Sunday, May 19, 2019

Scarpa a Palermo

Il tassametro segna 61 euro e chiedo al tassista come mai, il prezzo per la corsa centro Treviso - Marco Polo dovrebbe essere 50. Il tassista si riprende e prova la sottile strada di distinguere fra corsa su strada normale e autostrada. Io so bene che ha pagato 2.60 di pedaggio e andiamo professionalmente sul 55, puta caso una via di mezzo fra 50 e 61. L'interazione coi tassisti tende ad essere sempre speziata, c'è poco da fare, è un caso in cui "sapere è potere" senza eccezioni (pur nella difficoltà di sapere tutto prima).

L'aereo Volotea arriva da Nantes e c'impigliamo in uno sciopero dei controllori francesi, alla fine saranno due ore e 20 di ritardo da Venezia. Io penso erroneamente 220 e mi vengono in mente i multipli di 11 che qualche critico ha trovato nel lavoro di Scarpa, quantunque finora non sia riuscito a capire che tipo di ragionamenti fanno, eppure di multipli me ne dovrei intendere.

Stiamo andando a Palermo, al SoleLuna Doc Rassegna Architettura a Palazzo Branciforte, occasione per mostrare il documentario di Riccardo De Cal "Nel cuore muto del divino" assieme ad altre due opere fra cui "L'anima segreta delle cose" su Tobia Scarpa. In volo ci raccontano pure che il comandante si chiama Bressan ed è di Padova e che una hostess è di Bassano, equipaggio e buoi dei paesi tuoi! Arriviamo ovviamente in mostruoso ritardo. Stavolta però saltiamo sul taxi sharing (uscendo dallo scalo sulla sinistra), furgone ducato con 8 persone a 7 euro l'uno, l'autista non scende mai sotto i 100 finché l'autostrada glielo consente, preciso ed efficace. Ci lascia di fronte alle Poste e ci indica pure quale strada prendere, il luogo della proiezione dista forse 150 metri. Entriamo alle 20.35, le due ore e 20 di ritardo si sono ridotte a 5 minuti e io mi chiedo perché il taxi sharing da noi non c'è e se sia destino che al sud spesso le cose s'aggiustino per il rotto della cuffia (negli altri casi si sbatte, normale!)

Fanno cenno a Lucia che sono arrivato e, anche se sono presente in via non ufficiale, menziona me e Ca' Foscari. Quando sarà la mia ora presento a braccio il flim, parlo per 5 minuti di un'opera che reputo appassionante e che conosco bene, spero di avere detto cose sensate e aver gettato ponti fra Venezia e Palermo, uno degli altri posti dove Scarpa ha lasciato tracce profonde e bellissime. In una sala confortevole e modernaq ci sono almeno 90 persone sulle poltrone rosse, vedono le immagini dell'aula Baratto e il modo in cui Scarpa sistemò questo luogo di grande bellezza nel 1936 e nel 1956. Applaudono, ma è serata tecnica e parte subito l'mp4 con l'intervista di Tobia, immaginazione e poesia strepitosa nelle sue parole.
Sala proiezioni di Palazzo Branciforte, 9 maggio 2019, "Sguardi di luce" 
A cena incontro Lucia, Clara e altre persone non lontane dai sessant'anni. Assaggio poco anche perché sono concentrato sulla conversazione (come dice il commissario Montalbano, non bisognerebbe parlare mentre si mangia, pazienza!). Le cordialissime persone che ho intorno non hanno nulla da dimostrare, vengono da famiglie importanti, spesso d'imprenditori di successo. Potrebbero "nascondersi" in una situazione di benessere economico e culturale e tenere un profilo bassissimo ma, invece, s'impegnano in attività culturali e pubbliche e apertamente legano i loro sforzi al tentativo di porre l'accento sui diritti umani, sulla necessità d'integrare gli stranieri e di essere inclusivi.
Il gelsomino è un fiore migrante – dice Lucia Gotti Venturato, fondatrice del Festival SoleLuna... In ogni Paese che lo ha accolto, il gelsomino ha portato e continua a portare bellezza e profumo. Così può essere anche per gli esseri umani se c’è un terreno culturale fertile. (source)
Li guardo ammirato da un coraggio che non sono obbligati a mostrare e mi chiedo perché rischino non so bene cosa in un'Italia in cui tira un'aria strana, impregnata di razzismo e sovranismo da quattro soldi di un governo a suo modo diviso e politicamente debolissimo, stretto fra le sparate nordiste di Salvini e il populismo naive e napulè di Di Maio.



