Sunday, August 31, 2025

TU Delft

Questo è un viaggio interessante, vuoi perché partecipo a una bella conferenza come la Social Simulation Conference (SSC 2025, https://ssc2025.tbm.tudelft.nl/), vuoi perché l'esperienza risuona della lettura del romanzo "La ragazza dall'orecchino di perla" di Tracy Chevalier. Fin da quando avevo Delft nel mirino mi ero riproposto di capire di più del posto in cui sarei andato. E, a dir il vero, a Delft ci ero già stato parecchi anni fa, numero di anni imprecisato, ma reputo una fortuna che quanto dimentico sia almeno pari a quel che trattengo o capisco e, forse, anche di più!

Inizio a leggere il romanzo della ragazza di perla il 2 agosto e lo finisco in una settimana, è un libro che vi raccomando, ben scritto, speziato di un erotismo cromatico e soft che era l'unico che poteva manifestarsi fra Johannes Vermeer, il pittore della luce, e Griet, "fantesca" protestante ancora minorenne a servizio nella casa in Oude Langendijk, nel quartiere cattolico dei "papisti". Imparo almeno due cose: nel secolo d'oro l'Olanda è stata sommersa da un flusso di ricchezza che là si è riversato per l'intensità di scambi commerciali che devono aver reso quasi globale il mondo (nel XVII secolo l'Olanda ne ha passato di cotte e di crude ma certi periodi portano anche frutto). La cosa mi ha sorpreso perché pensavo che i "commercianti" fossero i veneziani: sarà vero, ma nel '600 mentre la serenissima iniziò una inesorabile discesa che l'avrebbe accompagnata alla dissoluzione, questo era l'ombelico del mondo. Famiglie abbienti come quella di Vermeer avevano una dozzina di servi, servette e collaboratori, e lo splendore di Delft si vede ancora nelle strade, chiese e piazze che sono le stesse di 4 secoli fa (con l'eccezione di quanto è andato distrutto nella catastrofica e famosa esplosione di una santabarbara nel 1654). La seconda cosa che ho imparato è diversa: di che colore sono le nubi?

Bianche, ma c'è bisogno di chiederlo?

Dentro c'è anche un po' d'azzurro - aggiunsi dopo averle osservate per qualche minuto - E... di giallo. E c'è del verde, anche!
Mi entusiasmai a tal punto che le indicai col dito. le nuvole le avevo guardate in tutta la mia vita, ma in quel momento ebbi l'impressione di vederle per la prima volta (pag. 71)

È Griet che parla e lascio che parlino anche due nuvole che ho visto al Maurithuis questa mattina, ci arriveremo. Per tornare alle nuvole, da parecchio tempo quando vedo un tramonto imbizzarrito e fiammeggiante di colori fuori dall'ordinario, dico scherzando (che sono i colori di) Vermeer, pronunciandolo "Ferrmiier". Dev'essere il ricordo principale che mi è rimasto della prima visita da queste parti e, con le nuvole che ci sono qui e col vento perenne che le porta in giro, è naturale attribuirgli questa paternità sui nembi. Pensandoci, comunque, se lo dico vuol dire che questi tramonti ci sono anche da noi e, infatti, li avete visti anche voi in realtà e sulla tela i rossi, la pesca, l'olivastro, il canarin e il rosa dei cieli di Tiepolo?

Da una vista di Haarlem di Jacub Van Ruisdact (c. 1670-1675)

Da Jan van de Cappelle, "Seascape with ships" (1660). https://www.mauritshuis.nl/it/scopri-la-collezione/collezione/1155-seascape-with-ships

Mettendo assieme tutte queste tessere mi sono organizzato per perdere una sessione del convegno e andare a vedere dal vivo la ragazza dall'orecchino di perla. Anche se ci piace pensarlo, non si tratta di Griet sia perché la protagonista del libro è opera di fantasia, sia perché il quadro è un tronie, una specie di vignetta che rappresenta un tipo, una fantasia, un tema generico e, in questo caso, si tratta di una ragazza "alla turca", vestita all'orientale. Sorvolo sui motivi che hanno reso questo quadro un'icona dell'arte di tutti i tempi al punto da renderla una specie di Dutch Monna Lisa, perdetevi pure nella qualità dei suoi occhi e della sua bocca, oltre che della perla, guardando la riproduzione in alta definizione che trovate sul sito del Maurithuis o su wikipedia. Il libro impreziosisce il quadro e io vi mostro solo foto simboliche perché al museo ho visto altri quadri immortali come lezione di anatomia di Rembrandt, il cardellino di Fabritius e, sempre di Vermeer, la veduta di Delft (che a proposito del bianco delle nuvole, beh...) D'ora in poi quando fanno l'argomento che una cosa non è (solo) bianca o nera, che ci sono le sfumature e forse pensano al grigio, avrete munizioni per dire che in molti casi sensati, nella vita e nell'arte che la rappresenta e la sublima, c'è dentro di tutto e ci puoi quasi sempre cavare una tavolozza. In un certo senso mi dispiace perché resto affezionato al diritto di incazzarmi a morte e di battermi all'arma bianca sostenendo che la realtà è binaria quando mi fa comodo e quando un fatto o una persona mi sembrano candidi come colombe o neri come la pece (o il il nero d'avorio...)

