Mezzo pieno mezzo vuoto, santo o demone, tesi e antitesi (anche se io preferisco di gran lunga un più matematico "ipotesi e tesi"). Sono giorni in cui vago senza ordine fra interpretazioni opposte di quanto mi gira intorno, rimbalzando troppo frequentemente fra gli estremi con ridotta capacità di sintetizzare.
Stiamo facendo un sforzo enorme per arginare una pandemia che, letteralmente, non vedevamo da un secolo, 130.000 e rotti morti e vedo concretamente l'enorme sforzo fatto dalla società, da tutti noi, per uscire da questo incubo socio-sanitario. Avverto la fatica di organizzare una vaccinazione di massa, che richiede mezzi e organizzazione, menti per pianificare e braccia per eseguire. Da noi a Treviso c'è l'hub di Castrette, in una fabbrica moderna e di design di fronte alla sede della Benetton, campi e campi di capannoni su due piani, parcheggi, spianate per le sedie di chi sta in attesa, di chi sosta per 15 minuti dopo l'iniezione, alpini che regolano i flussi, volontari e decine di tosi e tose (chissà dove li hanno pescati) dietro ai computer per fare l'accettazione, per stampare il certificato e poi i medici nei box e tutti il resto.
In realtà, quando mi sono fatto la sporca seconda dose, eravamo 4 gatti. Penso che così, non ne usciremo più, scambio due parole con l'alpino osservando che siamo pochini. "Spero che dipenda dalle ferie e dal fatto che Zaia lascia che si vaccinino anche nei luoghi di vacanza". È incredibile quanto Zaia rifulga di poteri impensabili per i comuni mortaili, è lui che lascia, è lui che fa, se non è "ein volk...", poco ci manca.
Ho appena scaricato il mio green pass, questa prova di civiltà aborrita da persone strane, che non capisco e osservo come reperti di una wundekammer, teste di legno che rifiutano i vaccini per testardaggine, esoterismo, ascentificità, mancanza di senso civico e rispetto per la propria e altrui salute. Guardo il mio QR code e penso che è una grande impresa, milioni di QR code, come un esercito di fronte alla malattia che ci tiene al guinzaglio da troppo tempo. Adesso ce l'ho sia su Immuni che in pdf, su video e su carta. Ne vado vagamente fiero anche perché...
Green pass un par de zeri! Da una decina di giorni, con intensità crescente pesto sulla tastiera del computer e del celluare, scrivendo email e telefonando ai numeri verdi perché io il green pass non posso averlo, "non è stato possibile generare un authcode" sul sito http://www.dgc.gov.it/, non una riga di spiegazione in più. Pian pianino provo da solo.a capire: ho avuto il covid, normale; mi sono curato, normale, senza però curarmi di raccogliere come trofero un tampone molecolare di positività, normale (anche se ero stato avvisato!); sono guarito dopo l'isolamento e ho fatto il mio bel tampone di negativizzazione, normale. Ma per il sito io ho, forse, una sola dose, forse non sono stato mai malato e non importa che sul mio certificato vaccinale c'è scritto che sono esente dalla seconda dose. Te lo dice il computer e non c'è verso di parlare con un umano, ahi ahi... Scrivo all'email di assistenza, una due tre volte, NC NC NC ("non cagato") a parte un numero di ticket che non si nega a nessuno, codice 03109251, quasi quasi me lo tatuo sul bicipite possente per ricordo. Telefono al numero verde: presto, non rispondono, a mezzogiorno, non rispondono, tardi, non rispondono. Ma ce l'avete una sorella? Telefono al numero dell'AULSS ma non è semplice: il primo numero mi dice di chiamare il secondo che controlla e si fa mandare certificati vaccinali e tamponi per ricordarmi poi le regole del green pass che non contemplano il mio caso. chiedo ancora aiuto ma non mi risponderanno più. Vado in farmacia, lì dovrebbero stampare green pass come noselle ma prova e riprova non ci riescono nemmeno loro, se lo dice il computer...