Palazzo Steri e il suo scalone
il giorno successivo, dopo un passaggio di controllo alla pasticceria "Costa" ai 4 Canti - ci era stata descritta come una delle migliori di Palermo- visitiamo lo "Steri", sede del rettorato dell'Università di Palermo. Vediamo le prigioni dell'inquisizione, stanzoni dove gli spagnoli hanno torchiato infedeli, streghe, strambi, comunisti (ante litteram) e chiunque altro per qualsiasi motivi fosse comodo mettere alla berlina (oltre che in galera). La guida è una ragazza potente e formosa, capelli e occhiali corvini e perfetta proprietà di linguaggio, ci racconta storie terribili di abusi, torture e agonia, e anche del riscatto di fra' Martino Vela messa per iscritto da Leonardo Sciascia in ``Morte dell'inquisitore''. Vediamo anche i lavori di Carlo Scarpa, un'altra scala sontuosa, un ingresso inconfondibile (ora non più utilizzato) e grate-gelosie di ferro alle finestre.

Vucciria di Renato Guttuso. Il dipinto è ora in una piccola sala conferenza (ed ex cappella del palazzo, in attesa che terminino i restauri del salone.
Ci raggiunge Andrea che ci porta a mangiare a Porta Carbone pane e panelle (Cesira) e pani ca' meusa (noi due) lungo la cala. Grazie!


Nel pomeriggio andiamo a Palazzo Abatellis e rimango folgorato dalla bellezza dell'allestimento di Scarpa, che riesce a fare rifulgere le opere come gemme, guidando il visitatore e suggerendogli dettagli mirabili e scorci incredibili, come quello del Trionfo della Morte, incastonato in una nicchia che si può, quasi cinematograficamente, vedere sia dalla platea che dalla galleria.



Ci rechiamo a Palazzo Butera, cantiere aperto voluto e finanziato da Massimo Valsecchi. Sorvolo sul magnifico edificio e sulla salita al turrino da cui si gode una vista magnifica sul golfo e sulla città dato che mi preme tornare a sottolineare il ruolo di Valsecchi: (ex?) milanese, broker, collezionista d'arte, deciso a mostrare che Palermo merita di più e che il suo modello d'integrazione secolare (di arabi, normanni, spagnoli, francesi, siciliani) può funzionare in quest tempi bui. E non lo dico perché, romanticamente, immagino le sue motivazioni: non ci crederete ma a un certo punto ci viene a trovare assieme a Claudio e si ferma a lungo a discorrere con noi, "che veniamo da Ca' Foscari". Sono basito e grato del suo tempo, è persona che sta mettendoci del suo per provare a suo modo a cambiare il mondo, restaurando un palazzo a Palermo e mostrando una collezione d'arte moderna per arginare la barbarie di chi ci governa e l'asfissiante miseria di visione di chi ha il timone. Valsecchi è pacato, carismatico, nelle stesse maniche di camicia da lavoro in cui l'ho visto fotografato in un'articolo del Sole 24 ore che descrive quello che tenta di fare. Il sito di Palazzo Butera è chiaro:
Oggi le migrazioni rappresentano un fattore di crisi del progetto europeo e la Sicilia, con la sua storia millenaria, può costituire un rinnovato esempio di accoglienza e integrazione. In Sicilia, a Palermo, il quartiere della Kalsa porta i segni di questa stratificazione storica e culturale, che fa da sfondo alla rinascita di Palazzo Butera.

