oggi mi sono fatto 8 km a piedi per ritirare il mio passaporto. alla fine ce l'ho fatta, novello Forrest Gump sulla strada dei malfunzionamenti della pubblica amministrazione ma anche della buona volontà dei dipendenti della Polizia di Stato. È da novembre che provo a rinnovare il glorioso passaporto, scaduto nel 2015, che mi ha portato in Australia tre volte, ma il primo appuntamento utile che ero riuscito a prenotare è il 25 luglio, distante quasi 9 mesi, nonostante numerosi tentativi, SPID e partecipazioni alla roulette online del venerdi alle ore 13.00, quando vengono messi a disposizione i posti liberatesi nella settimana successiva. il problema è che quei posti sono pochissimi, il server s'impalla già a partire dalle 12.55 per l'evidente sovraccarico generato da decine e decine di persone che provano ad anticipare gli appuntamenti "regolari", è una voragine di clic dei desperados cui serve il passaporto molto prima dell'estate. una volta ho pure visto un'appuntamento utile ma il tempo di cliccare e di attendre che la pagina reagisse e tutto era scomparso come una chimera perché evidentemente qualcun'altro mi aveva soffiato lo slot per un amen.
solo oggi ho realizzato che andare in questura, nella zona Appiani in semi periferia di Treviso, è un percorso lungo 2 km, google maps non sbaglia e io me la sono sempre fatta a piedi. a fare i conti per bene, poi, altro che 8 km: a dicembre vado in esplorazione in questura di persona la prima volta, chiedo info all'ingresso, mi dicono che se tutto va male (appunto!) posso mandare email 20-30 giorni prima della partenza, "non lo faccia ora, manca troppo tempo e l'email verrebbe ignorata", curioso modo di gestire la congestione suggerendo di chiedere un intervento urgente a patto di non farlo troppo presto. va bene, me la metto via e sono 2+2 = 4 km per chiedere info.
un venerdi dei primi di febbraio, dopo il rituale tentativo sul web e aver tentato di chiamare ininterrottamente un numero sempre occupato dalle 12.00 alle 13.00, scrivo un bell'email, lo mando in pec all'ufficio, allego la missione autorizzata a Londra, mando il biglietto d'areo, "mi fate la carità di farmi partire il primo marzo?"
ecco, qui c'è un cambio di ritmo nella storia: il giorno successivo alle 15.00, è un sabato, mi chiamano dalla questura e un poliziotto si scusa proponendomi un appuntamento per il 14 febbraio. rileggete perché è degno di nota: in 24 ore hanno risposto, di sabato, hanno preso in carico la cosa, let's go! vai con la preparazione delle carte, riempio il modulo, dati personali e tutto il resto, compro la marca da bollo da una settantina di euro, pago il conto corrente, altri 40 euro e rotti, mi faccio in stazione le foto tessere con look rigorosamente da serial killer senza riflessi sull'occhiale da vista, ci lavoro un'altra mezza giornata. ma il 14 sono pronto alle ore 10.00.
devo salire al terzo piano dove la signora Maria sbriga una serie lunghissima di appuntamenti d'emergenza, mentre i "normali", quelli che hanno prenotato un appuntamento sul web mesi e mesi fa, attendono agli sportelli del piano terra. al terzo piano è una simpatica gazzarra, nessuno sa bene cosa fare e dove attendere, pare che siamo tutti convocati alla stessa ora, non sappiamo bene chi è arrivato prima o l'ordine della coda e avanti despacito fino alle 12.30, 2 ore e mezza di bivacco "nell'androne" dove ci sono parecchie sedie per i passaportisti. io sono ben preparato, mi ascolto puntata dopo puntata di uno strepitoso podcast originale di Rai PlaySound, "Io ero il milanese" di Mauro Pescio, sull'incredibile storia di un rapinatore di banche che si fa decine di anni di galera inseguendo il sogno della bella vita con fatica, voi pensate pure quel che vi pare, ma anche i banditi e i latitanti hanno i loro fastidi.
Maria è sotto pressione, un mucchio di persone senza podcast sono innervosite e in trepida attesa, lei capta certamente qualche discussione per il turno e riesce, nodimento, a stare sul pezzo con quel tocco di nonchalance da impiegata tosta, forse non sarà un fulmine di guerra, ma lavora senza fermarsi, parla agli utenti, dà loro un po' di confidenza, con me risulta perfino gentile e mi trovo a ringraziarla per quello che che fa in questa babele un po' confusa di appuntamenti, aggiustamenti e rattoppi. mi prende le impronte, mi chiede se voglio tenere il vecchio passaporto come suovenir e, sul più bello, mi dice: "non abbiamo più libretti, quando parte?", "il primo di marzo", "puo passare a prendre il passaporto venerdi 24?". evvai, altri 10 giorni di attesa! la guardo incuriosito, avevo sentito quando all'utente precedente aveva detto che tengono qualche libretto di riserva in un cassetto speciale, per le urgenze veramente tali. ci penso su, ha ragione lei, parto fra 15 giorni, urgente non sono e cancerogeno nemmeno, decido che è ok e la ringrazio, "a venerdi prossimo", "saluti. avanti il prossimo". in tutto fanno altri 4 km e ammetto che ho i miei motivi per camminare, diciamo che è una passeggiata di salute e anche voi dovreste camminare 5 ore a settimana, settanta euro a parte è quasi un peccato che il passaporto non scada una volta al mese!
