Mi vien voglia di non parlarne più di questo covid derubricandolo, in attesa del tampone di controllo, a occasione per scrivere qualche post che forse avrei messo nel diario, quella specie di caotico file .rmd con link, storie, invettive impubblicabili, numeri, idee e quintali di errori di battitura...
Ma serve disciplina: partiamo quindi con l'angolo dell'ipocondriaco: ho passato una nottata più complicata del solito, con mal di testa montante e faccia avvampata, come se avessi un lieve influenza (in effetti ce la potrei ben avere...) Tutto si è dissolto completamente nel corso della mattinata in cui mi sono preso solo un fluimucil e la mia fida aspirina C. anche Cesira sta bene, magari non si autodefinisce "smagliante" ma non ha sintomi evidenti.
Il 28 novembre ricorre l'anniversario della morte di Carlo Scarpa e il grande team di CaFoscari Tour ha messo in onda una intervista bella bella bella a Guido Pietropoli. è un piacere sentirlo raccontare l'opera del professore con acume e umanità e per di più mi ammalia sempre il suo modo di parlare del mondo in generale, ad ampie volute, quella serenità di visione, quel rintracciare i legami con la tradizione per capire chi siamo e da dove veniamo (paleocristiani, bizantini, Jugendstil e razionalismo, matrimoni "ben condotti"...) Grazie Guido e buone nozze d'oro con Violetta! Pensa che mi sono letto perfino L'invitation au voyage di Baudelaire, autore che da giovane mi faceva venire quasi l'orticaria tanto mi risultava incomprensibile quella patina di decadenza disperata che trasuda dai Fiori del Male.
Cesira lavora in una postazione allestita in camera da letto, reclusa e lontana, fiera della sua stampante, è operativa quasi come in situazioni normali. In effetti, questa cattività germofobica spinge a stare al pc per ore (benedetti i 100 Gb!) e lavoriamo senza risparmio sia per passare il tempo sia come forma di "piccola" resistenza morale al virus: non ci hai cambiato e infatti non abbiamo spostato uno che sia uno fra impegni e appuntamenti.
Sara ci lascia fuori dalla porta un pacco di pasta integrale decorticata Sgambaro (non plus ultra!) e un ragù di verdure. comincio ad avere l'incentivo perverso di dire a tutti che siamo positivi fino ad aprile! Guardo la storia della Banda Gotti con John Travolta su Rai 4 fin quasi alla fine, misuro la temperatura (36.8), a nanna!
Bollettino del giorno 5: ho 28384.36 MByte di traffico residuo, mi sveglio alle 6.00 con 18.8 C dentro e 0 C fuori, apro le finestre, arieggio, guardo Sirio a sud-est (è luminossissima all'alba, credo sia lei ma non sono un esperto e potrei anche dire una fesseria). Noi stiamo bene, con la sensazione di essere un po' sul filo, in attesa sospesa di avvertire sintomi più intensi che per ora non ci sono. La fatica è stare sempre in quadranti di casa diversi.
Suona il campanello, "una raccomandata da firmare", scendo in mascherina che è indossata anche dal postino, firmo mantenendomi a distanza, mi immagino che sia una qualche comunicazione dei servizi di prevenzione. Poi vedo "verbale di violazione del codice della strada", è una multa! Ma come? Guido ogni morte di papa... E Infatti, capisco che in una di quelle volte ho superato il limite di 2 km/h, sulla Romea, in comune di Mira, quando il limte era 70. posso pagare 60 euro e mi fanno lo sconto se lo faccio presto. (a dir la verità andavo a 77 ma mi hanno dedotto 5 km/h di tolleranza, resta un misero 2 Km/h). Realizzo che stavo andano a Campagna Lupia a fare una serata di educazione finanziaria. Per qualche motivo non m'incavolo nemmeno e, anzi, trovo il lato divertente di questa precisissima infrazione, 2 km/h, wow, una cosa da Tom Slick... Sorrido anche sul fatto che dico sempre che l'educazione finanziaria fa bene: sì, basta andare a piedi o coi mezzi! È anche il giorno dell'intervista a Radio Ca' Foscari in cui provo a parlare d'incertezza e articoli sul Sole 24 Ore. Tutto ok, se non fosse che dimentico lo streaming acceso e sento in cuffia tutto ripetuto con qualch secondo di ritardo, una specie di suk sonoro in cui fatico a tenere il filo e mi tocca concentrarmi per distingure la voce in diretta da quella che arriva ritardata qualche secondo dopo. Un bell'esercizio di sdoppiamento audio-mentale in diretta.
