Thursday, December 08, 2022

Oh bej Oh bej

Corsi e ricorsi sul blog e stavolta tocca e ritocca a Milano, che è già apparsa in quelle che somigliano a vite diverse e parallele. Sono passati quasi 15 anni da quando viaggiando da un altro emisfero arrivai al Polimi per fare da commissario di concorso e anche un viaggio molto più recente è immerso in quella sfocatura di spazio-tempo pandemico in cui tutto si schiaccia in una nebulosa indistinta di miti sanitari, collettivi e personali, ricordi e esperienze ancora vivide eppure stranianti e quasi a latere.

Capitiamo a Milano con la scusa di andare a vedere la "fiera degli obei obei", di cui Cesira ha letto qua e là. C'è con noi anche Guillermo che è stato in visita a Treviso con ghirigori a Feltre, Vigevano e Torino. Un bel bagno di norte profundo! Per impreziosire il "solito" periodo nella Marca, abbiamo deciso di fare un giro insieme nella capitale morale, che lui non ha mai visto, e che continua per noi a stazionare fra una qualche diradata consuetudine (io ci sono stato anche a settembre 2022 per il Social Simulation Conference in Statale) e lo stupore ammirato per la metropoli e la sua poderosa vivacità.

Saliamo su Italo alle 8.31, la prima costa poco e mi hanno fatto pure uno sconto con qualche promozione. Come mi capita sempre più frequentemente, trovo il viaggio su Italo molto confortevole e, in sostanza, migliore di quanto offerto da Trenitalia, alla fine accumuliamo una ventina di minuti di ritardo e Milano ci accoglie con la cupola metallica della Stazione Centrale.

Vista dal giardino del Camplus Turro a Milano.

Dopo i trionfi recenti di Palermo e Catania, ho prenotato al Camplus anche a Milano, siamo in zona Turro e la struttura che ci accoglie è di ottima qualità (manca, forse, solo la bellezza del palazzo storico e della location che nel caso di Palermo, che ha la vista su S. Giovanni degli Eremiti, è eccezionale). Il personale è ferocemente gentile, anche stavolta si fanno in quattro per darmi un bollitore e mi prestano due filtri di té verde Twining, consentendoci di bere una bevanda calda e leggera la sera e la mattina, avendo riciclato il filtro in un paio di bicchieri diversi!). Il Camplus Turro è a 4 fermate da Lima sulla linea rossa della metro, a tiro di Centrale (che però sta su altra linea), rimiro questa parte sconosciuta della città, Milano è diversa in ogni angolo, e penso distintamente che è come Sydney che si reclamizzava come a "city of villages".

Il piano prevede di ripartire all'indomani alle 17.35, sempre Italo diretto a Treviso senza cambi, sarà un giorno e mezzo intenso, fatichiamo a tenere il passo di Guillermo che ne vuole vedere una più del diavolo, finiamo per stare in giro per tante ore, a me pare sempre un freddo boia, ma ci godiamo anche angoli mai visto e pure prospettive nuove di cose già annusate in alcune girovagate precedenti. 


Il castello Sforzesco è un highlight che vediamo all'imbrunire e ci accendono le luci coreograficamente pochi secondi dopo che siamo passati per il ponte levatoio. L'effetto è spettacolare e spero la prossima volta di vedere anche la Pietà Rondanini e quella biblioteca (o sala lettura che sia) visibile all'interno. 



Castello Sforzesco (verso le 17.00). Tutt'attorno ci sono le decine e decine di bancarella degli "Obei obei" 

Al ritorno camminiamo, in un tripudio di negozi, (grandi) marchi e parecchia folla fino a Sant'Ambrogio che rifulge nella festa del Santo e in cui stanno celebrando messa in rito ambrosiano fra nuvole d'incenso e grande partecipazione di fedeli e concelebranti. Evidentemente, il 7 dicembre, siamo nel posto giusto al momento giusto e, in effetti, la basilica rifulge di una bellezza medievale senza tempo. Il bar dell'oratorio è aperto, piatti caldi a disposizione per tutti in uno degli ombelichi della città.