La parte più bella della mattinata è stata in ogni caso il viaggio. Ho affittato una bicicletta olandesona, numero 2602, col manubrio alto, cambio a tre velocità, pesante come un cancello ma perfetta per solcare la pianura a velocità di crociera. Sono andato da Delft al Maurithuis di Den Haag quasi sempre lungo il Delftweg, un canale che offre scorci molto belli e accompagna il viandante lungo il percorso. Girare per l'Olanda in bicicletta è un'esperienza esaltante, specie in una bella mezza giornata di estate morbida a fine agosto. All'inizio ero un po' titubante per la paura di non essere disciplinato abbastanza ma, dopo un po', è arrivata quella confidenza nel sistema che fa sì che essere in sella sia meglio che stare in autostrada! Le piste ciclabili sono uno spettacolo: larghe, a due corsie, con semafori che regolano il traffico tipicamente a svantaggio delle auto che vengono bloccate non appena un ciclista preme il bottone di chiamata. Per farla breve, uno si gode aria, cielo, campagna e mulini in compagnia di una battaglione di altri ciclisti tutt'altro che assatanati che, come te, vanno da qualche parte.

Tornando alla base tento il colpaccio e mi dirigo a Rijswijk, che è praticamente di strada, che dovrebbe essere un luogo bucolico immortalato dai maestri olandesi nelle loro vedute. Mi attendo un paesino antico e pittoresco ma , quando ci arrivo i locali mi dicono convinti che la cosa migliore è un centro commerciale e che, se voglio mangiare un boccone in un bel posto, non c'è storia e mi conviene tornare a Delft cioè da dove sono venuto! Nello stato di grazia in cui sono i 4 km che mancano sono un'inezia e decido di andare a mangiare sul barcone di Huszar. È un posto charmant, prezzi molto ragionevoli, birre, drink e cibo di buona qualità. Dal menù scelgo un "combi", che consiste in un bicchiere di zuppa (io mi prendo corn soup) e un sandwich piccolo. A me pare un trionfo, riprendo la bici e mi dirigo verso la TU Delft. Realizzo che Huszar sta sul Zuidkolk, esattamente quello dipinto da Vermeer... 

L'originale at https://en.wikipedia.org/wiki/File:Vermeer-view-of-delft.jpg 
 
E poi mi vedo pure lo spettacolare pasaggio di tre barche sullo Schieweg, il largo canale che lambisce la città: il ponte su cui devo passare si chiude, ruota di 90 gradi allineandosi al flusso dell'acqua e bloccando 20-30 biciclette per parte. Nessuno fa una piega, tutti aspettando composti che le barche passino, poi il ponte si rimette al nostro servizio e tutti riprendono il percorso (il ponte è l'Abtswoudsebrug, cercatelo su google maps!) Arrivo in tempo per la sessione pomeridiana del convegno alle 13.30, edificio ECHO n 29, la mia escursione è finita e sono pronto a spararmi tre giorni di modelli ad agenti e social simulations.

TU Delft: pensavo, ingenuamente, che fosse una piccola università, per giunta tecnica e vagamente ingegneristica, in una piccola città grande anche meno di Treviso. Pensavo che UvA o Vrije ad Amsterdam la sovrastassero. Pensavo. Già, se ne pensano tante... e invece mi rendo conto solcando un campus mostruosamente grande e imponente che mi trovo in un ateneo con 3600 studenti di dottorato e 7000 ricercatori (per continuare a dare numeri forse imprecisi ma che danno nondimeno un'idea, Ca' Foscari avrà un trentesimo di quel numero di dottorandi e sì e no un decimo dei ricercatori, siamo dei microbi!). Il campus sfavilla di edifici moderni, spaziosi e quasi faraonici, acciaio e vetro, tutto molto dutch, aule grandissime, senza le classiche file di banchi, in cui gli studenti si sistemano su tavoli da 6 persone e possono lavorare in gruppi dall'inizio alla fine della lezione, anche se sono decine e decine. La cosa sarebbe impossibile in un'aula tradizionale, dato che gli studenti sarebbero allineati su una fila o dovrebbero slogarsi le cervicali continuamente per parlare con il mezzo gruppo di colleghi che staziona alle loro spalle. Menziono solo un altro paio di meraviglie: le aule hanno lastre di vetro bianche che si possono usare come lavagne lungo tutto il perimento, decine di metri lineari di lavagne, su cui si scrive facilmente e si cancella con un panno... infine, la biblioteca è una spettacolo, con vetrate enormi e muri di libri altri una decina di metri su cui ti puoi (e ti devi) arrampicare con delle scale per accedere ai volumi. Scatto qualche foto per Sara visto che, in fondo, visitare e imparare dall'organizzazione delle biblioteche altrui è una cosa che devo a lei!




