Wednesday, July 26, 2017

Grande fiume, portami via!

Alle 17.30 parte la corriera per S. Donà di Piave, cambio, Caorle, e ultimo balzo verso Porto S. Margherita.  Mi succede quasi sempre: i viaggi, piccoli o grandi, mentali o fisici, scompongono la realtà, asportano pezzi dolorosi e insensati mentre distillano brani d'essenziale semplicità. Oggi è un giorno in cui la peggior romanità, burocratica e assurda, ha rialzato la testa facendomi sentire con le spalle al muro. Vorrei le ferie, questo meta-luogo meta-fisico in cui ci si riappropria di un minimo di profondità, lasciando andare alla deriva urgenze fintamente importanti e vincendo la sindrome che ti fa pensare di essere indispensabile.

Compro il biglietto dal cinese del tabacchino, magrissimo e bene informato, "parte dalla corsia 8". Mi prendo pure un caffè che mi viene servito da una commessa nostrana che chiacchiera con quei bei tipi degli autisti in breve pausa prima della corsa seguente.  Come sempre sono uno dei pochi bianchi caucasici che prende la corriera, molti fra gli altri che attendono sono neri africani diversi nella tinta dai colori più tenui e mediorientali cui siamo forse più abituati. Questa neritudine di pece contrasta col cromatismo accecante del vestiti, spesso sgargianti al punto da mettermi di buon umore.


Partiamo con qualche minuto di ritardo, alla guida c'è una signora piccola e atleticamente tozza, sui 35 anni, con un accento meridionale forte che non riconosco.  Si mette immediatamente a chiacchierare con una passeggera che scenderà in periferia a S. Donà.  Un po' le chiacchiere, un po' la statura rischiano di non farle vedere che mamma e due bambini non hanno ancora finito di scendere dalla porta posteriore e accenna a ripartire mentre un paio fra gli 8 a bordo le urlano "aspetta!".  Si scusa, "non li avevo visti".

La corriera fa un percorso che è un esempio di come per andare da A a B, nei viaggi come nella vita, si possa fare un arabesco anziché una linea retta.  Su e giù, destra e sinistra, da Monastier in poi ci infiliamo su vie strette e frenate brusche per fare salire e scendere gente non chic che mi fa simpatia.  L'autista di tanto in tanto tira delle belle inchiodate perché siamo su strade arginali (o marginali, scegliete voi), sopraelevate rispetto al livello campagna, e non ci passano una macchina e una corriera.  Attraverseremo Zenson di Piave, Fossalta di Piave, Musile di Piave sempre diretti, con cantilenante consecutio, a S. Donà di Piave.  Realizzo che il Piave, come i gatti, ha tante vite.  Alcune le conosco: mi sono familiari il greto di Lentiai, il fiume sacro alla patria del Montello e le Assicurazioni ValPiave.  Ma mi rendo conto che questa zona mi è nota né più né meno della Lusiana e del suo Mississipi. Zero! Comincio a pensare "Grande fiume, portami via", lontano dalle rive ministeriali del Tevere, in mezzo a campi di mais e ortaggi e casoni di bonifica e fossi.  E pensare che il fiume lo si vede poco e solo in qualche tratto d'un verde cupo e militare (in effetti, l'abbinamento ha senso...)  ma m'immergo in questo viaggio di un'ora e mi pare una transiberiana su quattro ruote targate ATVO, dove la "O" sta per orientale, cazzarola, fra argini, canali, tagli e strade di campagna di questo esempio di Veneto profondo.

Sono le 18.30 e a S. Donà chiedo all'autista se ce la facciamo a prendere la coincidenza per Caorle.  La signora prende un tremone, "non la vedevo e pensavo che non fosse rimasto nessuno a bordo" .  Constato che per guidare basta vedere bene davanti, visto che lo specchietto non lo sa usare o non è regolato giusto.  Capisce che siamo un po' in ritardo e, sempre chiacchierando, ci mette impegno e addirittura taglia per una stradina in centro, abbandonando il percorso ortodosso, per fare prima.  "Sa, alle sei tutti tornano dal lavoro, c'è così traffico...'', (si, dice "così traffico"!)  e aggiunge "Ho il cellulare scarico sennò chiamerei la stazione, ma non si preoccupi che ce la facciamo".  Come in Luisiana, anche qui nessuno ti molla, il mio destino è Caorle e addirittura mi dice con malcelato orgoglio: "Però, due tratte belle lunghe, prima da Treviso a S. Donà e ora fino a Caorle".


Wow, sto per decollare: già ero in modalità onirica ma con due ore di viaggio in Piave-shire mi sento poco meno di Phileas Fogg nei suoi 80 giorni in giro per il mondo!

In ogni caso, ipse dixit e infatti arriviamo in autostazione a S. Donà in tempo e posso salire, senza colpo ferire, sul mezzo per Caorle, con altre 12 persone senza tanti ariani di mezzo oltre a me (alla fine poi gli autisti cazzeggiano e partiamo pure con 8 minuti di ritardo).  Dev'essere la suggestione dei meandri del Piave ma le strade dirette qui non hanno successo.  Noi, per andare a Caorle in macchina, avremmo preso percorsi diversi ma qui si passa per Eraclea e Ottava Presa, terre di latifondi e di bonifica, di zanzare in picchiata come Stukas, sono cose belle.

Cesira mi raccoglie a Caorle e mi accompagna a Porto Santa Margherita e al suo mare che nulla ha da invidiare a Portofino (de gustibus, no?).  Porto S M, penso che si scrive PSM e sono trafitto dall'analogia con PQM, "per quanto motivato"!  È evidentemente una fase della vita in cui le sentenze mi danno la (s)carica.  Eppure, 5 euro, due ore col grande fiume e l'umanità viaggiante e al volante per queste terre mi hanno rimesso in sesto o forse, veramente, mi hanno portato via.  Non so quanto durerà ma costa molto meno dello psicanalista.

La vista di PSM mi dà sempre i brividi per modernità e bellezza del mare. Ah si?  Zommate bene fra i due grattacieli...