Veniamo a sapere che anche Luciana e Lorenzo sono positivi, cerchiamo di capire senza riuscirci chi ha infettato chi e quando, boh... Anche loro con sintomi minimi o assenti e anche loro ormai da giorni applicano spaziature feroci e rigore estremo.
Sara ci commuove quando ci manda un messaggio e ci dice di andare alla porta, troviamo due centrifughe e le brioches, "Ho pensato che le vitamine vi fanno bene". Ma fa anche meglio sentirsi coccolati e presi in carico dai vicini!
Vado a dormire, 37 di temperatura e qualche brivido di freddo. mi conficco sotto la mia coperta doppia sul divano. Alè!
Scendo dal divano, 19.2 C in casa e -1 C all'esterno, mi domando perché do i numeri ogni mattina... senza facili ironie, credo sia un modo per ancorarsi alla realtà e smussare la volatilità del mondo e delle sue interpretazioni sempre fluttuanti. E allora, visto che ci sono, oggi mi restano 35980.69 MByte di traffico, constato che consumo più del solito ma ne ho a sufficienza per arrivare a fine novembre.
La giornata è allietata, e non scherzo, dalla telefonata alle 11.45 del dipartimento di prevenzione dell'AULSS 2 di Treviso. un simpatico operatore, SM, prende atto del tampone positivo di Cesira, raccoglie i dati, appronta i contact tracing (siamo 3 gatti già auto-isolati da giovedì scorso). È una cosa bella, che prova che protocolli e organizzazione possono aiutare a limitare i danni, arginare una pandemia richiede anche tanto lavoro amministrativo e la fatica di stare al telefono per ore coi positivi, contatti, familiari... prova anche che non tutte le strutture stanno affogando. i giornali, ad esempio riferendosi alla Lombardia, da settimane riportano che il "contact tracing" è saltato e anche di recente ho sentito racconti di prima mano del disfacimento della capacità degli ospedali friulani di prendere in carico le persone in tempi umani (e, fatenelo dire, non è una cosa che ti aspetti dal Friuli!).
SM ci dice, quasi con empatia, di stare separati, di tenere la mascherina, di non dormire insieme, di mangiare distanziati. poi aggiunge che "manca poco, dai!, sono solo 5 giorni" alludendo al fatto che se riusltiamo negativi al tampone del 30 novembre dal primo di dicembre siamo liberi.
stiamo "bene", qualche mal di testa (ma magari ci veniva anche prima!), Cesira a tratti ha umore atrabiliare e ha definito "captivity" questo periodo rispondendo ad amici svedesi che hanno scoperto la notizia della "nostra" positività sui social . sorrido nuovamente guardando ai tortuosi percorsi di vicinanza e ai legami che la rete ti consente di mantenere vivi. Maria con google translate ha saputo di noi e ci ha scritto da Stoccolma, wow e tack! Ci sono sicuramente montagne di spazzatura online, cose certamente criminali e tentativi aggravati e continuati di inquinare con fake news il dibattito e vellicare i peggiori istinti (cose alla Trump, per intenderci). Eppure, mi scalda tanto il cuore vedere come la rete offra anche sprazzi di amicizia variopinta e avvolgente (nonostante gli errori comici del traduttore di fronte alla blog-lingua che campeggia in questi post)!
Giornata che fila via quasi normale, forse ci si abitua a tutto, divano compreso. Sveglia alle 6.00, temperatura 18.9 C dentro e -1 C fuori, solita routine di preparazione per yoga breve dalle 7.00 alle 7.30 (ma finiamo sempre dopo). Colazione e poi via con un po' di lavoro e email, tante e senza sconti nonostante la quarantena.
La cosa veramente bella è l'onda di affetto che mi arriva dagli amici che hanno visto blog e social. Il primo messaggio è di JLuke, mi scrive sul messanger che l'hanno preso tutti in famiglia e che lui, il vecio, lo ha patito parecchio ed è ancora in attesa di uscirne per bene. È un fiume di amici, Monica, Francesca, Roberto, Susi per citarni alcuni e in qualche caso è una corrente carsica che riemerge dopo mesi sotterranei in cui non ci siamo sentiti. Ma è sempre così, ci sono persone che ti raggiungono quando serve e ovviamente non conta se quando non serviva non c'erano. Grazie!
C'è poco da aggiungere sul fronte medico-scientifico: tengo la mascherina che tende a farmi diventare le labbra tumide quando me la tolgo, mi monitoro con attenzione olfatto e gusto, tutto bene, prendiamo due aspirinie con vitamina C al giorno tanto per dire che prendiamo qualcosa, asciugamani separati, arieggio quando posso e alle 6.00 di mattina il ricambio d'aria frizzante che entra dall'esterno si sente bello dritto, se non fosse comico direi che rischio di prendermi un'influenza!
