… "Mai paura, le trovo un'altra sistemazione in Via del Gatto Morto 50, un po' più piccolo, ma sempre due camere; bagno un po' piccolo ma sempre con vaso e bidet". penso che meno male che c'è il vaso: il bidet è una gran comodità ma se non ho il vaso sarei in difficoltà anche se, vuoi mettere, si può sempre innovare… poi mi dice di mandare un bonifico o una ricarica "poste-pay". Bonifico a chi? A un privato fuori dalla rete airbnb e dalla procedura concordata? Oppure una ricarica poste-pay, sto per tracollare: a chi? e come si fa? devo diventare correntista delle poste? Cancello anche i numeri di matricola e svuoto la cache dopo che te li ho mandati?
  • quando sto per cedere al lato oscuro della forza, mi telefona Veronica di airbnb, accento romano. ha una voce empatica, è calma, sono (stranamente) calmo anche io, sto in vacanza no? si scusa, si offre di trovarmi delle sistemazioni e di seguirmi nelle prenotazioni, "se vuole contatto io gli host per farle dare risposte celeri dopo che ha formulato la richiesta". mi dice anche di non usare mai l'instant booking e suggerisce categoricamente (bell'ossimoro!) di non mandare bonifici a gente di cui sai che si chiamano "Francesca e Lucio". mi sento anche ripreso per mano da una professionista che lavora per una impresa, inspiro ed espiro, provo a seguire i link che mi ha dato, me ne manda altri per email. io continuo a cercare e, nelle vesti di guest, domando a vari host se mi prendono. Uno mi dice di no; una ha avuto solo due prenotazioni dal 2014 e tutte e due le ha cancellate, siamo messi bene!
  • ma poi Jo (è il nick dell'host) con un bell'appartamento vicino a Pza Navona mi dice che è disponibile alle 16.43. mi arriva anche un email che devo completare la prenotazione entro le 16.44: czzrla, neanche Ernesto sparalesto con un mouse a canne mozze ce la può fare! E infatti era solo un incentivo, e alle 16.48 faccio tutto e ricevo conferma. No, aspetta un attimo: alla terza conferma e con due sconferme all'attivo non mi basta più, non mi basta mai, siamo sicuri?
  • richiama Veronica della casa madre, la stessa di prima, si scusa, mi dice che che è fatta; poi mi scrive Jo, pseudonimo di Eugenia la proprietaria e conferma pure lei
È veramente fatta, sembro il Washington Post ai tempi del Watergate con conferme indipendenti dell'esistenza in vita della prenotazione, ho le email, ho le telefonate, ho quasi tutto (e Bubola direbbe "Ma non ho te!"). A dir la verità, mi sento messo bene e rimbomba nella mia testa Navona, …Ona… Ona  e sono felice (stop, non rovinate tutto con la rima!) 
Come in tutte le storie c'è il colpo di scena: scrivo a Lucio che non faccio il bonifico né la poste pay e che ho trovato altrove, sempre su airbnb che è pur sempre l'istituzione cui è iscritto e di cui dovrebbe rispettare le guidelines. Guardate il dialogo non privo di una bella surrealtà che ne esce su whatsapp:

Sogno o son desto?
Lo trovo grande: Lucio non è un host, ma un'agenzia immobiliare da 30 appartamenti e 10 camere, raffiche di bonifici e ricariche poste-pay, "instant booking" e "fast sbooking"! Ripenso alla grande bellezza, alla potenza della rete e al peculiare casino che internet ha innestato in una Roma definita da un amico di Cividale città di "indigeni approssimativi, casinisti, inaffidabili". Lo sa lui, lo so io, lo sappiamo tutti che tutto il mondo è paese e che a Venezia abbiamo il MOSE, che Roma e altre città siano diverse è tutt'altro che certezza inossidabile. Ripenso alla polemica sorta dall'idea sacrosanta di mettere una cedolare secca del 20% anche a chi su airbnb affitta camere, alloggi, case. Non l'abbiamo fatto, forse la gabella soffocava la libertà d'impresa (e i bonifici, le ricariche…) e toglieva verve a questo vorticoso e financo festoso rimbalzare di conferme che durano molto meno dell'espace d'un matin

È un post lungo, lo so, ma sento una vocina  che mi dice che non di sola deregulation vive l'uomo. Sento sussurrare anche che la rete per metà t'incasina e per l'altra metà è salvifica (Veronica e airbnb, in un certo senso stanno anche dalla parte buona). Ripenso ai consigli della nonna: non dare corda agli sconosciuti, non mangiare le loro caramelle, non fare bonifici del menga… non sapeva cos'erano le ricariche poste-pay. E non lo so bene nemmeno io. Buon anno a tutti! 

Sunday, December 11, 2016

Chaos, bifurcation diagrams and Lyapunov exponents with R (2)

(The first part of this article can be read here)

Iteration of one-dimensional maps can generate stunning complexity and famed examples of chaotic behavior.  R can be used to get the flavor of this richness and reproduce some of the most famous pictures in the history of science, such as the bifurcation diagram of the logistic map or the representation of its Lyapunov exponents.

Given a one dimensional map depending on a parameter, a bifurcation diagram shows the stable structures (fixed point, cycles, attractors) visited by the dynamics for each value of the so called "bifurcation parameter".  Resisting the temptation to use again and again the beloved logistic map, consider instead the following dynamical system

x(t+1)=a cos x(t),  

taken from exercise 10.2.6, page 389 of Strogatz, "Nonlinear Dynamics and Chaos: With Applications to Physics, Biology, Chemistry, and Engineering".  The following script defines a function to get the bifurcation diagram for a given map (I modified some existing code, but I was not able to find and credit the exact source: https://web.stanford.edu/group/heeh/cgi-bin/web/node/59, say, has the same ideas. I defined a function and removed the use of "expression" and "evalf").  See also the post at https://www.r-bloggers.com/dynamical-systems-mapping-chaos-with-r/

bif_diagram <- function(f=function(x,a) (a*x*(1-x)),alow=2.5,ahigh=4,
                        thinness=1000, transient=200, collect=200){
        # f function, parameter must be named a
    n <- 1
    R <- seq(alow,ahigh,length=thinness)
    data <- matrix(0,collect,thinness+1)

    for(a in R){
      x <- runif(1) # random initial condition
      ## first converge to attractor
      for(i in 1:transient){
        x <- f(x,a)
      } # collect points on attractor
      for(i in 1:collect){
        x <- f(x,a)
        data[i,n] <- x
      }
  n <- n+1
}

data <- data[,1:thinness]
yrange <- range(data)+c(-0.1,0.1)
plot(R,data[1,], pch=".", xlab="a", ylab="States",ylim=yrange)
for(i in 2:collect) points(R,data[i,],pch=".")
}

Now, enter
f <- function(x,a) a* cos(x)
bif_diagram(f,alow=0.5,ahigh=4)
Bifurcation diagram for f(x,a)=a cos x, when a is the range [0.5,4].
You can see that, for low values of the parameter a, there are unique fixed points or simple cycles.  Then, through  a series of (quite typical) period-doubling bifurcations, chaos appears and suddenly disappears when the parameter crosses 3.  bif_diagram has defaults parameters that can be adjusted to specify the parameter's interval of interest or increase/decrease the resolution and legibility of the resulting plot.