La serata si conclude in una cattedrale illuminata per la cerimonia in cui il vescovo abbraccia le nuove coppie che, a breve, si sposeranno, con tanto di inconsueto rinfresco a biscotti e aranciata nella navata di sinistra. Tornando verso Via Giacolone, nell'ottimo airb'n'b in centro suite, salita al campanile del monastero di S. Caterina (visita completata all'indomani per vedere in chiesa lo sfarfallio del barocco più pirotecnico e sovraccarico che io ricordi).



Sabato è dedicato al Palazzo dei Normanni, al microcosmo di bellezza che è la Cappella Palatina e a un altro museo bello bello, il Salinas. Non siamo in molti all'archelogico, dove si mostrano straordinarie collezioni che testimoniano quanto i greci avessero trovato in questa terra un'altra patria. Tutto è esposto con brio e cura e i cartellini mi ricordano sempre quanto i fondi della Comunità Europea ci abbiano aiutato a condividere le bellezze italiche col mondo. A costo di essere noioso, nuovamente penso alla vulgata sguaiata che vede nell'Europa la radice di tutti i mali e mi ripropongo di non cadere nelle trappole che ci vengono tese da chi sfrutta la pancia e gli slogan senza inserire un neurone che sia uno nei discorsi sbraitati nelle piazze e sui social.

A pranzo al Mercato del Capo, onduline aggraziate per coprire i lavori in corso e contatore volante in bella vista
Uno scorcio della Cappella Palatina
Il viaggio di ritorno di Ryanair merita di essere raccontato. Constato amaramente che ormai sono rigidissimi e non si porta nulla se non ha pagato il sovrapprezzo per la priority, il bagaglio registrato e tutto quel che ci va dietro. Per stavolta resiste il mito della cassata: "questa ce la lasciate portare, vero?" e non non ha il coraggio di dire di no. Pago i miei 20+20 euro per i due trolley, la cosa un po' mi ruga ma sono anche ben consapevole che avrei pagato 26 euro l'uno se avessi comprato lo spazio quando ho fatto il check-in online, tittamorticani!

La crisi di panico del passeggero seduto quasi a fianco di Cesira preannuncia rogne e, infatti, un minuto dopo le hostess danno la notizia che saremmo atterrati a Bologna perché le condizioni meteo a Treviso erano inadatte. Il giovane è bianco terreo, agitato, "ma stiaamoo cadeendo?" e così via. Non avevo mai visto un episodio del genere con qualche passeggero che prova a tranquillizzarlo e Cesira che gli accarezza la mano. Alla fine smette di pensare a come divincolarsi e si calma, poi tocchiamo terra a Bologna e le cose si pacificano anche se altri maschi alfa e giovani sono evidentemente (mi pare) troppo scossi e scalpitano ansiosi in attesa di sapere che cosa faremo. Le hostess quasi non fanno una piega, traducono le spiegazioni del comandante, stiamo aspettando notizie da Dublino, ci faranno sapere fra 10 minuti, ci faranno sapere fra 15 minuti, ci faranno sapere... e basta. Alle 11.00 TSF chiude e alle 11.30 ci dicono che partiranno i pullman per Treviso a mezzanotte e un quarto. Panino e banana al Carrefour dell'aeroporto e poi coda con qualche tensione per prendere l'autobus sul piazzale, quasi 200 persone obbligano a cercare vari mezzi e siamo tutti sbattuti e stufi, nella notte bolognese fredda e piovosa. Due ragazzoni in giubbotto catarifrangente arancio fanno da steward e hostess, lei è una montagna alta almeno un metro e 90, non perdono mai le staffe, provano a mettere ordine e lucidità, "caricate la valigie", "il prossimo pullman sta già arrivando" e così via. Stanno aiutando passeggeri stranded per il maltempo da ore, già 800 persone che dovevano atterrare a Milano che ha chiuso per la grandinata. Poi siamo arrivati noi. Partiamo alle 24.35, su un bel mezzo confortevole e via in autostrada. All'1.42 la simpaticissima Nicole, forse meno di 4 anni, si sveglia e in lacrime chiede di fare pipì, non ce la fa più. I pianti dei bambini sono sempre potenti, perché sembrano inconsolabili e giusti (e forse è proprio così, alto che le fisime di noi grandi). La sua dolcissima mamma siciliana non la lascia mai andare, le parla, non c'e scelta dato che il bus non si ferma e la convince alla fine a farla in corrispondenza della porta posteriore. Nicole, che usa vocaboli disponibili di norma a bambini gradi il doppio, è costretta ad accettare e fa quel che deve ("ma come", avrà pensato, "non mi avevate detto per anni che dovevo farla nel water?") e poi disperata deve ammettere di essersi anche bagnata. ti credo, avete provato a farla in corsa sulla porta posteriore del bus? Poi sfinita crolla e si riaddormenta, dopo aver conquistato il rispetto di tutti i passeggeri. Arriviamo alle 2 e 30, avevamo preso la corriera Prestia-Comandé alle 17.30 da Via Roma, non male come viaggio! I taxi al Canova non ci sono, la notte di Treviso non è quella di New York che non dorme mai, tutti fanno quel che possono e continuo a provare fino a quando il RadioTaxi mi risponde. Saliamo in macchina alle 3.00, ospitando un militare che portiamo a Viale Montegrappa. Arriviamo a casa alle 3.12, cassata in frigo alle 3.15: poverina, un po' di caldino se l'è preso pure lei ma è il nostro orgoglio e possiamo pur sempre dire missione compiuta!

