incipit. in prima fila, a un metro da me, lo studente dorme saporitamente, con la testa appoggiata sulle braccia e le braccia appoggiate al banco, come un angioletto a riposo. continuo a parlare per un (bel) po', poi colgo l'occasione e visto che sta cambiando posizione, gli chiedo se va tutto bene, apre gli occhi, non mi è del tutto chiaro se dorme o fa finta, mi guarda con l'occhio vagamente liquido, insisto "dai che ce la puoi fare...", si aggiusta la posizione e si rimette a dormire, dico al resto della classe che anche se si è messo in posa, sotto sotto mi sta ascoltando. sono in una scuola superiore di Este, classe 5A, a fare orientamento PNRR parlando di ChatGPT, la presentazione si chiama "L'AI della porta accanto". è un venerdi pomeriggio, la professoressa di spagnolo che aveva la lezione delle 13.50 mi dice che è normale che in una classe di 30 circa 15 escano, "sono maggiorenni, possono fare quello che vogliono...", basta chiedere al docente di inserire l'uscita sull'app e sono fuori, verso la fine delle mie due ore scarse se ne vanno sia il bell'addormentato che un'altra studentessa. è un bagno d'umiltà, non riesco a tenere sveglio dei teenager un venerdì pomeriggio, anche se credo di parlare di cose interessanti e il mio ego è sufficientemente attrezzato per pensare che non sono di colpo diventato una capra incapace di fare didattica e in effetti, stimolo domande e diversi studenti interagiscono con continuità.
era da un po' di tempo che mi ronzava in testa un post sugli studenti, entità fisiche e metafisiche che popolano grande parte del mio mondo, in questo periodo ne vedo di tanti tipi: giovani nelle scuole superiori, pensionati all'università popolare, iscritti alla laurea in "economics and business" e anche al minor "volontario" di educazione finanziaria.
scuole superiori. come gli uomini, gli studenti sono bestie rare. sono stato al Da Vinci di Treviso, quelli del liceo sono generalmente inquadrati, buon eye-contact, più attenti e capaci di disciplinarsi per tenere il brusio al minimo. si vede l'enorme sforzo di tutti (docenti e studenti) per indirizzare anche il comportamenti, oltre che la mente, verso esiti consoni, sono vago ma non saprei né vorrei dirlo meglio. gli istituti tecnici sono più ruspanti, gli studenti più grunge, il personale un filo più disincantato e cinico, l'abbigliamento ha un tocco di casual-sdrucito che fa capire dove ti trovi, gli insegnanti oscillano fra esemplari di commovente bellezza interiore e figuri svaccati al limite dell'insolenza, avanzi di non so cosa anche se, evidentemente, hanno vinto un concorso. che quest'ultima cosa non provi nulla in sé, l'ho sempre detto.
questi studenti sono quelli che verranno da me fra qualche anno (o, forse, fra pochi mesi), alcuni mi incantano per luminosità, brillantezza e forza, altri mi fanno venire per un attimo il dubbio "ma che ci faccio qui?". ad alcuni è facile prevedere successi universitari, altri sembrano tati fuori età, foglie svolazzanti nel vento, resisto alla tentazione di essere cattivo profeta, pensando malmostoso che sarà la vita a raddrizzarli. provo invece a sognare grandi imprese anche per quelli deboli e so che, in fondo, sono quelli del tecnico che più dei liceali affolleranno le nostre aule. mi dico che è una bella sfida nonostante "fare metà del mio dovere" possa essere diventata filosofia di vita, non mi piace ma me ne devo fare una ragione.
università popolare. di recente sono stato a Castello di Godego e Caerano San Marco, trovando platee numerose e attente, spesso i presenti hanno un'età superiore alla mia (già, 57, se volete saperlo), coi neuroni vivaci e la domanda scattante, un piacere discuterci, guardano te e non sembrano sempre sull'orlo di cedere alla tentazione di sbirciare il cellulare come i loro colleghi delle superiori. a volte penso che se questo paese per vecchi si salverà lo deve a tutti quelli che a sessanta, settanta e più anni, sono vivi e mantengono cervello e azioni in movimento, perdendo tempo ad ascoltare cose nuove, provare a capire quello che succede e ad aiutare con attività di volontariato culturale e sociale chi è nelle peste.