One of the most interesting signature of chaos is the divergence of orbits arbitrarily close in their initial conditions.  Broadly speaking, orbits are stretched apart by some systems and a positive stretching rate is signaling the presence of chaos.  The Lyapunov Exponents (LE) is the average (exponential) growth rate of the divergence of initially nearby orbits.  LEs can be computed, for any value of the bifurcation parameter using the lyap function below, where is assumed that you have properly defined the dynamics f in advance.

lyap <- function(a,trans=300,num=1000){
    x0 <- runif(1)
    for(time in 1:trans){
        x1 <- f(x0,a=a);x0 <- x1
    }
    sl <- 0
    for(time in 1:num){
        x1 <- f(x0,a=a);x0 <- x1
        sl <- sl+log(abs(grad(f,x1,a=a)))
    }
    sl/num
}
In order to graph LEs define a sequence of values of the parameters, use sapply to get the sequence of corresponding exponents by applying lyap to the elements of the sequence and finally plot.  With the same map given above:

a <- seq(0.5,4,length=100)
ly <- sapply(a,lyap)
plot(a,ly,t="l")
Lyapunov exponents for f(x,a)=a cos x, when a is the range [0.5,4].
It can be seen, say, that when a=2, the LE is positive and chaos is in action [Check the bifurcation diagram to get the same intuition for that value of a].  Entering lyap(2) would indeed produce 0.15 (approximately).  In rough terms, this means that divergence of close initial points will be on average amplified by about 15% per iteration of the map over its domain.

To conclude:
  • it is fun to try the same things with a slightly modified map: x(t+1)=cos(a x(t)) (the parameter is "inside" the cos);
  • if you want to replicate two of the most well-known pictures related to the logistic map, type
    f <- function(x,a) a*x*(1-x)
    bif_diagram(f,0,4)
    
  • the graph of LE, seen on page 369 of Strogatz's book is readily obtained through
  • a <- seq(3,4,len=100)
    f <- function(x,a) a*x*(1-x)
    ly <- sapply(a,lyap,num=2000)
    plot(a,ly,t="l",ylim=c(-1,1));abline(h=0)
    
Lyapunov exponens for the logistic map, when a is the range [3,4].

Saturday, December 03, 2016

Non-linear dynamics and chaos using R (1)

I have been teaching the course "Mathematics" for the PhD students at Ca' Foscari University for a few years. In the lectures I cover some "scattered" material that may prove useful, sooner or later, to develop quantitative models in Economics. One of the weeks of the course is devoted to non-linear dynamics, one-dimensional maps and chaos.
R can be extremely useful to explore the dynamics, compute fixed points or cycles and have a numerical look at the map. The mix of computational techniques and theoretical investigation is widely acknowledged to be fruitful. As Strogatz, "Nonlinear Dynamics and Chaos: With Applications to Physics, Biology, Chemistry, and Engineering", puts it:
The study of maps is still in its infancy, but exciting progress has been made in the last twenty year, thanks to the growing availability of calculators, then computers, and now computer graphics. Maps are easy and fast to simulate on digital computers where time is inherently discrete. Such computer experiments have revealed a number of unexpected and beautiful patterns…
Given a non-linear map \(f\) you may want to plot the time series of states \(x_{t+1}=f(x_t)\), depict the cobweb diagram and look at fixed points, to begin with. Let \(f\) be the immortal logistic map depending on the parameter \(r\).

f <- function(x,r) r*x*(1-x)
bounce <- function(f,init=4,n=10,cobweb=T,timeseries=F,dom=NULL,...){
iterates <- NULL
x0 <- init
for(t in 1:n){
  x1<- f(x0,...)
  iterates[t] <- x1
  x0 <- x1
  }

if(cobweb & !timeseries){
    if(is.null(dom)){
    a <- range(c(init,iterates))[1]-0.5
    b <- range(c(init,iterates))[2]+0.5} else
    {a <- dom[1];b <- dom[2]}
    curve(f(x,...),a,b);grid(col=1);abline(0,1,lty=2)
    lines(c(init,iterates), f(c(init,iterates),...),t="s")
    points(c(init,iterates), f(c(init,iterates),...))
}

if(timeseries){
    plot(0:n,c(init,iterates),t="l")
}

}
bounce(f,0.1,r=3.7,n=100)

bounce computes \(n\) iterates of the map starting from init an plots a cobweb diagram. Defaults may or may not work for a specific map but the plotting domain can be provided if the educated guess doesn't work (here, say, bounce(f,0.1,r=3.7,n=100,dom=c(0,1) would be probably better).
bounce(f,0.1,r=3.7,n=100)
The function bounce shows the 45-degrees line (dashed) and its intersections with the graph of the function: fixed points and their stability can be visually investigated (or found with uniroot). Indeed, the name comes from the repeated "bounces" on the line and on the graph. Setting timeseries=T displays the sequence of states of the dynamics (i.e., the time series) as shown below for \(r=3.8282\), a value that generates intermittency, see page 363 of Strogatz:
bounce(f,0.1,r=3.8282,n=100,timeseries=T)
In a coming post, we'll use R to draw bifurcation diagrams and Lyapunov exponents.

Sunday, October 09, 2016

Festival della Statistica

È un weekend emotivamente impreziosito dal Festival della Statistica che si tiene a Treviso. Il programma è ricchissimo: labirinto statistico in Piazza dei Signori, conferenze, lezioni, dibattiti, film… C'è il presidente dell'ISTAT, che celebra i suoi 90 anni, e molti illustri ospiti anche nelle librerie cittadine.
Ma mi concentro, nel post e in questi giorni, sulla parte StatisticAllYoung, il programma per bimbi/ragazzi dal 3 ai 14 anni cui ho contribuito anche io costruendo un cubo SOMA.
I ragazzi, presso la Loggia dei Cavalieri, trovano un ampio menù di attività che vanno dall'astrostatistica (adatta alle quinte liceo!), alla probabilità e mattoncini, giochi bebè, scacchi e via dicendo fino ai numeri in Egitto, Mesopotamia e Giappone.
Io ho costruito un cubo SOMA, il mirabolante rompicapo ideato da Piet Hein con 7 pezzi che si possono ricomporre in un unico grande cubo di dimensioni 3x3x3. Maggiori informazioni sul gioco si trovano, ad esempio, su Wikipedia (ma vi conviene guardare la versione inglese) e in migliaia di pagine web fra cui vi segnalo quella della fantastica famiglia danese Bundgaard. Io ci gioco da decenni, dopo che lessi un articolo di Martin Gardner che descriveva il rompicapo. Bastano colla e 27 cubetti di legno e da allora sono ore di divertimento ed esplorazione di configurazioni e incastri, È un gioco che ti prende e ti porta via e non a caso il nome allude scherzosamente all'effetto stupefacente che i pezzi possono generare.

Il mio ben più che ventennale cubo personale e la configurazione di cubo 3x3x che preferisco (ce ne sono tante ma questa ha il pregio che rovesciando il pezzo staccato.. esce un diamante!)) 
Il SOMA non è un rompicapo in senso stretto in cui il fine è fare un cubo 3x3x3. Quest'obbiettivo è solo il riscaldamento che serve per impadronirsi della geometria 3D dei pezzi. A me piace moltissimo la creatività che consente di assemblare, con gli stessi pezzi che puoi impacchettare in un cubo di fredda semplicità, anche un cagnolino, una sedia (pure pieghevole!), un pozzo, un letto, una vasca da bagno, un tunnel…
Ma sto divagando. Al Festival della Statistica abbiamo costruito un SOMA gigante, con 27 scatoloni bianchi da 50x50x50 cm. Sabato mattina con l'aiuto dei colleghi dell'ISTAT e delle stagiste Rossana e Valeria ci abbiamo dato dentro con vinavil e nastro adesivo che serve per irrobustire la struttura.
Work in progress il sabato mattina alle 9.00. Il nastro irrobustisce i diedri e unisce più cubi "aiutando" la colla. Un'altra immagine si vede at https://twitter.com/paolopellizzari/status/784685625177935872.
Ne è uscito un cubotto alto 1.5m coi bambini che si aiutano per alzare o ruotare i pezzi e la sedia che troneggia alta 2 metri e mezzo. Quest'anno ha funzionato bene invitare i bambini a guardare il piccolo modellino in legno e ricreare una figura in grande dimensione. Per la prima volta in vita mia, dopo che abbiamo fatto il tunnel… i bambini ci sono passati sotto!



