ma le città sono diverse e credo serva portare parecchia pazienza, prolungando il periodo d'osservazione e provando a esplorare orizzonti con pazienza. ieri ero giunto a S Sebastian bollito a puntino dopo varie ore di viaggio, nuvole basse e veloci, caldo afoso. se aggiungo che non bevevo e mangiavo da ore, il che mi rende sempre feroce, e che mi trascinavo pure la valigia su terreno urbano sconnesso, beh, perfino la famosa spiaggia della concha mi era sembrata una piccola striscia di sabbia insignificante.
The day after mi metto in cammino, nomen omen qui a S Sebastian (lo vedrete dopo), e parto colazionato alle 9.00 del mattino ripercorrendo il lungo mare di Ondarreta e la Concha. beh, nel fresco mattutino e con un po' di sole è un'altra storia. si dev'essere impegnata anche la marea che se ne sta bassa bassa lasciando metri di spiaggia bianca a formare una mezzaluna mozzafiato. decido di andare nella città vecchia e vedo le guglie e le asprezze architettoniche che non aspetti in un Spagna che nel mio cuore sembra sempre e solo andalusa. ma questo è il norte profundo e la rigida Castilla & Leon col suo gotico fiammeggiante è a pochi decine di chilometri di distanza. arrivo nella città vecchia e al museo di S. Telmo, una via di mezzo fra convento antico e installazione moderna con pannelli d'ardesia bucati. come al solito, gli spagnoli sono spavaldamente estrosi e riempiono le città delle loro sperimentazioni cultural-urbanistiche che spesso gli portano fortuna.
a questo punto sono a pochi passi della terza spiaggia della città, Zurriola, e me la sbobino tutta da cima in fondo. per raggiungerla devo camminare lungo l'Urumea, che in basco "semplicemente" si chiama Urumea Itsansadarra (!). per la prima volta mi viene in mente che a suo modo questa città è come Sydney, con spazi dilatati, un mare potente, le onde che s'infrangono sui blocchi posti a protezione della costa, luce e oceano a profusione. se ci penso poi, è la seconda volta che l'accosto alla meraviglia del New South Wales dato che già avevo alluso a una celebre spiaggia a mezzaluna. Non faccio a tempo a superare il modernissimo e squadrato Kruskal, a pareti continue di rame verde ondulate, che Sydney me la ritrovo davanti nei pettorali esibiti dei surfisti della Zurriola. qui come là, stanno a mollo per ore in attesa dell'onda giusta, non ci posso credere: è ancora presto e ci sono solo loro, assieme a un gran numero di ciclisti e gente che fa footing. anche quando mi addentro in città vedi surfisti figoni e scalzi, con la muta arrotolata e a torso nudo, che camminano portandosi la tavola verso la playa. sono le 10.00 passate e mi fermo a Hogar Dulce Hogar, il cameriere è uno di loro, bicipiti da invidia e biondo come un californiano. anche loro dovranno guadagnarsi da vivere, no? un cortado e "algo de dulce pequeno". mi propone una "magdalena" o una "rostilla" e io vado sulla prima che mi suona più nota. capisco che non farò mai più colazione in albergo, ci sono decine di posti in cui posso avere di tutto e guardo, sognando grandi imprese per l'indomani, tostade con hamon, tomate, mantequilla, marmelada e donuts caseros di ogni foggia. mi sovviene che su Time Out hanno segnalato la pasteleria Geltoki, Easo 61: non è poca strada ma Cesira mi ha cambiato e una città sin dulce non vale la pena (i lettori attenti o simpaticamente maniaco-compulsivi noteranno la citazione...) cammina cammina mi dirigo verso il quartiere di Amara alla caccia di Geltoki: voglio sapere se domani domenica è aperta e a che ora mi servono un cortado o due, di mattina melium semper abundare quam deficere. visto che ci sono, osservo che di gente che cammina qui ce n'è tonnellate e de repente ricordo che "camino" qui vuol dire di più che camminare. "camino" qui non è una parola, è una processsione ininterrotta, qui tutti vanno a Santiago, zaino in spalla e scarponcini. davanti a me una signorina appena appena sdrucita mette in bella mostra la sua concia sullo zaino, è arrivata al mare e si è guadagnata la compostela. ho anche letto che Campus Stellae era il posto dove le stelle si sono messe a danzare (si!) per indicare che là era dove si doveva seppellire S Giacomo. è o non è una bella storia? in quel luogo è nata la cattedrale cui tendono migliaia di camminatori che solcano in lungo e in largo questa parte del tragitto "francese".
hombre, un passo dopo l'altro sono arrivato da Geltoki e da una finestra chiedo alla signora che sta infornando non so che ben di Dio a che ora aprono domani: 7.30, "muchas gracias". mi sento veramente fortunato: non è per nulla ovvio nella penisola iberica ma ho trovato un posto in cui un desayuno da sballo lo trovo anche de madrugada. un cerchio si chiude e domani, all'alba, Geltoki è nel mirino. con un minimo d'organizzazione sarò poi puntualissimo alle 9.30 all'EMS Council 2014, nemmeno fossi la signora alabardata di Samarcanda.
El Peine del Viento: Eduardo Chillida e la sua opera su mare, terra e vento. |
Valeva la pena portare pazienza con Donostia? si, e per un attimo mi dico che dovrei essere più tollerante anche con l'umanità variada che di tanto in tanto mi ammorba l'esistenza. ma bando ai sentimentalismi (veramente, mi sono metalmente dato del mona) e torniamo sull'argomento: gran bella città, urban (adjective, in inglese) e spiaggiata, moderna e gotica, pulita, ordinata, bellunese dentro e fuori, piste ciclabili dappertutto, con una lingua piena di k e z, via si dice "Kalea", metà delle scritte sono impronunciabili, ma tutti parlano in uno spagnolo semplice e piano, solo senza le esshse toreate dell'amata Andalucia. concludo le mie quattro ore di cammino ininterrotto, prima di andare a lavorare, con la salita in Funikolar al monte Iguelde da cui hai una vista sinuosa d'onde e metropoli che ti ruba il respiro.
No comments:
Post a Comment