università "propriamente detta". la disomogeneità regna sovrana, un'apoteosi! passo da studenti bravissimi a gente annebbiata per la totale mancanza di nozioni (cose che sanno), capacità di analisi (cose che sanno fare o discutere), solidità (come ti gestisci). cos'è l'ottimizzazione? "quando la funzione va su...", scusa ma..., "ah, si! anche quando la funzione va giù", sorriso indagatore che pare accennare a un "avrò detto bene?" ma, czzrla, gliel'ho fatto io il corso a questi? non mi aspetto che dicano una frase sensata, tipo "l'ottimizzazione è un processo per risolvere un problema che consiste nel trovare i punti (le condizioni) in cui una funzione quale ad esempio un costo o un profitto, sono massimizzati o minimizzati" ecc ecc e poi, a scelta, un'altra mezza dozzina di concetti, esempi, casi, metafore, applicazioni... ma se le cose a te sembrano essere solo un su e giù a me, invece, viene in mente un movimento rotatorio, mi girano proprio! un'altra minoranza è rivendicativa, sindacalista deteriore di sé stessa, ossessionata dal quarto di punto (che di suo già vale la miseria di un trentesimo...) ne escono "dialoghi" febbrili e surreali.
sono un matematico. eppure mi chiedo sempre che senso abbia questa asfissia da decimale per passare da 21 a 22 grazie al "bonus" o simili, quando ritengo in tutta onestà che uno studente dovrebbe preoccuparsi di tutto quello che poteva imparare senza averlo fatto. c'è una parte di me che s'indigna di fronte a questa contabilità minuta e fiscale come la finanza, a questo guardare il dito perdendo di vista la luna che avrebbe potuto brillare. poi mi dico che non è una cosa personale e me ne faccio una ragione.
nella stessa classe, tanto ovviamente quanto paradossalmente, ci sono anche comete iridescenti di curiosità, intelligenza e forza. gente che dopo un esempio prova a salire e salire e ti viene a raccontare idee migliori, più profonde, che collegano concetti e metodi come gli svincoli autostradali collegano scie in movimento verso direzioni diverse. anche a questi gliel'ho fatto io il corso! anzi, era lo stesso corso degli altri ed è proprio questo il mistero e la bellezza di questo mestiere: c'è gente che viene a chiedere cose complesse, che vuole capire, che è disposta a lavorare dieci volte quel che basterebbe perché ha voglia di vedere la luce o, forse, non gli basta mai!
questi studenti ti caricano le pile, hanno il potere di scolorire gli orrori della burocrazia pedagogica che così frequentemente entra a gamba tesa nel piacere di insegnare, sono acrobati a caccia di equilibri rari e personali e costruttori di mosaici cui basta dare le tessere giuste. mi vien da penare che, forse, contribuiranno a un mondo migliore e, dal foglietto della parrocchia di S Martino a Lughignano, traggo l'auspicio che forse è un dovere morale per un professore essere scriba sapiente che guarda al futuro e non al passato [di questi studenti] e riuscire a intingere la penna nella luce e non nelle ombre di queste creature, capaci inconfondibilmente di colpi d'ala inattesi e spettacolari.
ps 1. Lughignao è una bellissima pieve (quasi) in riva al Sile, non lontano da Treviso ma in comune di Casale sul Sile, un posto che risplende di una bellezza bucolica e rara. quando ci andiamo, in bicicletta, ci sentiamo sempre accolti e privilegiati di essere ospiti della pace della chiesetta, del cimitero con annesso giardino, dove giocano i ragazzini e trovi pure un rubinetto per bere. grazie per lasciare che tutti godano di un angolo di mondo che abbraccia ogni viandante.
ps 2. pochi giorni fa sono stato al funerale di Anna Comacchio, la mia professoressa di filosofia. dopo il liceo non ci siamo mai persi e ricordo i recenti gelati da Costa, le pizze, la tua ironia bonaria e lucida. onorato di aver amato Popper grazie a te e di aver fatto un pezzo di strada insieme. buon viaggio, Anna.