Espositore della Pasticceria Costa, 4 Canti, Palermo.

Sunday, May 05, 2019

Cordova 2k19

Sono sull'AVE per Madrid, approfitto della fermata di Puertollano per tirare fuori il computer, da diversi giorni non tocco la tastiera che mi suona strana sotto le dita.

7 persone, da 77 a 14 anni, tre generazioni, nonna, zii, nipoti, 2 valigie in stiva, 7 trolley, 5 giorni, 340 km per Granada, 26 euro di benzina sulla Peugeot 3008, un viaggio diverso dal solito ma anche radicato nella nostra storia, nei nostri posti, fra gli amici di una vita che iniziamo a misurare a decenni. Arrivare a Cordova è un itinerario fatto di aeroporto di Venezia, Barajas T2, bus per il T4, cercanias, Atocha, AVE e, al final, raggiungiamo la meta che sono le 17.40 del 24 aprile. Valentina si è fatta il viaggio con la febbre, tachipirina distanziate con regolarità e oki, piena di freddo in vari passaggi. Ci mette un paio di giorni a riprendere colore e forza e a riaprire i suoi grandi occhi in quel suo modo fra il curioso e il placido.

Mentre Guillermo, Valentina e la nonna vanno in macchina con le valigie, il resto del gruppo s'incammina verso Porta d'Almodovar in un pomeriggio terso, freddino e ancora nuvoloso. Ci fermiamo al Bar Santos, il posto dove rintraccio nel mio mesozoico un ricordo miliare di mezquita, caña e tapa de tortilla. Due piatti di plastica, "è tipico mangiarla sugli scalini" e avanti con il rito d'iniziazione per Marco, Lorenzo e Anna.


Invadiamo la casa di Guillermo e prendiamo possesso dell'ex appartamento di Charo, la motosega umana che ha fatto tagliare la jacaranda prima di andarsene a Cadiz, lasciando Guillermo orfano di una pianta che è stata regina del patio di Rey Heredia e simbolo della comunidad che fu. Una delle riflessioni che faccio in questo viaggio nello spazio e nella memoria è relativa a quel pizzico di disincanto che leggo nel sogno infranto di creare un organismo al posto di un condominio. A distanza di vent'anni due delle cinque case sono affittate con Airbnb, Imma se n'è andata, Isidoro non ce lo ricordiamo più e sono arrivate famiglie nuove, non interessate all'esperimento di democrazia diretta e gestione condivisa degli acquisti e dell'impegno necessari per aver un patio di bellezza senza tempo e califal. Adesso le cose sono normali, arrivano turisti nelle due case a noleggio per 3-4 giorni a settimana, e il posto è tornato a quella forma di routine abitativa e normalizzazione di rapporti, "buongiorno e buonasera", senza la ricchezza e la fatica carsica di fare le cose troppo insieme. Me ne ricorderò la prossima volta che, trasfigurati, mi parlano di co-housing e dintorni.