Vi racconto queste cose anche perché festival e SOMA li vivo come un'iniezione di freschezza in un periodo in cui invece fatico a tollerare meschinità e la pochezza di visione che emanano da riunioni e frequentazioni altolocate (ma altolocate decché?). Vedo Susi e Rina lavorare senza posa per giorni, senza straordinari, stracolme di passione; vedo Francesca e Debora (siete delle statistiche da favola, ve lo dico io!) incantare i bambini leggendo le storie della "Val Mediana" ai piedi del "monte Gauss", col piccolo Ultimo che alla fine sfreccia davanti ai suoi atletici fratelli; vedo il potere del divertimento che forse trasmettiamo ai ragazzi e ai bambini, accendendo la loro fantasia e sfatando coi fatti il mito che i pubblici dipendenti sono grigi mangiatori a ufo annoiati in attesa di timbrare il cartellino e andarsene a casa. Scusatemi, ma percepisco anche l'abissale distanza che mi separa o mi dovrebbe separare dalle beghe, dagli incarichi nei consigli d'amministrazione, dalle schermaglie regolamentari e dai sotterfugi di chi è sempre a caccia di fondi e di prebende.
In fondo questi amici e i ragazzi mi ricordano con straordinaria forza che i cubi sono molto meglio di molte altre cose e che aggiungendo col pennarello occhi e naso, il cagnolino sembra quasi vero!


Monday, August 22, 2016

MOOC "Take lineaR decisions" (Ca' Foscari University)

The MOOC "Take lineaR decisions" will begin on September 19th 2016, covering some models of decision making mainly based on computational linear algebra (linear systems and eigenvalues/vectors). The course, delivered by prof. Paolo Pellizzari, can be used to acquire practical skills in the use of the open software R in dealing with matrices, vectors and related optimization problems. In some detail, the 6 online weeks will cover:
  1. Famous theorems to solve linear systems
  2. Inverses and pseudo-inverses
  3. The State Preference Model, replication and arbitrage
  4. Optimization (basic and more advanced topics)
  5. Eigenvalues and eigenvectors - Introduction to AHP (Analytic Hierarchic Process)
  6. Decisions with AHP
The course is aimed at students in economics, sciences, IT and engineering but is also directed to  professionals and to the general public (with adequate analytic skills) interested in formal decision-making, linear algebra, R use and computational tools. A class of students of Ca’ Foscari will work on the material to gain partial credits for their academic program (with additional studying activities).
Quizzes at the end of each learning unit are made public in advance and the test can be attempted only once (after the material has been studied. The course "Introduction to Complexity" by Melanie Mitchell used the same clever assessment format). A certificate will be issued to anyone with an average score of 70% or more (on the 6 tests). 
More information and free enrollment at the Open Knowledge platform of Ca' Foscari University (the final questions can be downloaded here).

Sunday, August 07, 2016

Kos e Dodecaneso 2016

Alba. Mi sveglio alle 5.40 e la casa barcolla dolcemente. Mi pare ben strano e mi devo ricordare con convinzione che non sono più in navigazione. Evidentemente il rollio ce l'ho dentro e mi piace pensare che sia una storia legata alla ``Kaya Güneri III'', che mi ha ospitato per 7 giorni fra le isole greche, ma anche alla condizione esistenziale di questo spezzone di vita densa, intricata e ondulatoria. Le ferie mi risvegliano sempre questo mood mentale un po' riflessivo, ``ogni cosa è illuminata'' e para-filosofico. Come sempre, i viaggi sono avventure spaziali ma anche mentali e alle 6.30 mi sveglio definitivamente, complice un calcione di discreta potenza che assesto per errore alla porta del bagno. Dito mignolo del piede sinistro piegato ma non spezzato, credo. La prendo bene, sacramento il minimo indispensabile per non svegliare Cesira e su con la vita!

Altre albe le abbiamo appena viste nel Dodecaneso, in barca io finisco sempre per dormire in modo strano, complice il caldo, lo sciabordio incessante e i rumori che t'accompagnano sempre. In realtà vuol dire che si dorme malino e prevale anche la voglia di non lasciare scappare la possibilità di vederla un'alba, non è cosa che capita tutti i giorni.



Kalymnos in Persiceto. La geografia ha sempre la sua importanza e alla fine avremo gironzolato per Kos, Pserimos (fugacemente, la prima notte), Kalymnos, Emporios, Leros, (con soste a Pandeli Bay e Pardeni), Patmos, Arki, Aspros, Makronisi, Lipsi. Non ci provo nemmeno ad essere formale con grafia e dizione (Clem, aiutami tu se vuoi/puoi), il mio greco fa acqua da tutte le parti se lasciate perdere la matematica e i suoi rho, sigma, epsilon, delta... E poi di isole ``grandi'' ce ne sono solo 12 ma in periferia (guardando il mondo da Bologna tutto è in Persiceto) ci sono scogli e isolotti di strepitosa bellezza e in grande numero.

Mi restano negli occhi le visite del 4 agosto nei pressi di Lipsi: ormeggiamo a fianco di faraglioni mozzafiato, ci vado a nuoto con le pinne, che mi danno sempre l'impressione di essermi tramutato in delfino, e poi restiamo spiaggiati in balia di questa bellezza sperduta ed esagerata, fra acqua azzurra, rocce bianche, sole e spruzzi. Nello stesso giorno andiamo in gommone a vedere le grotte a Makronisi. Il tratto di mare che separa il caicco dal posto non sembra un granché ma il vento ci rema un po' contro e alla fine anche captain Musa si sarà lavato da cima a fondo nonostante ci sappia fare ed eviti le onde di traverso più alte. Nuoto fino alla grotta e anche questo è un posto di fascino funambolico e straniante, specie se galleggi di fronte a questa meraviglia senza smettere di mulinare le gambe per la corrente. Alla fine me ne torno in gommone dove mi pare di avere più controllo e meno fifa anche se la vista non è come esserci dentro.




If we catch. Gli ospiti della Kaya Güneri III sono in parte ben collaudati. 8 dei 12 passeggeri stavano a bordo nella circumnavigazione della penisola Datcha di tre anni fa, se siete curiosi potete trovarvi il resoconto qualche bloggata fa, quando solcavamo le acque turche da Fethiye a Bodrum. Oltre a me e Cesira, completano il gruppo ``anziani'' Carlotta, Anna, William e Marua. La lista include anche diverse potenze della natura di 18 o 19 anni, li cito ma ne parlo dopo: Clemente, Alessandro, Giorgio, Maria Vittoria, John e Beatrice.

I nuovi arrivati sono persone scoppiettanti, di origini libanese e palestinese, con cui parliamo prevalentemente in inglese. È inevitable che i discorsi parino anche sulla situazione politica del medio-oriente esteso (ci ficchiamo dentro anche l'Egitto a un certo punto), eterno calderone in ebollizione e generatore di instabilità geopolitiche. Parliamo di Palestina (di quella che fu, di quelle che trovi ora, di quella che spariamo un giorno sarà a fianco degli altri paese dell'area) e ovviamente discutiamo della situazione turca e del fenomeno Erdogan il sultano, scampato a un golpe che ad alcuni sembra una pagliacciata. Ma onestamente non ci si capisce molto nemmeno stando a pochi chilometri da Marmaris dove pare sia iniziato tutto. Oggi leggo su Wikipedia che:
Il tentativo di rovesciamento del potere ha portato alla morte di 290 persone e al ferimento di altre 1440. I dati forniti dal Governo riportano inoltre che, alla conclusione dell'evento, sono stati arrestati 2893 golpisti e 2745 giudici sono stati rimossi dall'incarico dall'Alto Consiglio. 
Cosa c'entrano i giudici? Aggiungo che Erdogan ha licenziato in tronco migliaia di insegnanti e docenti, sembra un repulisti bello e buono. Sono cose serie ma in questo contesto sto divagando e mi fermo qui...

