Altre albe le abbiamo appena viste nel Dodecaneso, in barca io finisco sempre per dormire in modo strano, complice il caldo, lo sciabordio incessante e i rumori che t'accompagnano sempre. In realtà vuol dire che si dorme malino e prevale anche la voglia di non lasciare scappare la possibilità di vederla un'alba, non è cosa che capita tutti i giorni.
Kalymnos in Persiceto. La geografia ha sempre la sua importanza e alla fine avremo gironzolato per Kos, Pserimos (fugacemente, la prima notte), Kalymnos, Emporios, Leros, (con soste a Pandeli Bay e Pardeni), Patmos, Arki, Aspros, Makronisi, Lipsi. Non ci provo nemmeno ad essere formale con grafia e dizione (Clem, aiutami tu se vuoi/puoi), il mio greco fa acqua da tutte le parti se lasciate perdere la matematica e i suoi rho, sigma, epsilon, delta... E poi di isole ``grandi'' ce ne sono solo 12 ma in periferia (guardando il mondo da Bologna tutto è in Persiceto) ci sono scogli e isolotti di strepitosa bellezza e in grande numero.
Mi restano negli occhi le visite del 4 agosto nei pressi di Lipsi: ormeggiamo a fianco di faraglioni mozzafiato, ci vado a nuoto con le pinne, che mi danno sempre l'impressione di essermi tramutato in delfino, e poi restiamo spiaggiati in balia di questa bellezza sperduta ed esagerata, fra acqua azzurra, rocce bianche, sole e spruzzi. Nello stesso giorno andiamo in gommone a vedere le grotte a Makronisi. Il tratto di mare che separa il caicco dal posto non sembra un granché ma il vento ci rema un po' contro e alla fine anche captain Musa si sarà lavato da cima a fondo nonostante ci sappia fare ed eviti le onde di traverso più alte. Nuoto fino alla grotta e anche questo è un posto di fascino funambolico e straniante, specie se galleggi di fronte a questa meraviglia senza smettere di mulinare le gambe per la corrente. Alla fine me ne torno in gommone dove mi pare di avere più controllo e meno fifa anche se la vista non è come esserci dentro.
If we catch. Gli ospiti della Kaya Güneri III sono in parte ben collaudati. 8 dei 12 passeggeri stavano a bordo nella circumnavigazione della penisola Datcha di tre anni fa, se siete curiosi potete trovarvi il resoconto qualche bloggata fa, quando solcavamo le acque turche da Fethiye a Bodrum. Oltre a me e Cesira, completano il gruppo ``anziani'' Carlotta, Anna, William e Marua. La lista include anche diverse potenze della natura di 18 o 19 anni, li cito ma ne parlo dopo: Clemente, Alessandro, Giorgio, Maria Vittoria, John e Beatrice.
I nuovi arrivati sono persone scoppiettanti, di origini libanese e palestinese, con cui parliamo prevalentemente in inglese. È inevitable che i discorsi parino anche sulla situazione politica del medio-oriente esteso (ci ficchiamo dentro anche l'Egitto a un certo punto), eterno calderone in ebollizione e generatore di instabilità geopolitiche. Parliamo di Palestina (di quella che fu, di quelle che trovi ora, di quella che spariamo un giorno sarà a fianco degli altri paese dell'area) e ovviamente discutiamo della situazione turca e del fenomeno Erdogan il sultano, scampato a un golpe che ad alcuni sembra una pagliacciata. Ma onestamente non ci si capisce molto nemmeno stando a pochi chilometri da Marmaris dove pare sia iniziato tutto. Oggi leggo su Wikipedia che:
Il tentativo di rovesciamento del potere ha portato alla morte di 290 persone e al ferimento di altre 1440. I dati forniti dal Governo riportano inoltre che, alla conclusione dell'evento, sono stati arrestati 2893 golpisti e 2745 giudici sono stati rimossi dall'incarico dall'Alto Consiglio.Cosa c'entrano i giudici? Aggiungo che Erdogan ha licenziato in tronco migliaia di insegnanti e docenti, sembra un repulisti bello e buono. Sono cose serie ma in questo contesto sto divagando e mi fermo qui...
