Questo è un post antico o almeno avrebbe dovuto esserlo dato che da decenni in questa stagione dell'anno partiamo per questo pellegrinaggio che ha quasi smesso di essere triste. L'autunno è spesso screziato di colori fiammeggianti e giornate dal clima mite e di tersa luminosità. Io l'ho imparata dalla mia famiglia bellunese questa processione per luoghi, paesi, tombe: un fiore per persona, una fronda di pino, una magnolia verde, quest'anno anche rami d'ulivo con i frutti bruniti (sorridendo ci siamo detti in un caso che avrebbe potuto prendersi uno spritz con l'oliva...)
La mia versione trevigiana bazzicava poco i cimiteri, ho sempre visto mio papà andarci relativamente di rado e sempre con una tranquillità contagiosa: non era mancanza di rispetto né oblio, la vita va avanti e le persone si scavano il loro cunicolo carsico dentro di te e nulla di tutto ciò è intaccato se li vai a trovare una volta l'anno o un po' di più o un po' di meno. Magari le cose adesso sono cambiate e, come forse accade a tutti, le partenze si accumulano, i lutti ti tolgono affetti, presenze e magari incrinano la fiducia, in me istintiva e diretta, di durare per sempre, a mo' di ventenne sempreverde. Ne è seguita una maggiore frequenza di passaggi che servono anche a rompere la lontananza, alimentare i ricordi e diluire a poco a poco quel nodo che ti prende certe volte.
Partiamo da Salvarosa, Iride e Vittorio vicino alla Motta, lasciamo un'orchidea nella tomba di famiglia. Poi Riese, guardo il ghiaino bianco (che è stato oggetto di pareri vari), salutiamo Carlo dolcemente con tre "eterno riposo". Lasciamo un fiore anche a Bruno e Gina, in una nicchia dietro all'altare sui cui in altri momenti si sarebbero celebrate le funzioni, e salutiamo Benedetto e Amalia, uno in alto e l'altra in basso quasi a ricordarne le altezze estreme.
Subito dopo pranzo con la station verso Vallà, frazione che entra nel tour per la prima volta 9 anni dopo. A volte serve tempo per trovare la misura giusta, rosa rossa legata con un nastrino alla lucina elettrica, con tanto di "tirante" per farla stare dritta. Rino si sarà fatto due risate: "femene!" Osservo che numerosissime tombe, in modo un po' monotono, portano l'iscrizione "I tuoi cari". Bella ma, penso, anche un filo scontata.
Alle 13.37 la Peugeout se ne va liscia liscia verso la Val Belluna, portando un borsone di fiori e tutto l'occorrente, con Luciana non siamo mai dilettanti allo sbaraglio: forbice "da bruscar", forbicina, nastro, cubo di spugna, un fascio di fiori e il "verde" che è necessario per ornare le composizioni. Ho sempre trovato questa organizzazione imponente e precisa, quasi professionale: un ricordo per tutti e tutto quel che serve per lasciarlo e inserirlo nel contesto, incontrando quello che c'è e inserendosi con garbo nei mazzi di parenti o figli che, quando presenti hanno una, "precedenza d'anima" che è sempre rispettata.
Lentiai ha un cimitero bellissimo, il Pizzoc e il Pizzocchett sovrastano il camposanto e, sull'altro lato, una distesa di verde, il funabolico campanile di Santa Maria Assunta e, dietro, la pedemontana e i "bosch". Sarebbe il numero uno ma io ho visto anche il cimitero di Alano di Piave (non quest'anno...) che pare un'astronave sul punto di decollare, in cima a una colina, perfetto per consentire a chi ci passa di spaziare tutto intorno. Ho pensato spesso che in posti come questi (aggiungeteci anche Waverley in capo al mondo, per fare onore al titolo del blog) è forse meno duro riposare per l'eternità. Bortolo e Cesira stanno fianco a fianco da parecchi anni, tre rose, crisantemine, rametto d'ulivo, nastro. Sono i padroni di casa, onorato di ritrovarvi come da molti, moltissimi anni, tanto che quasi sono vostro nipote anche io!
Le lapidi intorno e le loro iscrizioni hanno la loro vivacità: "Emigrato a lungo oltre i mari ora riposa vicino ai suoi cari Ervin Tecla" o tramandano glorie come "Dec di due medaglie d'argento" o "Cavaliere di Vittorio Veneto", giustamente rammentando dove siamo e cosa c'è stato a pochi km da qui. La semplice iscrizione "I tuoi cari", che in pianura và per la maggiore, è rara e vedo lame di luce come "L'alba ti porterà sempre un pensiero di tua moglie" e anche "Mamma nel tuo gran cuore viveva il nostro cuore", oltre che più sobri "Con dolore la sorella Adalgisa" o "Ricordandoti i nipoti". E poi dicono che i montanari sono persone dure!
Questo tour di ricordi, rispetto e testimonianza continua visitando Gianna ("siamo cresciute insieme" dice Luciana al figlio che sta spazzando la tomba di marmo grigia), zii che forse ho intravisto quasi trent'anni fa, Dario, Isetta, Ruggero, il ricordo di Ivo, Cesare col cappello da bersagliere, la nonna Maria...
Non è un giorno triste e lo concludiamo in equilibrio sul filo dell'amarcord da Garbujo a Feltre che è un posto inciso nella nostra storia. La pasticceria fondata nel 1882 ci ha ospitato in modo non banale in momenti che ormai tendono ad essere avvolti nel (nostro) mito. Gli anni passano ma tanto resta e siamo contenti di avere fatto anche questo viaggio, ora che Luciana sta meglio, in un giorno a prima vista dolente e in un periodo infestato e forse non semplice. Su e giù per la Val Belluna e per molti altri sentieri di vita.
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