In realtà andiamo a S. Bonifacio, sconfinando in provincia di Verona, percorrendo quasi 15 km di strade di campagna strette e dritte, frenando ogni volta che s'incrocia un'altra vettura, in una nebbia padana bagnata e minacciosa, ma comunque non ancora densa da taiar col corteo e da farti maledire il viaggio. S. Bonifacio, pare impossibile, mi dice qualcosa: è o era la sede di una squadra di basket che si scontrava col Pedrini Basket a Castelfranco negli anni eroici in cui il palazzetto traboccava di passione. Arriviamo al "Caffé da Poci", locanda vecchio stampo in casa anni '60, (potete anche vedere la "strit viu").
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Il titolare mi dice un "Buonaseera" che mi suona esoticamente vicentino con quella "e" aperta e lunga. L'arredamento è semplice, fòrmica e cabina telefonica con gli elenchi ancora in bella vista: avrei dovuto controllare se era ancora possibile in quest'era di smartphone, wifi e bluetooth chiedere al propietario dietro al bancone: "mi dà la linea, per favore?". Un corridoio con molti attaccapanni a muro ci porta nella sala, che ricorda quella del Miravalle di Stabie in comune di Lentiai, altro posto che di nord se n'intende. So che il paragone potrebbe non dirvi molto ma, primo, il blog lo scrivo anche per me e, secondo, fate uno sforzino e immaginatevi una trattoria all'antica, tovaglie bianche, tavoli dritti e sedie come quelle delle cucine di una volta, quadri e stampe alle pareti, lampadari senza fronzoli che ora montano luci bianche a basso consumo. Non ho grande materiale fotografico da mostrarvi ma vi squaderno quello che ho fatto con il mio cellulare, più che altro un cimelio, scattando qualche foto a bassa definizione (non è che avessi scelta, 2 megapixel e amen).
La cena ha inizio, annaffiata da Bonarda Zonin portata da Angelo e dal vino della casa, un cabernet (molto) franc sfuso. Non c'è storia, la Bonarda è meglio e tutta la famiglia "Poci" inizia a servire ai 30 presenti il riso coe verze. O siete inappetenti o sull'impervia via dell'anoressia oppure dovreste avere l'aquilina in bocca! La minestra è ottima e poi arrivano i secchi di plastica. Cosa, direte voi? Si, un secchio è collocato per terra fra ogni due persone. Ha la funzione di consentirti di mangiarti gli ossi senza gran formalità: attacchi un osso alla caccia della carne rimasta quà e là, facilitato dalla sapiente bollitura di ore. Molti, finemente, continuano ad usare forchetta e coltello. Io resisto per il primo osso, vacillo sul secondo e dopo un "ma va in mona" mentale passo alle mani! Qualsiasi sia il metodo usato, prima mangi e poi getti l'osso spolpato nel secchio per lasciare lo spazio al resto sul piatto. Una meraviglia di efficacia e di sapori. Il carrello coi coi contorni e il cren passa a ripetizione, arrivano vari vassoi di ossi (l'avete vista l'allitterazione, no?), rosicchio felice e butto nel secchio, toc! Alla fine passano anche con una fetta di musetto e, chi mi conosce lo sa, non ci sono storie e ne chiedo due.
Ecco, forse non c'è bisogno d'altro, la carne è debole and the post is over. Vi auguro di passarci, mi hanno detto che se ordinate prima per una decina di persone vi preparano gli ossi (in effetti, non si può bollire ossi per tre ore a la carte...). "Poci" è in Via S. Sebastiano, 51, Cologna veneta Verona, Italy +39 0442 85006. Pubblicità progresso: io ho bevuto il secondo e ultimo mezzo bicchiere di Bonarda alle 21.30, sapevo di dover guidare, czzrla! Prima di partire alle 22.30 per tornare a casa mi sono anche bevuto due espressi per poter solcare bello sveglio la pianura padana. Non ho più l'età e mi sono anche fatto il resto della notte in bianco... ma ne valeva la pena!
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