L'equipaggio della barca è formato da captain Musa, pezzo d'uomo con occhi verdi, calma olimpica e decisa, madre di Kos, papà turco, moglie inglese, pescatore d'inverno e diportista estivo a noleggio, tre figli fra i 16 e i 19 anni; Hakan si occupa principalmente dei servizi ai passeggeri e alla fine lo coinvolgeremo nella costruzione di un cubo SOMA con origami colorati modulari (ok, in barca si fanno anche cose non banali, oltre che spantegare con bagni, sessioni di sole, bagni, libri, bagni, chiacchiere, tante chiacchiere e bagni… se siete interessati cercate moduli di Sonobe sul web o guardate questa pagina per maggiore dettagli sull'invenzione di Piet Hein); Mehemet fa il cuoco, è lo stesso di tre anni fa e produce manicaretti per una dozzina di persone in due metri quadri di cucina. Parla poco, sorride poco, ha anche l'esclusiva della gestione dell'ancora ed è evidente che gode di enorme fiducia da parte del capitano che ce l'ha sempre seduto a fianco o a prua nei pezzi di navigazione lunghi o negli approdi fastidiosi. Quando chiedo a Musa qualcosa di lui, mi dice che lavora su questa barca da 9 anni, fa solo la stagione estiva, poi saluta e arrivederci. A conti fatti, Musa fa il capitano da 17 anni e degli ultimi 10 passati sul timone della Kaya Güneri ben 9 erano in compagnia di Mehemet e dei suoi piatti. Non sorprende che abbiano un'intesa secca e profonda e che non servano nemmeno tante parole; l'ultimo membro dell'equipaggio è la molla umana Gosgursh (chissà mai se ci avrò imbroccato, è una parola mezza impronunciabile e dopo una ricerca su una lista di nomi turchi maschili potrebbe essere Gündüz). Dimostra forse 18 anni, asciutto e scattante, occhi bassi, in inglese dice solo ``thank you'' e ``good morning''. Si occupa di fissare le due corde che assieme all'ancora tengono fisso il caicco e gli impediscono di muoversi e beccheggiare. Per farlo deve spesso saltare dal dinghy o dalla speed boat sui massi della costa, agganciare una cima e tornare a bordo del barchino senza esserserlo fatto scappare. Non è semplice, pare a me, ma lui lo fa in havaianas, tanto per renderlo un filino interessante.
Tutti i nostri marinai ci stanno simpatici per i motivi diversi che ho brevemente delineato ma forse, come da copione, è Musa quello che acchiappa di più, anche perché sparlocchia in inglese (e secondo me lo capisce molto di più di quello che fa credere quando ad esempio gli chiediamo di Erdogan e lui non si sbottona nemmeno sotto tortura). Il capitano ha un modo forte di rispondere no problem o maybe alle domande. Maybe vuol dire parecchie cose, partendo da ``no'' o ``no, non rompere'' per arrivare a ``non lo so ma potrebbe essere'' o ``non si sa mai ma ci proveremo'' o anche a un ``si'' appena un filino screziato dall'incertezza nel domani. Notate la finesse, maybe non è mai la stessa cosa e abbiamo capito bene bene l'antifona solo quando in procinto di andare a pesca gli abbiamo chiesto se avremo mangiato polipi a cena. Lui ha evitato il solito maybe e si è spinto in un disinvolto ``Octopus? If we catch…'' (che è in un certo senso la stessa cosa). Da allora, abbiamo realizzato che la frase gronda di profondità (lasciate perdere il folpo!) e va bene in altri contesti di importanza variegata a seconda dell'eta. Un esempio? Alla domanda "Come andrà l'abbordaggio delle ragazze sul lungomare?" si dovrebbe rispondere: "dipende, if we catch…"
Generation unknown. Il titolo da ``Doctor who'' allude all'impressione che mi ha fatto stare a contatto di gomito con 5 giovani che hanno più o meno l'eta di alcuni dei miei studenti più junior. Ho imparato un mucchio di cose guardando, come dico io in modalità ornitologo, quello che fanno e dicono. Ad esempio, so che esistono le sorelle Kardashian, sobrie signorine accollate che col sudore della fronte combattono per un quarto d'ora di celebrità da anni. E adesso sono aggiornato anche sullo stupefacente video ``Anaconda'' di Nicki Minaj. Pensavo di sapere tutto sulle curve dopo aver studiato la cicloide, soprannominata ``la bella Elena della geometria''. Ma devo ammettere che sono rimasto colpito da questa schiva signorina, ballerina per diletto, morigerata, flessuosa a dir poco e sempre attenta a usare un linguaggio appropriato (ad esempio, ``Oh my gosh, look at her butt'' è solo una delle perle, di gran lunga la meno esplicita, del periodare filosofico sui massimi sistemi che trovate nel testo…) Sono cose belle!
I giovani, un po' definiti un po' autoproclamati nativi digitali, stanno agganciati al cellulare per ore. Fioi, ma cosa fate con quel video, non vi pare di perdervi anche un pezz(ettin)o di mondo vero? Vedo che Facebook sta perdendo quota (ma resiste), Twitter non cagato nemmeno di striscio, va molto Whatsapp, snappachatta è in crescita. Ho visto che si mandano messaggi vocali al posto degli sms, mi hanno detto che fanno prima che digitare. Ho capito, guardando loro, perché senza una wifi sei fregato e mi sono detto che sono i consumatori di domani (che è già oggi a dir la verità) e che le major hanno fatto bene a investire continuamente in pubblicità online, servizi sempre diversi, app, trick-e-track vari che a me non sembrano ancora veri strumenti di produttività. Ma io sono io e, appunto, sono ``anziano''.