La farmacista Luisa è stata una piccola chiave di volta, mi dice di scrivere a urp.treviso@aulss2.veneto.it e, anche se sono scettico visto che solitamente gli URP sono porti delle nebbie, scrivo e poi telefono e rispondono (anche qui serve provare una dozzina di volte). Controllano, "le banche dati", "non funziona niente", "mi lasci vedere". Apprezzo lo sforzo di risolvere senza limitarsi a fare il compitino scritto sul mansionario ma, alla fine, mi dice "le consiglio di fare la seconda dose. In ogni caso, il suo green pass sarebbe valido per poco tempo... vale per sei mesi dopo la prima dose" (che ho fatto in marzo). Bofonchio qualcosa sul fatto che c'è scritto sul mio certificato vaccinale che sarei esente, "si faccia la seconda dose..." Amen, mi mette in comunicazione con un numero e una signorina svelta ed efficiente mi prenota per l'indomani, mi devo recare a Castrette, la trevigiana gioiosa macchina vaccinale da guerra, allestita da Zaia (!). Dai, che ne sono uscito, ci ho messo qualche giorno ma dovrei essere fuori dal guado.
Visto che ci sono, all'hub domando qualcosa che non mi torna: 'sto green pass vale nove o sei mesi? Non lo sanno, "sì, nove ma forse sei... cambiano disposizioni un giorno sì e uno no". E quando lo potrò avere? Mah, forse le arriverà l'SMS, altrimenti provi col sito fra due giorni, "meglio metà settimana prossima". Insomma non sanno una mazza di preciso e neache ad occhio, ma almeno ci mettono buona volontà. A un certo punto, mentre sono in accettazione, arriva uno sbarbato che mi dice che non potevo fare foto, "scusa, non sapevo", "ci sono i cartelli, ha fotografato le persone", con la coda dell'occhio mi guardo intorno, tonnellate di cartelli di ogni tipo, "riscusa, ma ho fotografato solo le sedie". Devo aver fatto via via una faccia brutta brutta perché se la fila in ritirata "a me hanno solo detto di dirtelo" e lascio a voi valutare se la foto viola la privacy di qualcuno anche zoommando col computer di Penelope Garcia di CSI. E poi con 'sta privacy comunque avete spaccato proprio. La usate solo quando non servirebbe, Immuni paralizzata, green pass no, mense no, discriminazione e vanti indrio!
Rimiro il mio green pass, ottenuto alla fine di un gran premio che mi è costato per di più il solito giorno e mezzo di malessere e febbre per recuperare dall'iniezione (da cui sarei stato esente, vabbè). Credo che sia un dovere vaccinarsi e che l'obbligo del certificato sia altrettanto doveroso: le libertà sono sempre legate a responsabilità e se uno non si vaccina o non vuole esibire il green pass, resti liberamente e comodamente a casa sua, evitando il rischio di infettare sé stesso e gli altri. In università, a partire da questa sessione d'esame, lo useremo e speriamo che ci aiuti a voltare pagina.
Negli ultimi giorni i dirigenti dell'ateneo hanno mandato una pletora di email per dare indicazioni varie su come procedere. Sorvolo sul fatto che sarebbe meglio scrivere le cose giuste al primo colpo senza avere bisogno di altri tre messaggi per correggere quanto scritto prima. Ma la cosa che mi pare moralmente scivolosa è che si scrive che il docente, in quanto pubblico ufficiale, può chiedere il green pass. Notate il "può". Poi, se lo chiede e uno ne è sprovvisto, allora deve vietare l'ingresso all'aula. Notate il "deve". Sarà questo post schizzato e malmostoso, ma ci vedo il solito tentativo filisteo di suggerire senza dirlo, per carità, lasciate perdere, chi ve lo fa fare? Pubblico ufficiale sì, ma no mona!
Eppure a me il green pass pare necessario e basta. Altrimenti stai a casa tua, non è difficile. Domanderò di vedere il green pass di tutti quelli che si presenteranno e, memore della difficoltà che io stesso ho avuto a ottenerlo, accetterò anche certificati vaccinali ed esenzioni del medico. Però ci si ferma qua, non è tempo da liberi tutti e la libertà non si tutela, credo, consentendo a tutti di fare quel cavolo che gli pare (che è un casino, non libertà!). Serve per non vanificare l'impegno enorme di quanti hanno lavorato tanto e bene negli ospedali e nelle rianimazioni e per tirare su questa cattedrale di capannoni e punti vaccinali, sistemi informativi, numeri verdi, email di supporto, controlli e protocolli. Al di là di luci e ombre, oltre a scienza e vaccini, abbiamo poche armi se non civiltà e rispetto di regole avvedute.