Mi sento fortunato, altri hanno patito le pene dell'inferno, ma per ora tutto fin troppo facile. e non essendo scarmantico non ho problemi a dirlo e, se le cose cambieranno, non sarà stato di certo perché ho sfidato la sorte con un rigo su un post.
Forse c'è un'altra cosa rilevante, almeno per uno come me: aiuto Lorenzo, che è in quinta liceo, con lo studio di funzione e ci spariamo un "traccia il grafico di $$f(x)=|3^{|x-1|}-3|."$$Su Gmeet, fra i soliti "mi senti?", "vedi quello che scrivo?" ci mettiamo quasi un'ora, sono pur sempre moduli nidificati, è una rogna se non usi scorciatoie da geek affinate in decenni, tre punti angolosi, una simetria "spostata"... 5 pagine di pdf dopo riemergiamo con un po' di soddisfazione e vien fuori comunque un grafico che somiglia a quello che fa WolframAlpha.
Penso che certamente la maggior parte dei miei studenti del primo anno farebbe una fatica boia a disegnare quest'andamento dopo il corso base di Matematica e sono sempre sorpreso di quante perle intellettuali uno metta in bisaccia in un buon liceo... Alla prossima.
La temperatura è scesa fino a 18.8 durante la notte, mi sveglio alle 6.00, come di norma, dopo aver dormito in salotto, piccola dose di frutta e yougurt e un the verde prima di yoga dalle 7.00 alle 8.00, io con mascherina sul mio tappettino.
Penso (ma era considerazione già fatta in passato) che la mascherina ti obbliga a un uggiai potenziato e sanitario che ti fa apprezzare i piccoli grandi movimenti del respiro, se non lo capisci con la pratica lo senti col lembo ti tessuto che comprime inspiro e espiro e li rallenta quel tanto che basta, anche appannandoti gli occhiali, per darti grande consapevolezza. Cristina ci tiene, come sempre, su un bel binario per un'ora che pare sempre volare. Colazione. Riunione per un esoterico tentativo di PRIN con Emanuela e Stefania.
Poi schizzo a Riese, sul filo dell'evasione dalla auto-quarantena che ancora per poco non è obbligatoria, per prendere stampante, fascicoli e raccoglitori per Cesira, un saluto distante, veloce e giardingo a Luciana, un "ciao" detto con la porta della camera chiusa a Lorenzo. Poi via verso il centro di medicina di Villorba, dove ho prenotato il rapido alle 12.50, nell'ultimo tratto mi faccio aiutare dal navigatore di google maps che ti fa sempre fare stradelle attorcigliate come bigoli in salsa in una campagna accecata da un sole invernale tanto basso quanto potente.
Provo a pagare con un biglietto da 50 euro ma l'infermiera mi ricorda che non li scarico se non uso i mezzi di pagamento elettronici, ok bancomat. una signora stagna e professionale mi conficca parecchio in fondo il cotton-fioc in una narice, ancora mi sgrendono le fibrille e poi mi dice "fra un quarto d'ora so il risultato, esca e se è positivo le telefono subito. sennò si scarica il referto domani''. Come? Le chiedo se devo "bagolare" nei paraggi all'esterno per 15 minuti? Categorica: "si". sono le 13.00 e devo passare il tempo in un altro parcheggio (come ieri al tramonto, bella coincidenza di questi covid days). con andamento peripatetico mi guardo la vetrina della Sparkasse, IperCeramica e Wall Street English, poi vedo che c'è la sede della Pinarello, la Harley Davidson della bicicletta nostrana. ma dev'essere una sede operativa / organizzativa dato che di bici da 10000-12000 euro nemmeno l'ombra, proseguo e vedo un "doctor glass" che ripara i parabrezza delle macchine e un sushi restaurant figo da cui esce uno della mia età con fagotto take away. mi sono allontanto di 200 metri, bordeggiando questo complesso stracolmo di attività commerciali che trasuda nord-est a lato di Viale della Repubblica, sono le 13.11 e stimo che se torno lento solitario y final alla 500 saprò se sono positivo o meno. lemme lemme arrivo, apro premendo il pulsante sulla chiave, salgo in macchina, sono le 13.16, non ci credo troppo e mi avvio verso casa telefonando per dire di buttare la pasta. ma la telefonata, quella che ti dice in anteprima che sei positivo, non arriva. sono nel ramo else della tipa dei prelievi: se ti telefono sei positivo; altrimenti scaricati il file e arrivederci.