Ho imparato anche da Alessandro che l'app di Ryan Air con Passbook mi consente di non stampare più la carta d'imbarco. Questo è utile, uno smart phone al posto di web, stampante, foglio di carta, chapeau; li ho anche sentiti vigili e orientati, capaci di fare considerazioni e battute taglienti su noi grandi e sull'autorità. Gli auguro, fra qualche anno, di essere impermeabili alle boiate e alle pressioni e che, spiccando il volo, si gustino le cose che da due millenni ci rendono saggi, profondi e dispensatori di umanità. E se proprio volete, lasciate pure perdere l'anaconda: 36 anni fa Donatella Rettore, nata a Castelfranco Veneto (Casteo, fra amici), senza bisogno di mostrare né lato B né altre auliche frattaglie, cantava ``Kobra'', cercatelo su youtube e poi guardatevi le parole di cui vi lascio un esempio:
Il kobra non è un vampiroNicki, stai manza e mangia la nostra polvere, la classe non è acqua!
ma una lama un sospiro
che diventa un impero
quando vedo te
Mi restano negli occhi anche le immagini dell'Asclepeion di Kos, la patria d'Ippocrate che è il fondatore della medicina contemporanea. Le rovine del tempio-ospedale, costruito dopo la morte del maestro, sono potenti e ci siamo arrivati prima delle 9.00 quando non c'era anima viva, col pulmino Wolkswagen che ci ha accompagnato nell'ultimo giorno. È un posto pieno di fascino e bellezza, anche ambientale. Vi lascio il suono delle cicale che frinivano il 6 Agosto 2016.
Buona lettura. Ogni estate (se hai tempo e adrenalina) si porta qualche libro e, if we catch, sono anche di buona qualità. Ho letto ``Where you go is not who'll be'', una riflessione sul sistema universitario USA e sulla sua ossessione per i rankings e le ricette, quelle to-do-lists che dovrebbero portare al successo. Le considerazioni di Frank Bruni richiamano con forza l'esigenza di scovare le passioni che ti bruciano dentro prima di aderire ai canoni del buon soldatino-studente che finirà dove tutti si aspettano. Molte frasi sono state scariche elettriche anche perché fresco reduce dall'incontro con gli studenti di Harvard, bravi ragazzi per definizione, alla Ca' Foscari-Harvard Summer School. Credo che ci scriverò un post e con questa speranziella mi fermo qui.
Sono arrivato anche a metà di ``Io sono vivo, voi siete morti'' di Carrere. È la storia dello scrittore di fantascienza Philip Dick e ho trovato fin da subito interessante leggere due cose in una: Emmanuel Carrere, scrittore, scrive di Dick e non si capisce mai del tutto chi sta parlando di chi, in una sovrapposizione di piani vagamente destabilizzante. D'altra parte, questo Dick era un ben strano soggetto, parecchio fuori di testa, una sanguisuga affettiva, ai confini della malattia mentale, troppe pillole e chissà che altro, pessimista cosmico, claustrofobico… Ma perché leggi sta roba, non hai rogne che basta? Vedete, è una storia lunghetta. Intanto la biografia mi ha fatto ricordare che avevo letto nei miei roaring twenties ``Ma gli androidi sognano pecore elettriche?'', notevole, coi suoi legami col test di Turing. E poi Carrere sa come tessere le fila delle vite altrui, vedi Limonov, e la sua scrittura effervescente è in grado di riprenderti tutte le volte che le schifezze esistenziali di Dick stanno per tracimare. Mi sono pure fatto una cultura di ideos kosmos e koiné kosmos che ho trovato serendipitosamente adeguata ai luoghi.
Anche se non è un libro, ho riscoperto pure il backgammon, partite balneari e minitornei a gogo. È un gioco bello bello bello, che avevo praticato decenni fa e che miscela benissimo abilità e fortuna. Mi è parso una metafora della vita in cui giocarsi bene le proprie carte può non bastare senza quel pizzico di fortuna che discrimina spesso i successi dalla mediocrità o dai disastri. Nella vita come nel backgammon, l'importante è non fermarsi e giocare ancora.
Il precedente mi sembra un frasone perfettamente consono al mood para-antropologico di turista per caso di questo blog e magari è ora di darci un taglio. Auguro ai miei 4 lettori di fare viaggi simili, nel corpo e nella mente (si, dopo la Rettore ho avuto pure l'ardire di evocare il sempiterno Julio Iglesias…)
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