L'equipaggio della barca è formato da captain Musa, pezzo d'uomo con occhi verdi, calma olimpica e decisa, madre di Kos, papà turco, moglie inglese, pescatore d'inverno e diportista estivo a noleggio, tre figli fra i 16 e i 19 anni; Hakan si occupa principalmente dei servizi ai passeggeri e alla fine lo coinvolgeremo nella costruzione di un cubo SOMA con origami colorati modulari (ok, in barca si fanno anche cose non banali, oltre che spantegare con bagni, sessioni di sole, bagni, libri, bagni, chiacchiere, tante chiacchiere e bagni… se siete interessati cercate moduli di Sonobe sul web o guardate questa pagina per maggiore dettagli sull'invenzione di Piet Hein); Mehemet fa il cuoco, è lo stesso di tre anni fa e produce manicaretti per una dozzina di persone in due metri quadri di cucina. Parla poco, sorride poco, ha anche l'esclusiva della gestione dell'ancora ed è evidente che gode di enorme fiducia da parte del capitano che ce l'ha sempre seduto a fianco o a prua nei pezzi di navigazione lunghi o negli approdi fastidiosi. Quando chiedo a Musa qualcosa di lui, mi dice che lavora su questa barca da 9 anni, fa solo la stagione estiva, poi saluta e arrivederci. A conti fatti, Musa fa il capitano da 17 anni e degli ultimi 10 passati sul timone della Kaya Güneri ben 9 erano in compagnia di Mehemet e dei suoi piatti. Non sorprende che abbiano un'intesa secca e profonda e che non servano nemmeno tante parole; l'ultimo membro dell'equipaggio è la molla umana Gosgursh (chissà mai se ci avrò imbroccato, è una parola mezza impronunciabile e dopo una ricerca su una lista di nomi turchi maschili potrebbe essere Gündüz).  Dimostra forse 18 anni, asciutto e scattante, occhi bassi, in inglese dice solo ``thank you'' e ``good morning''. Si occupa di fissare le due corde che assieme all'ancora tengono fisso il caicco e gli impediscono di muoversi e beccheggiare. Per farlo deve spesso saltare dal dinghy o dalla speed boat sui massi della costa, agganciare una cima e tornare a bordo del barchino senza esserserlo fatto scappare. Non è semplice, pare a me, ma lui lo fa in havaianas, tanto per renderlo un filino interessante.


Tutti i nostri marinai ci stanno simpatici per i motivi diversi che ho brevemente delineato ma forse, come da copione, è Musa quello che acchiappa di più, anche perché sparlocchia in inglese (e secondo me lo capisce molto di più di quello che fa credere quando ad esempio gli chiediamo di Erdogan e lui non si sbottona nemmeno sotto tortura). Il capitano ha un modo forte di rispondere no problem o maybe alle domande. Maybe vuol dire parecchie cose, partendo da ``no'' o ``no, non rompere'' per arrivare a ``non lo so ma potrebbe essere'' o ``non si sa mai ma ci proveremo'' o anche a un ``si'' appena un filino screziato dall'incertezza nel domani. Notate la finesse, maybe non è mai la stessa cosa e abbiamo capito bene bene l'antifona solo quando in procinto di andare a pesca gli abbiamo chiesto se avremo mangiato polipi a cena. Lui ha evitato il solito maybe e si è spinto in un disinvolto ``Octopus? If we catch…'' (che è in un certo senso la stessa cosa). Da allora, abbiamo realizzato che la frase gronda di profondità (lasciate perdere il folpo!) e va bene in altri contesti di importanza variegata a seconda dell'eta. Un esempio? Alla domanda "Come andrà l'abbordaggio delle ragazze sul lungomare?" si dovrebbe rispondere: "dipende, if we catch…"

Generation unknown. Il titolo da ``Doctor who'' allude all'impressione che mi ha fatto stare a contatto di gomito con 5 giovani che hanno più o meno l'eta di alcuni dei miei studenti più junior. Ho imparato un mucchio di cose guardando, come dico io in modalità ornitologo, quello che fanno e dicono. Ad esempio, so che esistono le sorelle Kardashian, sobrie signorine accollate che col sudore della fronte combattono per un quarto d'ora di celebrità da anni. E adesso sono aggiornato anche sullo stupefacente video ``Anaconda'' di Nicki Minaj. Pensavo di sapere tutto sulle curve dopo aver studiato la cicloide, soprannominata ``la bella Elena della geometria''. Ma devo ammettere che sono rimasto colpito da questa schiva signorina, ballerina per diletto, morigerata, flessuosa a dir poco e sempre attenta a usare un linguaggio appropriato (ad esempio, ``Oh my gosh, look at her butt'' è solo una delle perle, di gran lunga la meno esplicita, del periodare filosofico sui massimi sistemi che trovate nel testo…) Sono cose belle!

I giovani, un po' definiti un po' autoproclamati nativi digitali, stanno agganciati al cellulare per ore. Fioi, ma cosa fate con quel video, non vi pare di perdervi anche un pezz(ettin)o di mondo vero? Vedo che Facebook sta perdendo quota (ma resiste), Twitter non cagato nemmeno di striscio, va molto Whatsapp, snappachatta è in crescita. Ho visto che si mandano messaggi vocali al posto degli sms, mi hanno detto che fanno prima che digitare. Ho capito, guardando loro, perché senza una wifi sei fregato e mi sono detto che sono i consumatori di domani (che è già oggi a dir la verità) e che le major hanno fatto bene a investire continuamente in pubblicità online, servizi sempre diversi, app, trick-e-track vari che a me non sembrano ancora veri strumenti di produttività. Ma io sono io e, appunto, sono ``anziano''.


Ho imparato anche da Alessandro che l'app di Ryan Air con Passbook mi consente di non stampare più la carta d'imbarco. Questo è utile, uno smart phone al posto di web, stampante, foglio di carta, chapeau; li ho anche sentiti vigili e orientati, capaci di fare considerazioni e battute taglienti su noi grandi e sull'autorità. Gli auguro, fra qualche anno, di essere impermeabili alle boiate e alle pressioni e che, spiccando il volo, si gustino le cose che da due millenni ci rendono saggi, profondi e dispensatori di umanità. E se proprio volete, lasciate pure perdere l'anaconda: 36 anni fa Donatella Rettore, nata a Castelfranco Veneto (Casteo, fra amici), senza bisogno di mostrare né lato B né altre auliche frattaglie, cantava ``Kobra'', cercatelo su youtube e poi guardatevi le parole di cui vi lascio un esempio:
Il kobra non è un vampiro
ma una lama un sospiro
che diventa un impero
quando vedo te
Nicki, stai manza e mangia la nostra polvere, la classe non è acqua!

Civiltà. Con singolare contrasto che spero perdonerete salto di palo (pun intended) in frasca per ricordare che, in quest'angolo apparentemente sperduto d'Egeo, abbiamo visto luoghi carichi di fascino, in cui si è formata quella che chiamiamo civiltà occidentale. A Patmos, dominato dal grandioso monastero di S. Giovanni, c'è la grotta dove S. Giovanni Evangelista, folgorato dalla divinità, scrive quel testo potente e oscuro che è l'Apocalisse. Mi è venuta voglia di rileggerla, magari adesso ho l'età per provare a capire qualche versetto.



