C'è anche una memoria più profonda e che sento più veneta, quella che ci consente di tenere traccia di quello che siamo perché sappiamo quello che abbiamo fatto. Ecco, di questa memoria ne vedo poca. Lo vedo su di me: fra poco arrivo al mezzo secolo di vita e so poco e forse ricordo ancora meno di quel che è accaduto qualche decennio fa nel lembo di terra che mi circonda, di quando il tempo e la storia si devono essere attorcigliati in una smorfia di disumanità e ferocia senza eguali. Mi rendo conto che so poco o nulla di pagine della resistenza che, forse, dovrei conoscere per capire quello che sono e quanta strada il mio piccolo mondo veneto abbia fatto da allora.
Questa storia è un cerchio di 20 km, in linea d'aria non mi sono allontanato mai più di 5-6 km da casa. È un viaggio in macchina con papà, il mio usb di riserva per quel che riguarda la memoria, in un pomeriggio di mezzo agosto.
A Castello di Godego in località Cacciatora c'è un monumento che ricorda le 73 persone massacrate il 29 aprile 1945 da un reparto di nazisti che affannosamente remavano verso nord per scappare ad americani ed inglesi che li braccavano. Questi 73, ho pensato, sono le Fosse Ardeatine de noantri e io, che potrei sembrare uno di cultura, quasi nemmeno sapevo dov'era la Cacciatora. 73 persone, fra cui bambini e donne, sparati alla nuca e abbandonati in un campo non si sa bene perché (ammesso e non concesso che una ``provocazione'' di qualche mona potesse giustificare alcunché).
Stele con nomi ed età degli assassinati. |
Stele della Cacciatora, in memorie delle 73 vittime, e attività produttive sullo sfondo. |
Luogo dove stava prima il monumento, ora spostato più in là su via XXIX aprile. È ancora ben visibile lo spiazzo guarnito dai cipressi. |
Proseguiamo lungo la XXIX aprile prima e Via Montegrappa dopo, girando a Ramon per andare quasi lungo il Muson a Case Piotto a vedere il cippo che ricorda la morte di Primo Visentin ``Masaccio''. Era comandante della Brigata Martiri del Grappa, ucciso il 29 aprile del 1945 in circostanze che solo ora possiamo accettare: quasi certamente gli sparò alle spalle un tale Andreetta, partigiano discutibile e gran fiol di buona donna che ne aveva fatte di cotte e crude. Avete notato che la data è ancora 29 aprile? Beh, è una coincidenza, in quei giorni succedeva di tutto e il fatto che i luoghi distino 4-5 km è un caso. È forse meno casuale che un Masaccio morto fosse un ostacolo in meno alla transizione soft che alcune forze politiche desideravano alla fine del conflitto. Mica si può andare avanti con questo clima d'odio per sempre? Credo che ci sia anche saggezza nel lasciarsi alle spalle qualcosa: diciamo che si tratta di limitare scientificamente la memoria ma come corollario, mi dicono, c'è stato anche quello di rivedere troppa gentaglia compromessa col fascismo nelle istituzioni del dopoguerra.
Chi ne vuol sapere di più e di meglio (io faccio lo storico da osteria solo nelle domeniche nuvolose per scaricare l'ansia da prestazione accademica) può leggere Ceccato, ``La morte del comandante partigiano Masaccio: delitto senza castigo'' e anche questo articolo, scritto prima che io nascessi da uno che conosco.
Cippo in memoria di Masaccio a Case Piotto. |
Ma qua me vardo intòrno
e libero a me mente,
dei tosi del Vial nò ghe' nteressa gnente,
ai morti soto i rovi,
i ga cambia camixa,
comanda sempre lori
Ma caro comandante no i gò
desmentegai que attimi de gloria,
de miseria tanti, xa pasai,
quei giorni in cui se jera
imbriaghi sensa paura dea gaera,
de tanti sogni de strana libertà,
dell'illusion de far na nova era,
mentre se jera dentro
a storia vera
Te asso qua sto sasso
e so che nol fiorisse.
Ghe sarà sempre un osto,
un prete, un fiol de troia
pronto a mandarte in scena
e quando no te servi
spararte drio a schena
Parchè par tutto el mondo
chi che fa pì paura
xe quei coe scarpe grose
e anca a testa dura
Ma caro comandante
A cossa xe servio, na lapide sol muro,
o un gran eroe morto,
se no ghe xe futuro
Ma posso dir na roba,
a chi che passa e resta,
a chi serca na facia sincera,
a raixa xe ancora qua,
tra i crepi de sta tera.
Ho trascritto il testo così come sta e ho pensato che era giusto ricordarlo nel blog, sperando che internet sia eterna e che i dischi rigidi abbiano maggiore durata di quel che ci resta impresso dopo pochi decenni di tempo, preoccupazioni, lavoro, amori... Penso che sia una bella poesia, una cosa che più che capirla bisogna sentirla (grazie Marta): menziona il tradimento, il Viale dei Martiri a Bassano, la gaera in cui adesso ci tocca mettere quelli del MOSE che pure sono figli di quelli che morivano al posto loro nei rastrellamenti, e molto altro.
La poesia a Masaccio sulla sua lapide a Poggiana di Riese Pio X. |
Papà e sullo sfondo la tomba di Primo Visentin, "Masaccio". |
Mi riprometto di ricordare di più, altro schema ricorrente e inutile del mio modo di pensare e chiudere i conti. So che non lo farò e so pure che abbiamo dei conti aperti con la memoria in famiglia, non me la prendo. Ma di colpo le targhe stradali mi soccorrono beffarde: ho girovagato in via XXIX aprile, Via Montegrappa, Via Masaccio e preso Via Brigata Martiri del Grappa. Finché non cambiamo i nomi alle vie, sono grato alla toponomastica che ricorda molto più di me!