Sono negativo (avrò conferma formale con referto pdf con sms alle 17.06). nel corso del pomeriggio due riunioni gmeet, non sia mai visto il periodo, in cui do la notizia a Marco, incredulo forse come me. Eh sì, perché il punto ora è se riuscirà il nostro eroe (chi?) a rimanere negativo vivendo insieme a una positiva per 10-12 giorni senza nemmeno poter uscire adesso che Cesira ha pure la conferma del molecolare.
Viviamo in una bella casa luminosa e "ampia" ma è in sostanza un open space con bagno unico, non sarà semplice distanziarsi. mi calco la mascherina sul setto nasale, a mo' di casco da motociclista, che altro posso fare? Sono curioso di sapere se il mio (ipertrofico? non troppo!) sistema immunitario ce la farà. per addormentarmi (rigorosamente sul divano, ci mancherebbe!) camomilla e linee guida del New England Journal of Medicine (really posh!): preoccupati se hai tachypnea (più di 30 respiri al minuti) o saturazione sotto il 93%... stay tuned!
Quel po' di mal di gola e lieve raffredamento spinge Cesira a prenotarsi un tampone rapido per l'indomani. poi però ci danno una dritta e troviamo un laboratorio a S Zenone che ci dice che ce lo fa se arriviamo prima delle 10.00. Let's roll, Cesira parte alla massima velocità per arrivare in tempo. Sto al telefono con lei spesso, per darle indirizzi e guidarla mentre solca la provincia e io vedo google maps. Questo è l'inizio del giorno 1.
Già perchè alle 10.30 arriva la notizia della positività... I puntini catturano il fatto che non è semplice descrivere quel che succede nella mia testa. Proverei a definirlo uno shock calmo, nessuna sensazione di panico o paura ma via via la realizzazione che è un casino, che bisogna avvisare, predisporre, convivere anche col vago senso di colpa di esserselo preso e, magari, di averlo passato ai familiari.
A dir la verità non me lo sono preso io, non c'allarghiamo, ma tendo a dare per scontato che non posso che essere anche io sull'ottovolante della positività visto che marito e moglie, se non sono una coppia moderna come Donald e Melania, tendono a stare parecchio vicini.
Telefoniamo di qua e di là, mamme, fratelli, sorelle per informarli della notizia del giorno. Saggiamente Eman mi ammonisce di non fare il tampone per evitare che sia sancita la mia positività col rischio di "andare nel penale" se mi muovo o se mi fermano. Cesira prenota il molecolare, parla con la sua dott.ssa di base, parole saggie, dice di non fare nulla, non le propone nemmeno di fare antibiotici e cortisone che ho letto da qualche parte dovrebbero essere l'abc della cura. Si reca poi in dogana, fa tampone di conferma in poco più di un'ora fra andata, test e ritorno, adesso basta attendere un giorno i risultati
Telefono e mi prendo il posto per il "suo" tampone rapido alle 12.50 del giorno 2, tanto per sapere anche io se... sapere cosa non lo so: avvisare Marco e Daniela, ad esempio, con cui sono stato giovedì o mamma con cui ho fatto un'ora di macchina mercoledì.
Ritrovo lucidità: fino alla conferma di domani non sono ancora certo di essere entrato in contatto con una positiva e decido di fare la spesa, preparando una robusta lista di cose da mettere nel carrello, Eurospin, 92 euro, è il nuovo record mondiale (per me), circa il doppio dell'ammontare settimanale (e, infatti, ad occhio ho cercato di comprare tutto doppio per avere vettovaglie e verdura fresca per una decina di giorni). esco e non riesco, nonostante sia sul parcheggio di un supermercato di periferia, a non rimanere con la bocca aperta per un tramonto incendiario (che ha spinto anche sua santità Luca Zaia a fare un tweet). punto al Conad (è una storia lunga: certi prodotti vanno meglio di là, c'è poco da fare e, in un certo senso, queste sono provviste a lungo termine). Mi fermo in edicola e prendo il "Corriere" col pezzo di D'Avenia. Devo comprare brioches di ultima istanza alla S Ambrogio ma è proditoriamente chiusa. non demordo, in fondo per una quindicina di giorni mi attendo carestia, e mi fermo anche "da Francia", 4 fra pastine e croissant e una pizzetta per me.
Tengo la mascherina anche in casa, come la coperta di Linus da adesso non la mollo più, mi pare che sia un modo per scambiarci meno carica virale. fra l'altro la porto solo io, Cesira ancora pare un filo sfusata e non la mette anche se, in fondo, la rapidamente positiva è lei!
Mi faccio il letto sul divano, stendendo le due lenzuola e lasciando la coperta piegata doppia che sto bello caldo, camere separate per colpa del covid. domani è un altro giorno. ma forse dovrei dire da domani saranno altri giorni!