Mi restano negli occhi anche le immagini dell'Asclepeion di Kos, la patria d'Ippocrate che è il fondatore della medicina contemporanea. Le rovine del tempio-ospedale, costruito dopo la morte del maestro, sono potenti e ci siamo arrivati prima delle 9.00 quando non c'era anima viva, col pulmino Wolkswagen che ci ha accompagnato nell'ultimo giorno. È un posto pieno di fascino e bellezza, anche ambientale. Vi lascio il suono delle cicale che frinivano il 6 Agosto 2016.




Buona lettura. Ogni estate (se hai tempo e adrenalina) si porta qualche libro e, if we catch, sono anche di buona qualità. Ho letto ``Where you go is not who'll be'', una riflessione sul sistema universitario USA e sulla sua ossessione per i rankings e le ricette, quelle to-do-lists che dovrebbero portare al successo. Le considerazioni di Frank Bruni richiamano con forza l'esigenza di scovare le passioni che ti bruciano dentro prima di aderire ai canoni del buon soldatino-studente che finirà dove tutti si aspettano. Molte frasi sono state scariche elettriche anche perché fresco reduce dall'incontro con gli studenti di Harvard, bravi ragazzi per definizione, alla Ca' Foscari-Harvard Summer School. Credo che ci scriverò un post e con questa speranziella mi fermo qui.

Sono arrivato anche a metà di ``Io sono vivo, voi siete morti'' di Carrere. È la storia dello scrittore di fantascienza Philip Dick e ho trovato fin da subito interessante leggere due cose in una: Emmanuel Carrere, scrittore, scrive di Dick e non si capisce mai del tutto chi sta parlando di chi, in una sovrapposizione di piani vagamente destabilizzante. D'altra parte, questo Dick era un ben strano soggetto, parecchio fuori di testa, una sanguisuga affettiva, ai confini della malattia mentale, troppe pillole e chissà che altro, pessimista cosmico, claustrofobico… Ma perché leggi sta roba, non hai rogne che basta? Vedete, è una storia lunghetta. Intanto la biografia mi ha fatto ricordare che avevo letto nei miei roaring twenties ``Ma gli androidi sognano pecore elettriche?'', notevole, coi suoi legami col test di Turing. E poi Carrere sa come tessere le fila delle vite altrui, vedi Limonov, e la sua scrittura effervescente è in grado di riprenderti tutte le volte che le schifezze esistenziali di Dick stanno per tracimare. Mi sono pure fatto una cultura di ideos kosmos e koiné kosmos che ho trovato serendipitosamente adeguata ai luoghi.

Anche se non è un libro, ho riscoperto pure il backgammon, partite balneari e minitornei a gogo. È un gioco bello bello bello, che avevo praticato decenni fa e che miscela benissimo abilità e fortuna. Mi è parso una metafora della vita in cui giocarsi bene le proprie carte può non bastare senza quel pizzico di fortuna che discrimina spesso i successi dalla mediocrità o dai disastri. Nella vita come nel backgammon, l'importante è non fermarsi e giocare ancora.

Il precedente mi sembra un frasone perfettamente consono al mood para-antropologico di turista per caso di questo blog e magari è ora di darci un taglio. Auguro ai miei 4 lettori di fare viaggi simili, nel corpo e nella mente (si, dopo la Rettore ho avuto pure l'ardire di evocare il sempiterno Julio Iglesias…)


Saturday, July 09, 2016

Interessi: sottozero, "non sia mai" o 12%?

Per me e per tutti gli anni passano senza requie ma i miei studenti "restano" sempre ventenni (poco più, poco meno a seconda dei casi). È bellissimo poter attingere a questa perenne riserva di energia e curiosità ma mi rendo conto che quello che pare normale alla soglia dei 50 anni non collima necessariamente con quello che sentono e hanno sperimentato i giovani. Per farvi un esempio, di recente ho menzionato Steve jobs in un saluto rivolto a dei diciassettenni, dando per scontato che fosse per loro la stessa figura leggendaria che è per me. Poi mi hanno fatto notare che è morto 5 anni fa, quando chi ascoltava aveva 12 anni: orpo, non è chiaro che sappiano chi è o che gli attribuiscano quel ruolo di innovatore estremo e guru senza macchia e senza paura che tendo, con qualche luce e ombra, a riconoscergli io.

Mi soffermo su una cosa un po' più tecnica e che pure mostra l'enorme (?) differenza che c'è fra la mia e la loro generazione. Pensate per un attimo ai tassi d'interesse, la remunerazione che normalmente ti dovrebbero dare in cambio dei  risparmi (non fate i difficili, so che ci sono milioni di tassi, a seconda dello strumento finanziario, del rischio...): quale sarebbe il tasso giusto? Se la domanda vi pare mal posta, pace e bene! Lo so anche io ma i miei studenti mi sorprendono perché pensano che sia normale che i tassi siano prossimi a zero poiché nella vita che loro ricordano non hanno visto che questo. As esempio, in una recente discussione di tesi, hanno sostenuto che incassare il 2.63% l'anno non è male mentre a me, istintivamente, fa attorcigliare le budella: ti pare che io ti do i miei soldi per una miseria simile? 2.63%? Ma se non mi prendo nemmeno uno spritz con gli interessi di fine anno! (ok, se lo volete sapere, a me pare sensato che un bond, deposito o simili paghi dal 5% al 7% e ovviamente di più in presenza di  rischio paese, emittente, valutario... è econometria da quattro schei di quel che sento dentro e non sto minimizzando nessuna verosimiglianza).

In realtà, gli studenti hanno ragione. Anzi, più che ragione! Il Sole 24 Ore documenta da tempo che un'enorme parte dei titoli di stato europei hanno rendimenti negativi: devi pagare l'emittente per lasciargli i soldi per 3, 5 o 10 anni. È vero, non ci posso fare nulla, ma a me vien solo da dire "siete fuori di testa!"
Meno male (!?) che in Italia solo il 22% dei titoli... è da delirio.
Mi sono riproposto di fare qualcosa per convincere gli studenti che pochi anni fa le cose erano diverse ma prima di fornire un mirabolante esempio, ricordo un'altra cosa interessante. In effetti per secoli l'interesse giusto era zero. Punto. Nessun interesse! Banalizzando un po', gli interessi erano sterco del demonio, somme che crescevano senza limiti e senza misura, sfidando la grandezza del padreterno, sulle spalle dei soldi veri e di chi se li guadagnava col sudore della fronte. Ergo, l'uomo devoto non li voleva gli interessi, peccato mortale, o provava a fare affari coi nostri fratelli maggiori per sgravarsi la coscienza... Pensavo che questo approccio fosse superato ma poi leggo questa grande storia su NPR. Raccontano con dovizia di dettagli che alcuni cittadini americani e islamici osservanti richiedono alla loro banca di stare alla larga dagli interessi. Nel pezzo si dice che in un certo senso è impossibile persino fare un mutuo con questi clienti: un mutuo, anche sulla prima casa, funziona intrinsecamente perché paghi rate che includono interessi, a me pareva perfettamente ok, ma a pensarci bene si capisce che è proibito e che non si può... Certo, resta il problema di farsi una casa e ci sono soluzioni (non semplici) rispettose della volontà divina. Non dovreste pensare che sia una stranezza islamica, se guardate le cose un po' sub specie aeternitatis, anche noi cristiani eravamo uguali!

Ma allora perché penso (cioè sento, ce l'ho inscritto nel DNA) che il tasso giusto sia molto più alto? Ovviamente, basterebbe guardarsi le serie storiche o scaricare i dati. Provo però ad essere convincente alla vecchia maniera, mostrandovi un vero buono postale fruttifero emesso nel 1997. Si tratta più o meno della data di nascita di alcuni dei miei studenti: se la mamma avesse regalto al neonato il buono che vedete sotto, questo diciannovenne incasserebbe ormai da 5 anni il 9%.