Una simile sensazione (di vago disarmo?) me la trasmette Paco che arriva da Cadiz: ha l'eloquio spumeggiante di sempre e il suo inimitabile stile da salsa cubana ma ha sessanta anni e due gemelli, Lucia e Daniel cui regaliamo una maglietta di CF visto che fra poco andranno all'università. Mi racconta di essere diventato ispettore di commercio per la regione andalusa, capisco che ispeziona esercizi e negozi, che chiede di fare e disfare per rispettare norme varie, non mette tante multe, "solo quando non c'è altra scelta", mi dice di puntare sulle relazioni umane più che sulla forza che il suo ruolo gli conferirebbe. Non ne vuole più saper di hefe, è contento di avere la libertà di decidere come organizzarsi, ma questa aspirazione alla vita tranquilla contrasta, a me pare, con un passato a suo modo guevarista di animatore sociale, di anarco-socialismo che in questa terra e in questo gruppo di persone si sperava potesse cambiare il mondo.  E magari qualcosa è anche cambiato ma gli anni che gravano sulle spalle, qualche delusione e le multinazionali hanno forse obbligato tutti a un passo indietro, a cercare anche un buen retiro esistenziale, più intimo e meno battagliero.



Giovedì sveglia presto per essere in Mezquita alle 8.30, quando inizia la visita libera che dura un'ora, prima che entrino in azione i gruppi organizzati, le guide con l'ombrello, i biglietti e il circo Barnum di un monumento patrimonio dell'umanità. Entrare nel bosque di 1000 colonne è sempre emozionante, tal quale la prima volta. La sequenza di colonne apre delle fughe d'archi che sembrano lunghissime, il marrone e l'ocra dei mattoni risuonano di un ritmo che spinge alla riflessione. La parte più antica, quella più semplice e lineare, offre accoglienza e induce a una calma serenità. Mi chiedo, ancora una volta, come sia stato possibile fare una cosa del genere, chi abbia pensato, voluto, disegnato e organizzato un luogo dove si medita qualche Dio, si sta al fresco d'estate e si rinnova la sensazione che anche noi umani abbiamo dei riflessi di grandezza, dato che siamo in grado di creare cose del genere.


Quindici o venti anni fa, la moschea di mattina la vedevi quasi vuota, adesso ci sono inaspettatamente parecchi turisti, ma sono dispersi in questo spazio enorme. In ogni caso, è nulla rispetto all'orda che arriverà più tardi, coi bus, l'efficienza delle squadre di pensionati in visita, dando anche qui l'impressione che il turismo di massa sia indomabile e che tutto sia condannato a vivere, prima o poi, sotto assedio.

Colazione, rischiando di incazzarci un filo per colpa di un barista cui dà fastidio che si mangi un dolce comprato al panificio. Poi giro al museo archeologico per immaginare quello che deve essere stato un bel teatro romano e corsa in calle de S Basilio a vedere patios e balconi fioriti pronti per i concorsi della feria de Mayo. A pranzo ospitiamo Paco ed è un trionfo di spaghetti integrali al ragù, con doppio giro di generose porzioni, e la paloma di Pasqua.  La cosa a suo modo è diventata un topos se nella cartolina per ringraziare Guillermo i ragazzi faranno comparire anche la frase "nella pasta ci va il ragù e nel nostro cuore ci sei tu".