Sono le 18:21 e questo sarà un post adrenalinico, di quelli che ti vengono (anche se ci penso da un paio di giorni con qualche lucidità) per la cattiveria di non farti prendere per sfinimento, andate in mona ma adesso scrivo per sopravvivere metaforicamente in un mondo lavorativo il cui senso è evaporato fin troppo.
Sarà colpa della pandemia ma a furia di zoom, gmeet, virtualità, email per ore e ore, video per ore e ore, tastiera per ore e ore mi girano le eliche vorticosamente: che cosa ci faccio io qui? In realtà ho tradotto Chatwinianamente un più padano "che cavoeo sto a far tuto il dì?", visto che se pur lavori come un negher quando t'azzardi a fine giornata a guardare indietro, a mo' di esame di coscienza del proletario, ti sorge il rovello di sapere che cosa hai fatto veramente tutto il giorno.
Eh sì, perché uno si chiede come mai, dopo che la collettività ha investito su di me e, temo, su migliaia di altri docenti, valanghe di euro per decenni in formazione, stipendi, miglioramento del capitale umano, io passi le giornate su email, piattaforme, video-riunioni interminabili, questioni asfissianti di forma senza sostanza, scadenze, procedure, moduli, email (l'ho già detto, scusate, ma ne arrivano così tante da creare un'ansiosa ripetizione) email, email...
Vedete, se pensate che mi dovrei dare una calmata perché scrivere email e dintorni tutto il giorno è un lavoro come un altro, ebbene no cicci belli! Io dovrei anche fare didattica e ricerca, sono pagato, mi sento pagato -forse lo devo alla collettività, forse lo devo a me stesso- per insegnare, ascoltare gli studenti, studiare a mia volta e fare ricerca, scrivendo qualche buon articolo scientifico ogni morte di papa. Ma quando mai? La maggior parte di noi docenti ormai vive gli studenti come un ostacolo, una cosa che si frappone fra te e la necessità di provare a pubblicare e poi rispondere a decine di richieste, dare informazioni, stendere report amministrativi, rendiconti, relazioni, lettere di referenza, riempire moduli di missioni, di disponibilità, di indisponibilità, di acquisto, di rimborso. e avanti con autorizzazioni, delibere, consultazioni e così via. E gli studenti? Quali? Quelli che vorrebbero avere un docente decente con la testa sulla lezione e si trovano davanti invece un UFO, oggetto umano non ben identificato, che fino a due minuti prima e due minuti dopo la lezione pensa a tutt'altro e scrive quintali di "boiate" finto chic in email e piattaforme fino a quando la vista si sfoca davanti al video?
E la ricerca, il sogno di ogni giovane che ama la scienza? Quale? Quella che dovresti fare per una quota consistente del tuo tempo? Non pervenuta, mi spiace, rarefatta al punto che mi domando "ma quand'è l'ultima volta che ho studiato e pensato seriamente a un problema?" Boh... ma almeno hai scritto tanti email "urgenti", mi vien quasi da piangere solo a pensarci.
Sono le 18.46 e mi sono un po' sfogato. In fondo scrivo per questo, l'oppio inchiostrato dei blog per resistere a un andazzo che non mi piace e che, certamente, è andato peggiorando negli ultimi anni (lo so, non ridete, è dai tempi di Cicerone che tempora e mores vanno sempre peggio!) Ma l'università ha preso una piega in cui fatico ad arginare la tracimazione di scartoffie (virtuali) che travolgono i veri motivi per cui questo è un lavoro fantastico: insegnamento e ricerca. E a dirla tutta anche i compiti organizzativi, se te li lasciano fare bene, danno soddisfazione e contribuiscono a un mondo migliore. Ma come czzrla si fa a fare bene qualsiasi cosa se i neuroni ballano impazziti in un frullato continuo di email tamburellanti, adempimenti vari, moduli, telefonate?