Scaricate l'immagine e ingranditela: la qualità dovrebbe essere tale da apprezzare i dettagli e il timbro.

Trovo questo residuato storico interessante per vari motivi:
  • in un'epoca di smaterializzazione, vedere un bel pezzo di carta con scritto "lire centomila" fa tenerezza;
  • mostra che esistono investimenti a lunga gittata (20 anni), è un sano antidoto alla miopia da breve termine che ci attanaglia;
  • gli interessi sono specificati in un timbro, sembra fantascienza: c'è scritto dal primo al quinto anno 5.5%; dal sesto al decimo 6.5% e così via per giungere al 9% dal sedicesimo al ventesimo anno;
  • in senso relativo, non sono bruscolini: quel buono dal valore facciale di circa 50 euro oggi vale circa 160 euro. 
  • ho visto analoghi buoni, emessi qualche anno prima del 1997, con tassi che arrivano al 12% composto negli ultimi 5 anni, con la clausola che dal 21esimo al 30esimo il tasso rimaneva al 12 (ma in capitalizzazione semplice).
In questo tempo tristo e anoressico da rendimenti nulli o negativi, prendere il 9 (o il 12%) pare un sogno che consentirebbe pure di mettere da parte un soldino per la vecchiaia e la sospirata pensione. E ai miei studenti ricordo con affetto che tutto ciò accadeva meno di vent'anni fa e che... a volte ritornano!

Thursday, April 21, 2016

SPQRui

I sentori forti e umidi della notte mi accompagnano fino al treno delle 5.36 diretto a Roma via Mestre per la terza puntata del corso CRUI sul management universitario nel III millennio. Mi godo la passeggiata, trolley minimale e zainetto coll'air, per un viaggio light e tecnico, poco più che su e giù da Piazza Rondanini, come fosse la porta dell'orto con qualche inciso di famigliarità: la sede, quella zona di Roma, il baracchino dei panini, l'Osteria del Sostegno, se riesco.

Roma: esco dal corso CRUI alle 17.25, per le 17.50 sono in albergo, passando per i fori accanto alle statue di Traiano e Cesare; alle 18.10 sono in S. Pietro in Vincoli, con le due catene con cui S. Pietro fu incatenato a Gerusalemme e a Roma; poi c'è il Mosè di Michelangelo. Spendo 1 + 1 euro per illuminare la statua e 2 euro per la storia della chiesa. Prima di uscire fotografo uno dei due altari letalmente lugubri della navata sinistra, con una morte falciatrice di buon auspicio (mortacci tua!).

Mosè di Michelangelo a S. Pietro in Vincoli.

Poi mi dirigo verso S Maria Maggiore e via via m'immergo nel degrado che s'irraggia da Termini: strade scalcinate, buche, bottiglie, negozi balordi, extra comunitari, molto extra e poco comunitari, sporco, manifesti di Casapound, furgoni scarabocchiati con lo spray. Non mi sento del tutto a mio agio finché cerco "La mensa di Bacco": il posto me l'ha suggerito la ventenne che fa da receptionist in questo strano Hotel Centro Cavour, con le stanze disseminate in un palazzo, che per raggiungerle devi andare sulle scale e salire un altro piano insieme ai condomini… la ragazza mi aveva detto che lei, se dovesse mangiare fuori, mangerebbe proprio alla "mensa", dove si mangia benissimo. Beh, non era roba cattiva e i camerieri erano a posto: camicie pulite, sorriso e professionalità. Ma mangiare bene è un po' un'altra storia, certo la digestione è andata bene e forse ho assorbito la negatività della zona. Comunque, su questioni culinarie, non mi fiderò più di questi ventenni che vanno a mangiare in trattorie che magari saranno anche oasi di pace in un carnaio ma evidentemente non sanno che cosa dicono (speriamo che migliorino col tempo, ma i consigli "romani" di Claudia sono meglio 100 volte!)


Mi resta negli occhi l'elegante lettering marziale e romano di Casapound. A pochi metri di distanza, come nemesi e perenne memento per questi sedicenti maschioni dell'ultradestra, ci sono i baracchini dei nepalesi che vendono borse di pelle e qualsiasi altra razza che commercia in qualsiasi altra cosa.

Si rafforza sempre più il piano di puntare la sveglia alle 6.30, anzi l'ho già puntata, per andare a vedere S. Maria Maggiore, che apre alle 7.00 come mi ha detto la signora del negozio di souvenir. Lo spinotto dei carabinieri che non mi ha lasciato entrare perché erano le 18.55, a dir la verità, mi aveva detto che avrebbero aperto alle 9.00. "Ma ci saranno funzioni, no?". Forse non capisce di che funzioni parlo: "No, alle 9.00''. Senza fede che non sei altro, domani alle 7.00 vediamo chi ha ragione!


Il giorno seguente, alle sette del mattino di una giornata luminosa, Roma mi pare diversa e le stesse strade sfiancate che la sera prima mi avevano impressionato per degrado adesso almeno sono "pulite" in mezzo all'aria tersa, pur in presenza delle stesse bottiglie, bidoni straboccanti, taniche di olio di semi di girasole, motorini impolverati cui sono stati tolti e rivenduti i pezzi di ricambio buoni, "parcheggiati" da qui all'eternità nei pressi dei garages. Arrivo a S. Maria Maggiore che fiammeggia colpita dal sole basso e diagonale, passo ai metal detector e guardo i soldati che controllano le vecchiette e le suorine che vanno a messa prima.


La chiesa è un'astronave di bellezza, pare di decollare fra mosaici e oro alle pareti e sul soffitto. Roma è un posto di contrasti, in cui si passa da un estremo all'altro superando una porta. Illumino le pareti della navata con la macchinetta, 1 euro, e mi godo i miei due minuti di accecante visuale sulle meraviglie della chiesa.
Mosaici del pavimento di S. Maria Maggiore.
Esco e annuso l'aria in cerca di una buona colazione, vecchio refrain della mia vita, ereditato dalla parte migliore di me. Un indizio che portava in via Leonina lo avevo trovato sul web e percorro una laterale di Via Cavour. Invece trovo "Er caffettiere", fiuto che è il posto buono, c'è l'insegna "Illy" ed è zeppo di gente che esce dalla metro Cavour. È un posto in cui, di colpo, sparisce il marasma esterno e quella sensazione sottile di non essere da nessuna parte che ti prende quando sei vicino alle stazioni, fra indiani assonnati, cinesi strani, italiani logori, e ti senti in un posto col suo senso. Claudia serve i clienti e ordina i caffè/cappuccini al suo collega, "Ciao Terè, come stai?" Ecco, siamo tornati al mondo, all'armonia della caffetteria, un luogo dove qualcuno riconosce qualcun altro, Claudia saluta questa bella signora mora mora sulla trentina, in salute, truccata e sorridente. Mi danno uno strepitoso cappuccio con un cornetto al cioccolato di pasticceria che mi rimette in squadra. Finisce bene, anche in Piazza della Suburra che pure ha un nome evocativo che potrebbe portare male e, per altro, s'inserisce benissimo nel contesto urbano sgarrupato della zona. "Er caffettiere", comunque, è una meraviglia!

Piazza della Suburra per un buon caffè e… pure i sorrisi delle studentesse!
Decido di farmela a piedi da Cavour al Pantheon, la mattinata è fresca e solare e Roma ammaliatrice continua ad incantarmi. Cammino sui Fori Imperiali, questa volta dal lato di Nerva mentre ieri avevo sfilato a fianco del foro di Traiano. Per uno di campagna, è tutto di una bellezza hors categorie, manca il fiato proprio come quando fai le salite in bicicletta tanto è bella l'area e sono suggestive le rovine.