Il giorno successivo, in pieno ponte, decidiamo di andare a vedere il MUDEC in zona Porta Genova. Nuovamente, è una Milano diversa da quella che ho presente (Moscova, Fatebenefratelli e via via su per Duomo, Statale, Centrale, Via Sarpi-China town...), case popolari, ex stabilimenti e capannoni enormi, migliaia di metri cubi di (ex?) industrie. Mi pare una città più normale, non c'è una vetrina ad ogni passo e anzi, sembra commercialmente desertificata in un modo inapettato. Il MUDEC sta nell'area Ansaldo, si può vedere la collezione permanente ma offrono anche una mostra di Robert Capa e una sui tesori di Machu Picchu e sulle maschere d'oro incaiche. Per qualche motivo mi torna in mente mio papà e la sua passione per le mostre storiche artistiche culturali e penso che lui non avrebbe avuto dubbi. Travolto da questo flash molto personale, mi tuffo fra i riti dell'impero Inca, miscela animista di adorazione degli elementi, acqua, sole, terra, sacrifici umani di poveri cristi che (da morti!) diventavano divinità dopo che gli avevano strappato il cuore. È un'arte potente, antica, stilizzata, rimasta nascosta per secoli dopo che anche i conquistadores spagnoli se n'erano dimenticati consegnandola all'oblio generale seguito alla caduta dell'impero (Machu Pichu è stata "riscoperta" nel 1911 e da allora è visitata da un numero enorme di persone, nell'ultimo anno un milione).

Maschera cerimoniale inca (dalla mostra sui tesori di Machu Picchu al MUDEC)

Tram per piazza del Duomo dove, strano ma vero, incontriamo due amici in trasferta che arrivano da Taranto e Castelfranco. Il mondo è veramente un panuelo se il caso riannoda alcuni fili in questo modo. Rivediamo Claudia e Paolo, pezzi da 90 della nostra storia vicina e lontana, sono tutti e due in città seguendo walks of life diverse ma siamo contenti di ritrovarli in gran forma in questa mattinata di festa.

Effetti speciali, cascata di luci e dinamismo  a "La Rinascente" in Piazza Duomo

Non so se sono pronto a consigliarvi "Da Oscar", in una traversa di corso Buenos Aires a pochi passi da Porta Venezia. Si mangia civilmente (roba dritta no frills e via), la posizione ha il suo senso, il costo è accettabile visto che siamo in pieno centro, chiaramente proprietario e locale si sono costruti nei decenni il loro bacino d'attrazione che include autoctoni di Lombardia e di mezz'altra Italia, turisti occasionali e foresti come noi con qualche aggancio. Penso che è un posto "milanese", aggettivo che forse tendo ad associare a qualsiasi cosa efficiente e tetragona più della media, non privo del multicolore charme figlio del proprietario (calabrese?) quasi fuori servizio dopo quarant'anni di attività, del cameriere boliviano con accento della Bovisa e di altri ragazzi meridionali che danno una mano a portare piatti, posate e bottiglie ai tavoli. Le pareti sono ricoperte di quadri e memorabilia, spesso della grandezza degli ex-voto. Noto subito il ritratto di Mussolini, "il duce" secondo la scarna didascalia in stampatello sulla cornice bianca. Gia mi pare borderline appendere zio Benito in un locale ma poi sulla carta dei vini leggo "Sangiovese di Predappio" e osservo la dedica manoscritta di Romano Mussolini: "A ricordo di un italiano che amò sempre la sua patria". Ma decché? Riguardo la selva di quadretti e ci vedo troppe cazzate, troppi trofei della "Folgore", paccottiglia linguistica da quattro soldi come "molti nemici, molto onore" e "meglio vivere un giorno da leoni che 100 da pecora". In quelli che prima avevo definito ex-voto c'e troppa nostalgia per la  retorica bolsa degli uomini che a taluni sembrano forti, ma che invece è gentaglia che ha massacrato questo paese e la libertà di chi ci viveva. Ma decido pavidamente di non rovinarni la giornata e mangio la mia carbonara, buona, e il mio pezzo di cotoletta alla milanese (ce n'hanno portato una porzione enorme, buonina). Sorvolo e non commento oltre, è solo un blog e anche altri milanesi illustri si sono turati il naso (ma è un'altra storia, lo so bene).


A un certo punto arriva "Da Oscar" anche un musico saxofonista... Qui sopra il patchwork demenziale che adorna il locale con Alberto Sordi, avvicinato al duce, a Elvis e molto altro.

Siamo all'epilogo e, dopo aver consegnato una cassettina di radicchio precoce da un kg e tre bottiglie di prosecco a Claudia, camminiamo nuovamente fino al Duomo e, alle 16.00, via a recuperare i bagagli a Turro e, poi, Centrale. Metro o non metro, anche se non perdiamo tempo e siamo "milanesi", ci lavoriamo più di un'ora a raggiungere la terza carrozza del binario 12.

E gli obei? Già, dimenticavo! È una fiera, un mercatino di cianfrusaglie gastronomiche, regalini e soprammobili natalizi, a me pare la versione lumbard di quello che si può vedere a Merano, Sterzing, Monaco e in decine di altri posti. Va bene così e sono contento che siano bej e che ci abbiano dato la mezza scusa di tornare a Milano.