Post veloce per sottolineare un highlight della città che ha di recente bloccato il traffico per la sua (ri)inaugurazione dopo 12 anni di chiusura e quasi 5 anni di lavori.
Siamo stati a vedere il
Museo Bailo di Treviso, in una sfolgorante giornata d'autunno, curiosi di vedere per la prima volta le collezioni che contiene. C'è molta trevigianità in Arturo Martini e Gino Rossi e negli altri artisti che comunque solcavano l'europa da Parigi a Monaco per vedere e odorare gli esperimenti artistici di un mondo che viaggiava a folle velocità verso la prima guerra mondiale.
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La facciata esterna e la tersa luminosità interna. |
Non sono per nulla esperto ma leggo nei pannelli di Arturo Martini e della sua Ca' Pesaro, quando per un periodo l'ombelico del mondo era là. E ci sono le opere, belle, stranianti, anche paurose come una maternità arpia, e insieme dolci e inquietanti.
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In alto un gesso di Martini, elegantemente valorizzato da una fascia metallica dorata. Sotto, la versione di Ca' Pesaro a Venezia. |
Resta nella memoria anche la forza visionaria e fauve di Gino Rossi, che finì i suoi anni in manicomio dopo aver illuminato il mondo coi colori e con l'amico Martini.
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"Paesaggio Asolano" di Gino Rossi. Si vede la chiesetta di Monfumo, edificio familiare a tutti coloro che transitano per i colli. |
Il museo in sé è anche una bellezza architettonica che ha valorizzato il convento degli Scalzi e i suoi chiostri. Le finestre disegnano dei De Chirico e i dettagli sono illuminanti, ampie vetrate, grate metalliche e placche d'acciao vivo. Bentornato Bailo!
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Un De Chirico fatto in casa, preziose immagini dell'enorme lavoro di remise en forme del museo e un dettaglio della porta d'ingresso. |
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