oggi è il gran giorno, 24 febbraio, data in cui cade l'anniversario del criminale attacco russo all'Ucraina. ma è anche il giorno in cui giulivo e rilassato a 2 km da casa, salgo al secondo piano della questura alle 10.00. cercano il mio passaporto in una cassettiera portadocumenti, non c'è; cercano in un altro pacco "sfuso", non c'è. il poliziotto mi dice "Maria mi ha dato quelli recenti stamane, se il suo non c'è vuol dire che non me l'ha dato". Già, è consecutio o sfiga? "Provi a salire al terzo piano e a chiedere alla Maria". Non riesco nemmeno ad incavolarmi, questa questura ha un che di pacificante, tutti sono tranquilli (loro, non noi utenti), i dipendenti non perdono le staffe, fanno le cose che possono fare, chiedono se non sanno o non possono fare, i compiti restano in ordine, se c'è da andare al terzo piano si va, non hanno il fisico palestrato, anzi si vede qualche panzetta nei signori di mezza età, sono statali, un filo burocrati all'apparenza, ma lavorano e basta.
ascensore, terzo piano, m'intrufolo fra un passaporto e l'altro, di straforo, nell'ufficio di Maria, mi riconosce, "Pellizzari? mi scusi ma non abbiamo i libretti", non faccio una piega e non le ricordo nemmeno che so del cassetto magico e ormai anche io rischio di essere tassativamente urgente e non un finto-urgente, "può passare lunedi?", devo averla guardata un filo strano perché rilancia subito con "quando parte?, "primo marzo", pensa un attimo: "può passre oggi alltre alle tre?" Adesso capite perché oggi fanno 8 km? (2+2)x2, non c'è glicemia che tenga a questa vita da caballo, ma ne approfitto e tornando a casa verso le 11.00 mi prendo pure un caffè Illy da Casellato in Borgo Cavour.
alle tre, processionalmente motivato da altri due km di strada, chiedo di Maria in portineria. lo spinotto me la indica mentre, in un cappotto bianco, sta rientrando dal pranzo, panino o simili. siamo quasi in confidenza, mi dice che non ha ancora fatto il mio passaporto ma mi chiede se posso aspettare un attimo che ci prova, lo fa in un modo che va bene, le dico che è ok e le offro di tornare lunedi mattina se per caso la cosa le riesce meglio. "Comunque, posso salire con lei al terzo?". Sta con noi anche un ragazzo che mi guarda e, fattosi coraggio, mi dice "lei è stato i mio prof di computational tools", come d'ordinanza gli dico "scusami, siete in troppi in quel corso perché possa riconoscervi", ma è un dialogo simpatico, chiedo che cosa fa, si laurea fra poco con una tesi sull'insider trading, Maria sorride e commenta "ma come? prof e studente? che coincidenza!"
stampa il passaporto, esce dal suo ufficio e mi dice che "manca il dirigente". e già, mi pareva che mancava qualcosa, "sono in riunione da questa mattina... ma mi lasci telefonare che forse ce n'è uno che può firmare". in effetti, arriva un signore, magliocino blu scuro tirato un filo su a mostrare la maglietta della salute sotto, ma è venerdi pomeriggio ed è lui che appone la firma sul mio documento. guardo le foto appese al terzo piano, Albino Luciani sullo sfondo e un poliziotto che fa il picchetto, la vecchia sede della Questura in Palazzo Barea in via Carlo Alberto, la Giulia verdastra dei film e qualche faccia dura dei servizi d'ordine. quasi m'intenerisco vedendo queste icone visive ma Maria mi strappa dal sogno e, brandendo il mio passaporto, mi dice "ecco, controlli i dati'' e io con scrupolo verifico doppia elle e doppia zeta, data di nascita e mi pare che sia tutto a posto. "Grazie" e porgo la mano a questa signora sulla cinquantina, presumo, carnagione scura scura, capelli e occhi neri, non è Lolita Lo Bosco ma tanticchia viene dal Sud. Mi sorprendo a dirlo, ma sono grato alla Polizia perché ha fatto e ci ha messo una pezza e io ho il documento con 4 giorni d'anticipo sul check-in. gli ultimi due kilometri in direzione centro sono un trionfo, ho quasi consumato un paio di scarpe ma sono pur sempre scampoli peripatetici di soddisfazione.