Tre viste della biblioteca centrale di TU Delft: wow...

Delftanesiana: ho trovato sorprendente che spesso gli abitanti di Delft sapessero della loro citta meno di quello che sapevo io dopo la lettura di un romanzo. Non sembrano condividere la fascinazione per Vermeer e Griet, nessuno conosce il libro, i giovani hanno idee vaghe e confuse sul pittore e, secondo me, si confondono anche su alcuni episodi della loro storia (pur nell'intrico di lotte, regni, religioni che hanno attraversato i paesi bassi).

Ho trovato sorprendente che la cena sociale abbinata al congresso si tenesse nella Oude Kerke, la chiesa vecchia, sia perché per me è inconsueto vedere tavoli per 200 persone e catering all'opera nella navata di una chiesa in cui celebrano le funzioni in altri momenti, sia perché a pochi passi da noi c'era, lupus in fabula?, la tomba di Vermeer! Ora, va bene tutto, ma avrei qualcosa da ridire sul come è "gestita" spazialmente la sua sepoltura, coi banchi troppo a ridosso e un mazzo di fiori finti. Non è una genialata  nemmeno dimenticarsi secchio, spazzettone e altro a pochi centimetri dalla lapide. La prossima volta fate uno sforzino!

 
L'ultimo giorno ci sono plenaria, una sola sessione e cerimonia finale con tanto di concerto della Krashna Musika, l'orchestra studentesca dell'università. Ci dicono pure che la SCS 2026 si terrà a Durham (UK), vedremo il da farsi! Poi ci danno il pranzo al sacco e sono saluti e baci. Ho qualche ora da spendere prima di volare da Amsterdam verso casa, io e Linda decidiamo di andare a vedere la Nuewe Kerke e di salire sulla torre campanaria che offre viste mozzafiato sull'abitato di Delft. 750 scalini su una scala a chiocciola molto stretta, ci prendiamo pure uno scroscio di pioggia (in realtà, ci bagniamo perché grondaie e doccioni perdono e spruzzano i turisti che ci devono per forza passare vicino. Ma poco cambia e sempre acqua è!). Visitando la chiesa sottostante capiamo molto meglio i motivi che legano la casa reale d'Olanda a questa chiesa, la cui cripta raccoglie le salme dei reali che sono qui tumulati nei funerali di stato.

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  • IBIS Styles Delft City center, promosso a pieni voti, letteralmente in piazza della stazione ferroviaria, comodo per il centro e per TU Delft, caffè e infusi gratis e a volontà day and night, colazione buona (ma forse un po' basic). Se ci riesco ci torno ;-)
  • Kek: locale dove con Linda prendo l'ultimo caffè prima di partire per Schipol, indipendentemente suggerito da due locali, espresso ok ma voi dovreste accompagnarlo con fetta di torta, chiude alle 17.00.

 
  • Huszar: imperdibile, anche per i motivi menzionati prima!
  • Sevenhills: ristorante in centro, migliore di Moodz che è sopravvalutato, cena su barcone con bistecca alle 19.00 del primo giorno e prime chiacchiere con studentessa delle superiori cui lascio la mancia e mi consiglia Kek (ticked!) e Tazz (la prossima volta!)

Dutch Dawn mug
 

  • Royal Delft 1653: io credevo fosse un museo ma mi dicono che è l'unica fabbrica di porcellane rimasta in città. Mi porto a casa una mug della linea "moderna" Dutch Dawn, un pezzo del celeberrimo "blu di Delft" anche per Cesira (la tecnica è transfer ma gli oggetti dipinti a mano richiedono una carta di credito a parte...  work in progress. Se volete curiosare questo è il link).

Bye bye Delft (prima dell'alba, mentre in piazza stavano allestendo le bancarelle del mercato)

 

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