Nel pomeriggio visita al di là del Puente de Miraflores al C3A, il lunare e quasi brutale Centro de Creacion Contemporanea de Andalucia, rientro per il ponte romano sul Guadalquivir e tentativo, infruttuoso, di vedere l'Alcazar prima che chiuda alle 19.30. Restiamo in coda per 45 minuti, scherzando nonostante il fatto che il custode arrivi a dirci che non ce la faremo mai e sperando in un miracolo e che quelli prima di noi, dissuasi, si facciano da parte e ci liberino un'autostrada all'ultimo minuto. Ci abbiamo privato ma il realismo prevale sulla magia e restiamo fuori!

Venerdì io, Cesira e l'instancabile Luciana partiamo presto per rivedere quella calamita della moschea e facciamo colazione al Caballo Rojo ma è la giornata della mirabolante Granada. Con Marco recupero la macchina al Sixt della stazione degli autobus, nei pressi del RENFE che raggiungiamo dopo una bella passeggiata in una giornata di rara serenità e pulizia atmosferica, in cui tutto è acceso di luce, nitidezza e cielo cobalto. Rocio ci convince a prendere una Peugeout 3008 al posto della 308 (ma è abbastanza facile convincere Marco visto che si tratta di un SUV moderno e io ci metto un eccesso di cautela e mi prendo la kasko). Alla fine usciamo con questa specie di carro armato, bello da guidare finché si vuole, ma tale da tenermi in ansia per tutto il giorno visto che non sono un natural born driver, non ho le misure e via dicendo.





Ci mettiamo quasi due ore per raggiungere l'Alhambra "la rossa" fortezza Nazari e a un certo punto del viaggio capisco finalmente perché la sierra si chiama Nevada: un'astronave di neve si libra sulla creste delle montagne e si vede solo questo diadema di biancore dato che la luce impedisce di vedere il pendio in ombra che si confonde con l'orizzonte. Veramente non riesco a distogliere lo sguardo da questa meraviglia visibile a distanza di kilometri e simpatizzo con gli arabi che si sono innamorati di questa città e di questo paesaggio. Pranzo tapeato alla Crux di Granada a Pinos Puente e poi via verso l'Alcazaba e il Generalife. La visita è memorabile, vuoi perché siamo frizzanti naturalmente, vuoi per la giornata calda-fresca, la bellezza della luce e del clima, la primavera e lo spettacolo degli edifici. Ci godiamo viste bellissime sulla città e sui giardini di questa residenza estiva fiorita e curata nei dettagli, in cui si sentono gorgogli di fontane e si ammirano scorci di paurosa bellezza.




Verso sera Guillermo suggerisce al gruppo di andare a piedi al mirador del Carmen de la Victoria che sta proprio di fronte al Generalife, se si percorre un saliscendi che Luciana trova pesantuzzo. Nel frattempo io e lui scendiamo con le macchine, con l'idea di parcheggiare e/o di andare e a recuperare a tempo debito gli altri. alla fine gireremo come trottole più di un'ora: parcheggiare in centro è idea malsana, né io né lui abbiamo la destrezza necessaria per incastraci nei pochissimi buchi in divieto di sosta, fra paletti, panettoni, sensi unici, strombazzate... io poi sono alla guida di questa 3008 e non ci penso proprio a tentare manovre seduto in cima a un macchinon che scambierei 10 volte con una bicicletta! Guillermo ha pure la batteria del cellulare scarica per colpa delle molte foto che è inevitabile scattare all'Alhambra e, per comunicare, devo scendere finché il semaforo è rosso e dargli a voce sintetici ragguagli su dove sono Cesira e gli altri, per poi rimontare di corsa sulla macchina quando scatta il verde. Di sicuro gli altri guidatori avran pensato al terzo mondo! Alla fine recuperiamo i parenti stanchini alla fine Calle Elvira, dopo che dal mirador hanno percorso il Paseo del los Tristes e molto altro mentre noi abbiamo ricamato kilometri di strade urbane senza requie.



