Sunday, August 23, 2015

Pandelleria

Arrivo. Chiedo al finanziere con la massima cortesia possibile se si può vedere l'hangar di Nervi. Mi dice di no, "grazie", silenzio, ridico "grazie", mi attendo un "prego", silenzio di nuovo.

Alfredo arriva con più di mezz'ora di ritardo a prenderci, aveva capito che arrivavamo via nave (da Treviso in effetti non è semplice...). Dobbiamo attendere un'oretta prima che ci diano il dammuso alle 9.30, gli domando di portarci a fare colazione "Da Katia", pasticceria numero uno su tripadvisor. Ci porta "Da  Giovanni", subito penso che è un ben strano tipo ma nel tempo questo microscopico bar in Piazza Cavour, a fianco del municipio, si dimostrerà una delle pietre angolari del nostro soggiorno pantesco. Una meraviglia di baci, brioches, cornetti, cannoli "riempiti" sempre al volo da signore toste che ormai ci sorridono, tante sono le volte in cui abbiamo fatto tappa là.

Bouganville, vento, sole, strade strette che non ci passano due macchine e in certi casi anche una fatica a destreggiarsi fra muretti di solidi mattoni di pietra lavica. Facciamo un detour a vedere il Lago di Venere, infangarsi qui sembra un obbligo cui io e Cesira ci sottraiamo senza gran rimpianti.

Dammuso. Ci accolgie Leo(nardo), architetto bresciano a Pantelleria da molti anni, con cacioeta d'ordinanza, ci fa vedere le stanze di questa casa rustica, con la biancheria d'epoca un po' ingiallita e il pavimento di mattonelle grezze. Subito qualche dubbio ci viene, più che altro pensando al prezzo dell'affitto per una settimana e alla sua maglietta "fruit of the loom" alquanto sdrucita (con coerenza inflessibile, porterà questa o una identica tutte le volte che lo abbiamo visto). Poi ci abituiamo: è un bel dammuso, forse bellissimo, coi fiori e la piscina, una vista a ovest che spazia su un mare rapitore. Tira il solito bel vento, maestrale in certi giorni e scirocco in altri, che aiuta a resistere sotto un sole gagliardo. Siamo non lontani dall'aeroporto e vediamo passare, tavolta in atterraggio talaltra in decollo a seconda del vento, 4-5 apparecchi al giorno.


Panda. La viabilità in quest'isola è quel che è, non attendetevi 4 corsie e nemmeno 2 a dir la verità. Quindi, in Panda veritas. Non so perché le Pande vadano per la maggiore, a rigore potrebbero bastare anche anche auto piccole. Che ne so? Le 500, le Nissan, qualche Corsa o Renault o Punto di piccolo calibro. Ma non c'è storia: a parte eccezioni, Pande a non finire. Le usano i locali, modelli vecchi spigolosi e nuovi più tondeggianti; le danno a noi turisti, spesso di un gialletto che ben s'intona col colore di secco e l'ocra delle case; passano ovunque, si insinuano nei piccoli allargamenti stradali che servono per dare via a chi viene nella direzione opposta. Mi fanno ricordare, con qualche ben più che ventennale fierezza, la mia Panda rossa, prima autovettura su cui ho messo le amni da neopatentato.

Back to basics. L'idea in fondo me la da il ristorante "Al Tramonto" di Scauri, secondo centro abitato dell'isola con le sue 8 case, chiesa e farmacia. Mi servono una fetta di pane coi capperi. "Pane coi capperi"? Mi scatta la molla della semplicità alimentare estrema, cosa tutt'altro che sconosciuta anche in Veneto. E vai con pane e capperi, con qualche insalatiera ricolma di pomodori rossi rossi da sembrare troppo maturi ma in realtà duri e gustosi. Mi dicono che crescono senz'acqua, ci aggiungo qualche fetta di melanzana locale scottata in padella. A un certo punto scopro pure il frutto del cappero, una specie di grande cappero evoluto e succulento, sempre pane a volontà. Sarà semplice finchè vi pare ma questa è bella vita, culinariamente parlando. Sarà semplice ma mi ricordo mentre addento che ingredienti buoni rendono quasi superfluo l'atto del cucinare. Leo ci aveva dato, come segno d'accoglienza, un vassoio di pomodori, patate e zucchine pantesche: roba buona e molto molto gradita.

Back to basics sembra anche un modo per riassumere quest'isola vulcanicamente potente e arabeggiante: vento, sole, mare, capperi, luce f22. Tutto è forte, senza mezzi toni, il resto è spazzato via. Mi pare una buona metafora di molto altro e vi risparmio i dettagli.

Varie. Col vino ci è andata male, in un certo senso. A parte la bottiglia presa al ristorante, zibibbo secco Basile di ottima qualità, gli altri due acquisti della MInardi sanno nettamente di tappo. Una volta può capitare. Due no, ti e i to morti cani!

Il terreno è ricoperto di sbusottini, nomignolo affibiato a dei semi aguzzi con pungiglioni, sparsi a centinaia da un'infestante che pavimenta vaste zone del giardino. Camminare scalzo è una cosa da fachiri e antitetanica. Siete avvisati, questi cosetti rischiano perfino di bucare le havaianas, una suola di gomma è una polizza (Valpiave!) sulla vita.


Non è l'unica cosa tagliente dell'isola. Senza nemmeno scivolare Cesira si apre per buoni 20 cm lo stinco su una pietra a Gadir. Non le fa nemmeno tanto male ma è una ferita visivamente da paura e andiamo in pronto soccorso a Pantelleria. Qualche punto, qualche graffettina e il bendaggio mettono tutto a posto (ma niente bagni da quel momento in poi, senza per altro che fosse semplice andare a mare qui, tutti scogli e nessuna spiaggia). L'ospedale mi fa simpatia: aria lievemente condizionata, una signora in camice sta pulendo le finestre, tutto brilla e odora di spic e span, w la sanità pubblica!

Libri. Mai avrei pensato di trovare "Se questo è un uomo" di Primo Levi un libro quasi ironico. Spero di non suonare offensivo ma al di là di ciò che racconta ci sono una visione tersa e un rigore scientifico in quel che dice che mi hanno lasciato dentro una geometrica limpidezza di spirito.  Ci sono perfino parti in cui spiega con chiarezza abbagliante l'economia del lager, come se fosse una cosa normale. Mi spingo a citare qualche frase.
  • Il buio echeggiò di ordini stranieri, e di quei barbarici latrati dei tedeschi quando comandano, che sembrano dar vento a una rabbia vecchia di secoli; 
  • Con l'assurda precisione a cui avremo più tardi dovuto abituarci, i tedeschi fecero l'appello; 
  • Nessuno può vantarsi di comprendere i tedeschi. 
Slegate dal contesto sembrano riflessioni sulla crisi economica europea e sulla traballante politica della grande Germania... Ho anche letto "Stoner" di John Williams (grazie Anna!), è un bel libro, intenso e screziato: a pagina 225 leggo che "L'amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un'altra".

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