Ispirato dal brillante "Dear Data", un giorno della settimana scorsa ho deciso di appuntarmi (più o meno) tutti i pezzettini di una giornata abbastanza standard. In altri momenti avrei forse fatto altre cose ma il succo credo sia lo stesso. Ne è uscito questo elenco di dati "reali", in cui ho inserito qualche iniziale per non implicare colleghi e collaboratori che si potrebbere bene riconoscere. E un micro-campione senza significato statistico (Francesca inorridirebbe!) ma con parecchio significato per me. Se proprio non v'interessa farvi gli affari miei, scorrete pure in velocità, credo che il messaggio passi forte e chiaro anche senza i minuti dettagli dei miei rapporti coi CUP della provincia:
9:18 controllo banda consumata 9:21 email a C 9:30 email a M 9:32 email ad A 9:36 registrazione esami 9:41 risposta a T 9:48 email organizzativo per corso 9:58 email E articolo media 10:01 WA C per mandare email (WA sta per whatsapp) 10:01 WA collega 10:03 email interlocutoria "aspetta un attimo, non ho tempo" 10:21 lunga telefonata con R per laurea su zoom 10:31 email a laureanda per zoom 10:34 inizio aulss 2 10:38 fine "non ci sono operatori", la richiameremo 10:44 email per lettera di referenza (interlocutoria) 11:06 fine richiamata per visita (senza esito) 11:21 sono stato 15.01 minuti con operatrice gentile di CFranco, prenotato! 11:25 studio lettera per V 11:35 chiamata di C 11:54 rientro da caffè 11:55 WA con P 11:58 email F per commissione online 11:59 WA con P 12:35 fine stesura lettera referenza per studente bravo 12:42 prima reference spedita 12:56 seconda reference spedita 12:58 lettera di conferma referenze a V 13:39 finita la pausa pranzo, contatto WA infermiere per vaccino 13:46 cancellazione appuntamento esami sangue 13:51 email a G 13:57 email a G (è un altro!) 14:08 partita veloce a bkgm, vinta! (sono i primi segni di cedimento...) 14:16 revisione partita che mi ha portato a 1790 fibs 14:23 email organizzativa a C 14:28 letto email per distinguere urgenze da altro 14:36 finisco di bere una tazza di the 14:38 email a G e C 15:19 email a B per seminario settimana seguente (con pausa) 15:33 inizio lettura paper di X 15:36 email a Z 15:54 telefonata di C mentre leggo paper 16:29 finita tazza di caffè che mi sono fatto e 6 pagine di paper (7 minuti l'una) 16:32 sospendo tutto e mi metto a fare i piatti 17:00 finiti i piatti (mentre ascoltavo il tg3 delle 16.45) 17:20 mi distraggo cercando "Trieste, verde bianco e rosso" su raiplay 17:21 torno al paper, è buio e fra mezz'ora devo "presentare" a un webinar 17:35 email di D con bio, mi vesto 17:43 studio le bio di B e di G 18:05 inizio dopo che E ci ha ammesso online 19:15 esco dal webinar e... 19:30 a tutta manetta preparazione e collegamento per fare pilates (e fine della giornata!)
È un giorno come tanti altri ma come diavolo avrei potuto fare qualcosa in questa "normalità"? La qualità richiede concentrazione, la scienza richiede dedizione che rasenta la ferocia e la cura dei propri e altrui pensieri richiede attenzione. E invece il rumore di fondo di questa sequenza mi pare oggi e mi è parso allora distruggere ogni speranza sotto i colpi di un multitasking selvaggio e un fiume di distrazioni e cambi di fronte (cose che fra l'altro sono note per essere deleterie, produrre errori e inquinare le idee, come c'insegna Spitzer in "Demenza digitale").
Questa deriva non è una novità e, ad esempio, Ben Martin nel 2017 in una rivista che discute temi manageriali relativi all'innovazione scrive:
In recent decades, many universities have been moving in the direction of a more hierarchical and centralised structure, with top-down planning and reduced local autonomy for departments. Yet, the management literature over this period has stressed the numerous benefits of flatter organisational structures, decentralisation and local autonomy for sections or departments.
Già: negli ultimi decenni abbiamo diretto l'università verso modelli centralizzati e gerarchici... con controllo top-down attuato con continue raccolte di dati su piattaforme, monitoraggi, valutazioni semi-automatizzate... nonostante la letteratura manageriale sottolinei i grandi benefici di strutture organizzative orizzontali snelle e decentralizzate... Trovate l'articolo a questo link e sono debitore a Pia di avermi segnalato un paio d'anni fa un altro approfondimento in cui si segnalava la stessa cosa: i docenti fanno sempre meno quello che t'aspetti da loro (didattica e ricerca) e passano sempre più tempo affacendati in altri compiti e compitini para-amministrative e meta-burocratici.
Al tempo si pensava che il tema di come fermare questo processo potesse entrare nel dibattito per l'elezione del nuovo rettore. Poi l'elezione si è svolta in un'atmosfera surreale, con dibattiti online per colpa del covid-19 e scarsa discussione di temi di ampio respiro che pure trovavano posto nelle piattaforme dei candidati migliori. Alla fine dopo 6 anni di un omino perennemente in nero abbiamo eletto la sua vice, sigh... pazienza, fatta una papessa se ne fa un'altra (fra sei anni).