Giù per Via delle Botteghe Oscure, ritrovo Largo di Torre Argentina che resta uno dei posti più "nostri" di Roma, poi Pantheon e altro caffettino alla Tazza d'Oro. Sono poco più di due gocce ma mentre scrivo questo post in Piazza Rondanini ho ancora quel bel gusto fra il forte e l'amaro in bocca. È un buon momento per chiudere, fra poco mi rituffo in un'apnea di norme, strategie e sistema paese. Arrivederci Roma.

Saturday, March 26, 2016

E morte non avrà dominio

sabato santo, post inaspettato, mentre sono in pausa pranzo dal ciclo di pulizia, un po' pulisco casa ma un po' ramazzo il mio mondo dalle scorie di troppe intensità locali e piccole battaglie che diventano però smisurate per la voglia di (stra)fare e l'ossessione per la qualità, nel tentativo di abbattere i miei multini a vento dopo aver spinto il ronzino a grande velocità per tanto tempo.

il triangolo si chiude quando sento una bellissima puntata di "Passioni" su Radio3, che ragiona sulla poesia e su quanto sia insensato pretendere di capirla.  più che una figura geometrica mi sento di contemplare un personale corto circuito di cuore e cervello, di scienza e anima.  forse il punto di partenza è la bellissima "La misura del mondo'' di Azzura D'Agostino, letta qualche giorno fa.
In matematica non sono brava.
Perdo il conto delle foglie dei rami
e per le stelle ogni volta ricomincio da capo.
Non riesco a misurare il salto delle cavallette
e non so la formula per il perimetro delle nuvole.
Il calcolo di quanta neve sia caduta mi sfugge
e anche di quanta ne possa reggere un filo d'erba.
La somma dei passi per arrivare al mare non mi riesce
e mi chiedo se per il ritorno devo fare una sottrazione.
Ho diviso il numero dei semi per i frutti
il risultato è una nuova foresta e ne avanza qualcuno.
Se moltiplico le giornate di sole per quelle di pioggia
ottengo più di sette stagioni e non so quante settimane.
La matematica mi confonde. Come misura del mondo è strana.
Per quanti conti si facciano qualcosa non torna mai pari.
Due finestre fanno una vista? quattro muri sono una casa?
Noi siamo i nostri centimetri, chili, litri? quanto pesa un segreto?
quanto misura una risata? e l'area del cuore come si calcola?
È evidente che la parte più profonda di me non è d'accordo: una delle poche cose che capisco è la matematica.  eppure è altrettando adamantino che la D'Agostino ha ragione e per giorni mi sono portato dentro questa antitesi un po' bislacca, fra purezza di visione e confusione della realtà, con quei versi che mi ricordano i sorrisi del Gatto di Chesire.  Razionalizzando anche troppo, la poesia evidenzia un conflitto fra modello e oggetto del modello: tanto è elegante l'uno quanto è sfocato l'altro.

Da http://www.verascienza.com/wp-content/uploads/2014/08/stregatto.jpg
Poi, a caso, oggi sbatto sulla trasmissione di Davide Rondoni, "La poesia dei vivi", Radio3, 26/03/2016:
  Molto spesso le poesie non si capiscono
  ogni tanto me lo dicono:
  le poesie, specie quelle contemporanee, non si capiscono
  un tempo provavo a spiegare un po'
  ma adesso prendo una strada più veloce.
  Perché lei sua moglie la capisce? i suoi figli li capisce?
  La guerra in Iraq l'ha capita? Qui non capiamo niente
  e bisogna capire solo le poesie?
  Cosa vuol dire veramente capire?
  ...
  Pensiamo forse che capire una persona sia, dopo 5 minuti
  o 5 anni o forse 50, guardarla negli occhi e dire
  "io ti ho capito, non hai più sorprese per me
  non hai più nulla da dirmi, non mi sorprenderai mai più?''
  Pensiamo che sia questo capire?
  Pensiamo che capire sia definire --de finis, mettere dei confini--
  ...
  Mentre invece no: le poesie, come le persone, non si capiscono.
  Si comprendono, cioè si prendono con te
  e per tutta la vita ti parleranno, ti stupiranno, ti faranno dei casini
  ti metteranno in questione, ti faranno dei problemi.
  Non è che Dante l'abbiamo capito, Dante continua a parlarci
  e anche la persona che ami, con cui stai, che hai sposato
  continua a parlarti a sorprenderti. Se non ti sorprende più, è
  finito tutto.
  ...
  Gli uomini sono fatti così: non si capiscono, al massimo si
  comprendono, si portano con te.
ho trascritto un po' al volo, dopo aver scaricato l'mp3 a futura memoria (DownloadHelper sempre sia lodato). mi è venuto di scrivere come se fosse poesia e invece è prosa recitata in radio ma tant'è. ho riascoltato questa bella voce e queste frasi dense a saporite che mi illuminavano sui motivi per cui non capivo la D'Agostino.  e di colpo, invece ho "capito" tutto e mi è venuta voglia di un post, mentre spero che a voi venga la voglia di sentire questo strepitoso podcast.

forse volevo tenere vivo il legame fra matematica, comprensione, poesia e canto del mondo; forse sono solo in debito di post per le troppe cose da fare, in crisi da astinenza da diario e uso il blog come metadone. di colpo, Rondoni prende un'altra piega e mi racconta coi suoi ospiti perché la poesia è vita, la metrica è controllo, coincidenza d'opposti, matematica dappertutto, "è la misura che ci consente di conoscere lo smisurato", sembra Lebesgue!  ma nella vigilia di Pasqua rimbomba in radio la potenza del verso di Dylan Thomas
  "E morte non avrà dominio"
Rondoni riattacca con "La poesia è dei vivi, è una passione dei vivi, perché fa vivere di più, non nel senso di durata, ma più intensamente…" Racconta che la partita non è fra vita e morte ma fra amore e morte e "morte non avrà dominio". 
  Benché impazziscano saranno sani di mente,
  Benché sprofondino in mare risaliranno a galla,
  Benché gli amanti si perdano l’amore sarà salvo;
  E morte non avrà dominio.
per quanto siano giorni strani, col loro fardello di negromanti fanatici e sanguinari, è nuovamente primavera, domani l'ora legale suona la carica e "morte non avrà dominio". Buona Pasqua.

Sunday, January 10, 2016

Le più belle letture del 2015

Rumino da qualche giorno sulle migliori cose che ho letto nel 2015 e di colpo vedo che l'anti-Steve, nientepopodimeno che Bill Gates, ha già scritto la sua classifica at gatesnotes, bella! Tuttavia, da consunto Mac evangelist mi dico che non sono figlio della serva (ehm, certo che rispetto a Gates...)  e il mio orgoglio ferito m'impone di mettere giù la lista che, a dir la verità, sognavo articolata in 5 libri e 5 articoli (scientifici).

Ci deve essere qualcosa di segnaletico nel fatto che dei 5 articoli non c'é traccia né in questo post né nella mia testa: articoli zero, nisba, quel che ricordo sono bellissimi spezzoni ma di articoli che ho letto prima del 2015 e che mi sono rimasti incastonati nella testa per chiarezza, lucidità e vision. Dicevo "segnaletico" perché un altro modo di interpretare questa assenza è prendere atto che nell'ultimo anno ho fatto di tutto e forse disfatto anche di più ma ho letto pochissima scienza: sarà colpa dell'elearning, della SIE, della sbornia di didattica... sarà meglio che mi dia una regolata e mi azzardo a dire che m'impegnerò di più e che troverete i 5 articoli nel post futuro "Le più belle letture del 2016". Quindi, stay tuned! [ma m'impaurisco da solo: se leggo tanti articoli da trovarne 5 di belli, quando mai mi resterà più il tempo per i libri?]