Esci da Granada, mangia di nuovo alla Crux, guida e via dicendo arriviamo a Cordoba alle due della madrugada e io voglio riportare la Peugeout per evitare la grana di lasciarla parcheggiata la notte e la levataccia l'indomani. fare il pieno nel cuore della notte non è semplice come potrebbe sembrare da noi e se pensate a self-service e carta di credito/bancomat... beh, siete fuori strada! Il primo distributore è chiuso, lungo giro per arrivare al secondo che è aperto ma non accetta carte. In più, il benzinaio non mi fa il pieno perché, mi spiegano, di notte non può lasciare lo sportello dove sta beato e protetto da vetri (antiproiettile?) quindi, devo prepagare l'importo, decidendo la somma in anticipo. provo a dirgli che voglio solo fare il pieno e che è una locura dovere indovinare quanti euro mi sono bevuto nel viaggio Cordova-Granada e ritorno. Nada, prepagato y ya sta! Ho guidato per ore, ma nel cuore della notte mi metto un tanto al chilo a indovinare quanti euro devo mettere. buttiamo là che saran serviti una quindicina di litri a 1.30 euro/l. mi sale l'adrenalina: metto 20 euro e rifornisco. la 3008 se li beve tutti ma non raggiungo il pieno, czzrla! M'indigna l'idea di prepagare benzina che non riesco a mettere in serbatoio. Vabbè, avanti per approssimazioni successive: altri 7 euro. Riprendo la pistola e riempio fino a 5 euro, poi si ferma ma io ne fracco dentro un altro. alla fine con 26 euro di benzina ho la macchina "piena piena" (come aveva chiesto Rocio) e vado alla Sixt contento di averci rimesso solo un euro su 27! Sono grato al custode notturno del parcheggio interrato che mi aiuta pazientemente a sistemare la bestiola in uno spazio millimetricamente sufficiente alla vettura, senza di lui non ce l'avrei fatta e a un certo punto mi viene pure in mente di strisciargliela. tanto ho la kasko!

In Spagna si dorme sempre poco e non solo perché fare il pieno è una cosa da rocket scientist: si pranza alle 15.00, la cena si stiracchia di conseguenza fino a tardi nonostante noi italici gli si dica che le 21.30 vanno bene. tanto poi si parte lo stesso alle 22.30 e si finisce a mezzanotte. Uno dice: "È fatta", adesso vado a dormire ma loro sono svegli come campanelli ed è l'ora del paseo! In effetti fuori c'è il mondo e gli unici a nanna sono i turisti. Anche questa volta siamo rientrati in Veneto in arretrato di sonno fatal e mentre i ragazzi hanno pisoccato varie volte, noi grandi siamo stati svegli oltre ogni limite per non fare la figura degli asociali. Io e Cesira abbiamo impiegato tre giorni per tornare a ritmi circadiani civili e riprenderci. Asì es la vida.



Gli highlights del sabato sono la salita alla torre-campanile del Patio del los Naranjos (e annessa messa alle 9.30 nella Cattedrale dentro la Mezquita). Poi tempo per il pranzo con paella per il compleanno di Guillermo nel patio, sono arrivati anche Imma, Elias e altri amici inclusi i sevigliani Jean-marie e Carmen che la scorsa estate mi hanno lasciato un pacco di tartas con aceite alla SIE!

Facciamo le valigie, il giorno dopo si parte, ma non resistiamo al paseo di mezzanotte che, per inciso, usiamo per festeggiare anche il cumple di Lorenzo, con pastel cordobes con cabello de angel. Struggente rivedere quegli angoli di Cordova sperduti nella memoria, ritrovare il Cristo del los Faroles a Plaza de Capuchinos e la lapide della casa natale di Manolete, torero entrato nella leggenda anche se l'ultimo toro gli è stato fatale.



Grazie a tutti voi: Valentina e la sua pazienza, Anna in punta di piedi, Cesira che è la sorgente del nostro innamoramento per Cordova, Luciana che si è allenata per essere una forza della natura anche in viaggio, Marco e il suo stile sanamente easy-going, Lorenzo che ha imparato a leggere una mappa cartacea e ha trovato il gusto per l'esplorazione.  Guillermo, come sempre, è un campione di ospitalità, entusiasmo, amicizia e generosità. Muchas gracias a todo el mundo!