Ritengo però che non si possa attendere oltre per ragionare e provare a cambiare qualcosa nell'organizzazione del lavoro per limitare lo strapotere di queste che gli ingegnieri chiamerebbero "correnti parassite". Non sto dicendo che è semplice e probabilmente il ricorso a strumenti informatici è stato ulteriormente e definitivamente acuito nell'emergenza sanitaria; forse io sto invecchiando e non reggo più i ritmi di lavoro di un tempo; forse il continuo sottofinanziamento del sistema universitario rispetto agli altri paesi europei sta presentando il conto ("meno persone e finanziamenti = meno servizi e più lavoro per chi resta").
Credo che si potrebbe tentare anche qualche aggiustamento interno: abbiamo il dovere di tagliare diversi processi kafkiani e semplificare questa boscaglia di richieste e raccolte dati, posso anche accettare che il carico extra-didattico ed extra-scientifico sia aumentato, forse fa parte dello zeit-gest. Ma si potrebbe riorganizzare il supporto amministrativo ai docenti creando gruppi in cui, ad esempio, una risorsa dedicata è parte di un team di 6 docenti affini per interessi o settore (per fissare le idee pensate a un ordinario, due associati e tre ricercatori/post-doc), in modo che questo manipolo di 7 persone possa interagire al suo interno e contare sull'aiuto di una persona del PTA che aiuta a sbrigare la mole di compiti "extra" che sarebbero richiesti a tutti i membri del team.
È solo una proposta da blog e sicuramente se ne possono fare di migliori. Ma credo che sia ormai ineludibile sterzare e cambiare strada per tornare a dare la sacrosante priorità ad attività centrali e focalizzarsi sul miglioramento della didattica che ormai sta diventando di esilità preoccupante tanto è schiacciata da altre incombenze.
We're on a ride to nowhere Come on inside Takin' that ride to nowhere We'll take that ride
zucca "santa" farina 00 sale uova ragù di carne burro e salvia parmigiano
Quando facciamo gli gnocchi le dosi sono sempre abbondanti perchè la pastella può essere usata anche il giorno dopo. Con una zucca grande (2.1 kg di polpa cotta) si ottengono circa 10 porzioni di gnocchi.
Tagliare la zucca a metà e poi a spicchi, togliere semi e filamenti, disporre i pezzi nella pentola, aggiungere acqua e sale, coprire con il coperchio e lessare bene la zucca. E' importante non mettere molta acqua nella pentola per non inumidire troppo la polpa: circa 5 cm d'acqua dovrebbe essere sufficiente, controllare che verso fine cottura il fondo della pentola sia quasi asciutto, altrimenti versare fuori l'acqua avanzata prima di completare la cottura.
Disporre la zucca cotta sul ripiano e, ancora calda, togliere con un cucchiaio la polpa dalla buccia e raccoglierla in una terrina. Pesare la terrina vuota e poi pesare la terrina piena di polpa di zucca. Ogni 700 gr di polpa servono 230 gr circa di farina e 1 (uno) uovo intero.
Mescolare la farina alla polpa un po' alla volta, aggiungere uovo e ancora farina se serve, fino ad ottenere una pastella densa, morbida e un po' granulosa.
Far bollire l'acqua salata in una pentola, raccogliere mezzo cucchiaio di pastella alla volta e versarlo nell'acqua bollente. Ricoprire di gnocchi tutto il fondo della pentola e poi lasciare che da soli si stacchino dal fondo e risalgano in superficie. Lasciarli bollire ancora un minuto e poi scolarli bene con un mestolo forato. Riporli in un contenitore al caldo e ripetere l'operazione con il resto della pastella o fino ad ottenere la quantità di gnocchi desiderata.
Versare gli gnocchi nei piatti riscaldati e condire a piacere con ragù di carne o con burro fuso e salvia. Spolverare con abbondante parmigiano grattugiato.
Questo è un post antico o almeno avrebbe dovuto esserlo dato che da decenni in questa stagione dell'anno partiamo per questo pellegrinaggio che ha quasi smesso di essere triste. L'autunno è spesso screziato di colori fiammeggianti e giornate dal clima mite e di tersa luminosità. Io l'ho imparata dalla mia famiglia bellunese questa processione per luoghi, paesi, tombe: un fiore per persona, una fronda di pino, una magnolia verde, quest'anno anche rami d'ulivo con i frutti bruniti (sorridendo ci siamo detti in un caso che avrebbe potuto prendersi uno spritz con l'oliva...)
La mia versione trevigiana bazzicava poco i cimiteri, ho sempre visto mio papà andarci relativamente di rado e sempre con una tranquillità contagiosa: non era mancanza di rispetto né oblio, la vita va avanti e le persone si scavano il loro cunicolo carsico dentro di te e nulla di tutto ciò è intaccato se li vai a trovare una volta l'anno o un po' di più o un po' di meno. Magari le cose adesso sono cambiate e, come forse accade a tutti, le partenze si accumulano, i lutti ti tolgono affetti, presenze e magari incrinano la fiducia, in me istintiva e diretta, di durare per sempre, a mo' di ventenne sempreverde. Ne è seguita una maggiore frequenza di passaggi che servono anche a rompere la lontananza, alimentare i ricordi e diluire a poco a poco quel nodo che ti prende certe volte.