Ma bando alle ciance e sotto coi 5 libri (in ordine vagamente temporale):

Meneghello Luigi, "I piccoli maestri", 1964. È semplicemente un gran libro, che mi ha fatto ridere fuori e sorridere dentro, riconciliandomi con quell'indefinibile straniante sensazione di sentirmi veneto senza sapere spiegare che cosa questo significhi in fondo in fondo. Dev'essere perché i bravi scrittori dicono meglio di te stesso quello che tu sei, te lo spiegano adesso anche se hanno scritto decenni fa e parlano della guerra partigiana nel bellunese e sul Grappa. Mi consento di citarne un pezzetto, che ricorda quanto fossero tempi complicati in modi che mi ricordano Gadda e il suo modo di decifrare la complessità di quel che ci circonda:

  Ora si era qua, ora là. Le cose sembravano le stesse, e invece
  cambiavano minuto per minuto. Questa insurrezione non è proprio
  autentica, riflettevo, ma nel suo piccolo nel suo imperfetto,
  riproduce certamente lo schema e l'andamento generale di queste
  cose. Ci sono forze impersonali in gioco, che si spostano come
  vortici in un fiume rapido, e ciascuno vortice sposta gli
  altri. Pare che manchi un centro, e invece se ne formano
  continuamente; chi riesce a tenersi in questi centri controlla tutto
  il resto. Si capiva che cos'è l'arte dei rivoluzionari da
  insurrezione; colpo d'occhio, tenersi in anticipo sulla corrente,
  riconoscere il centro dei vortici in arrivo.
Se siete tough, "che si legge taf",  e volete qualche commento in più potete leggere questo vecchio post. Ma è meglio se leggete Meneghello, va! 


Levi Primo, "Se questo è un uomo", 1958. L'ho letto in vacanza, roba da non credere, e mai avrei creduto che argomenti tanto dolorosi potessero essere raccontati con una chiarezza di spirito che rasenta l'ironia (o almeno questo ho percepito io di fronte a cose incredibili). Forse non c'è altro mezzo per raccontare un delirio di stupidità e odio nazista che usare, in qualche strano modo, una prosa aggraziata e secca, umana e ricca.

Don Lorenzo Milani, "Lettere di Don Lorenzo Milani priore di Barbiana", 1970. Ho preso in mano il volume di mio papà, ottava edizione del 1972, Arnoldo Mondadori Editore, 1200 lire, carta un po' ingiallita. Riposava tranquillo nello scaffale di archivio-riserva, quello dove si raccolgono i libri vecchi ma sempre validi, quelli che non hai cuore di liberartene anche se in mansarda ci si va di rado.

Don Milani è tanto duro quanto lineare, tanto combattivo quanto dolce e potente allo stesso tempo, si firma "tuo affezionatissimo, Lorenzo" dopo aver frustato verbalmente il destinatario (spesso a ragione). In un caso d'insonnia, ho riconquistato sonno (e sorriso) dopo che sono stato preso e portato via da una lettera in cui diceva che ti possono pure mandare in un buco di parrocchia con 90 anime e togliere dal commercio i libri che hai scritto, ma se te la prendi sbagli. Le lettere lasciano la voglia di essere un po' come lui, frizzante e sferzante insieme, ripieno di fede in Dio e negli studenti, con una traccia di genio e sregolatezza.

Ho anche trovato la radice di un concetto che amo e che mi è stato trasmesso dal mio amico e maestro Tony: si tratta di "duty of care". È la descrizione di quello che un docente dovrebbe fare: prendersi cura delle persone che gli sono affidate. Non è uno scherzo, è un dovere e non servono regolamenti e liste estenuanti di cose che non si possono fare. Si può e si deve fare quello che implementa il "duty of care", ad esempio arrivare preparati alle lezioni, fornire incoraggiamento, rispondere alle domande, aizzare le menti più brillanti, light a fire, come direbbe Yeats. E contemporaneamente, lo stesso identico dovere di cura impone, fra molte altre cose, di non insultare gli studenti con parole o atti, di non annegarli nel cinismo e nella disillusione, di non approfittare mai, fisicamente o psicologicamente, della posizione e del prestigio di docente. È semplice e difficile, duty of care, appunto. Ebbene, io pensavo che fosse una bella pensata anglosassone, di quelle che di tanto in tanto gli vengono stupendamente, ma poi ho letto Don Milani, che insegnava fra il 1954 e il 1966, e guardate quel che era appeso sulla porta della sua classe...
Bellissime foto della Scuola di Barbiana si possono vedere  in questa pagina di Alberto Sfoggia.
[Don Milani è molto più di un educatore e non ho che sfiorato la sua grandezza: io l'avevo conosciuto nel miei roaring twenties per le sue prese di posizione contro la guerra e "l'obbedienza non è più una virtù"]

Casati Roberto, "Contro il colonialismo digitale", 2013. Il libro di carta non è da buttare. Anzi, in estrema sintesi, è meglio ricordare che non è né sano né "normale" perdere tempo prezioso in tweet, chat, sms, touch, like, post (!) se questo va a discapito della lettura e della concentrazione, anche e soprattutto a scuola:
Ma la lettura è stata rubata. Dobbiamo ora capire quali conseguenze ci sono per chi legge, e come fare per riconquistarla.
Casati scrive bene, ragiona bene e argomenta anche meglio. Non se la prende con la paccottiglia che ci distrae in continuazione e ci ricorda (specie a me!) di tenere la barra dritta. Se mi perdonate l'auto blog-citazione, qualche altro pensiero sul tema l'ho scritto a Novembre.

Pirsig Robert, "L'arte della manutenzione della motocicletta", 1974. Questo è un volume estroso, mi avevano detto che era un cult, il che a volte è una iattura. Inizio a leggere e non lo mollo più sparandomi giovanilmente le 150 pagine finali in una lunga apnea domenicale. È un libro potente, che trasuda la mistica della Qualità, qualche seguace di Pirsig studia e ancora propone una Metaphysics of Quality (MOQ). È una storia di viaggio, su una moto, ed è anche un viaggio dentro le menti dei protagonisti a caccia di capire il mondo, cosa sono e cosa sono stati. L'enfasi sulla Qualità porta nel testo a sottolineare l'importanza di tenere a quel che si fa, che è un'idea non lontana da alcune espressioni da Don Milani:
E mi venne in mente che non esiste nessun manuale che parli del problema essenziale della manutenzione della motocicletta: tenere a quello che si fa. Questo è considerato di scarsa importanza, o viene dato per scontato. Durante questo viaggio credo che dovremmo pensarci un po' sopra, per vedere se questa strana separazione tra quello che l'uomo fa e quello che l'uomo è non potrebbe aiutarci a capire che cosa diavolo è andato storto in questo ventesimo secolo.
Poco importa se questo "tenerci" si applica ai cilindri della moto o ad altro. E in effetti poi parla anche di Università, con la "U" maiuscola:
La vera Università non ha un'ubicazione specifica. Non ha possedimenti, non paga stipendi e non riceve contributi materiali. La vera Università è una condizione mentale. È quella grande eredità del pensiero razionale che ci è stata tramandata attraverso i secoli e che non esiste in alcun luogo specifico; viene rinnovata attraverso i secoli da un corpo di adepti tradizionalmente insigniti del titolo di professori, ma nemmeno questo titolo fa parte della vera Università. Essa è il corpo della ragione stessa che si perpetua.
Non vi rovino la lettura, che a in certe tirate fra il platonico e l'aristotelico richiede stoicismo e disciplina, ne vale la pena (in finanza, in amore e in letteratura vale il "no pain no gain", no?)