Partiamo da Salvarosa, Iride e Vittorio vicino alla Motta, lasciamo un'orchidea nella tomba di famiglia. Poi Riese, guardo il ghiaino bianco (che è stato oggetto di pareri vari), salutiamo Carlo dolcemente con tre "eterno riposo". Lasciamo un fiore anche a Bruno e Gina, in una nicchia dietro all'altare sui cui in altri momenti si sarebbero celebrate le funzioni, e salutiamo Benedetto e Amalia, uno in alto e l'altra in basso quasi a ricordarne le altezze estreme.
Subito dopo pranzo con la station verso Vallà, frazione che entra nel tour per la prima volta 9 anni dopo. A volte serve tempo per trovare la misura giusta, rosa rossa legata con un nastrino alla lucina elettrica, con tanto di "tirante" per farla stare dritta. Rino si sarà fatto due risate: "femene!" Osservo che numerosissime tombe, in modo un po' monotono, portano l'iscrizione "I tuoi cari". Bella ma, penso, anche un filo scontata.
Alle 13.37 la Peugeout se ne va liscia liscia verso la Val Belluna, portando un borsone di fiori e tutto l'occorrente, con Luciana non siamo mai dilettanti allo sbaraglio: forbice "da bruscar", forbicina, nastro, cubo di spugna, un fascio di fiori e il "verde" che è necessario per ornare le composizioni. Ho sempre trovato questa organizzazione imponente e precisa, quasi professionale: un ricordo per tutti e tutto quel che serve per lasciarlo e inserirlo nel contesto, incontrando quello che c'è e inserendosi con garbo nei mazzi di parenti o figli che, quando presenti hanno una, "precedenza d'anima" che è sempre rispettata.
Lentiai ha un cimitero bellissimo, il Pizzoc e il Pizzocchett sovrastano il camposanto e, sull'altro lato, una distesa di verde, il funabolico campanile di Santa Maria Assunta e, dietro, la pedemontana e i "bosch". Sarebbe il numero uno ma io ho visto anche il cimitero di Alano di Piave (non quest'anno...) che pare un'astronave sul punto di decollare, in cima a una colina, perfetto per consentire a chi ci passa di spaziare tutto intorno. Ho pensato spesso che in posti come questi (aggiungeteci anche Waverley in capo al mondo, per fare onore al titolo del blog) è forse meno duro riposare per l'eternità. Bortolo e Cesira stanno fianco a fianco da parecchi anni, tre rose, crisantemine, rametto d'ulivo, nastro. Sono i padroni di casa, onorato di ritrovarvi come da molti, moltissimi anni, tanto che quasi sono vostro nipote anche io!
Le lapidi intorno e le loro iscrizioni hanno la loro vivacità: "Emigrato a lungo oltre i mari ora riposa vicino ai suoi cari Ervin Tecla" o tramandano glorie come "Dec di due medaglie d'argento" o "Cavaliere di Vittorio Veneto", giustamente rammentando dove siamo e cosa c'è stato a pochi km da qui. La semplice iscrizione "I tuoi cari", che in pianura và per la maggiore, è rara e vedo lame di luce come "L'alba ti porterà sempre un pensiero di tua moglie" e anche "Mamma nel tuo gran cuore viveva il nostro cuore", oltre che più sobri "Con dolore la sorella Adalgisa" o "Ricordandoti i nipoti". E poi dicono che i montanari sono persone dure!
Questo tour di ricordi, rispetto e testimonianza continua visitando Gianna ("siamo cresciute insieme" dice Luciana al figlio che sta spazzando la tomba di marmo grigia), zii che forse ho intravisto quasi trent'anni fa, Dario, Isetta, Ruggero, il ricordo di Ivo, Cesare col cappello da bersagliere, la nonna Maria...
Non è un giorno triste e lo concludiamo in equilibrio sul filo dell'amarcord da Garbujo a Feltre che è un posto inciso nella nostra storia. La pasticceria fondata nel 1882 ci ha ospitato in modo non banale in momenti che ormai tendono ad essere avvolti nel (nostro) mito. Gli anni passano ma tanto resta e siamo contenti di avere fatto anche questo viaggio, ora che Luciana sta meglio, in un giorno a prima vista dolente e in un periodo infestato e forse non semplice. Su e giù per la Val Belluna e per molti altri sentieri di vita.