Wednesday, March 01, 2023

Awaiting bags

sono da più di un'ora in attesa della valigia a Heathrow, non siamo in tanti ed evidentemente molti viaggiatori avevano scelto di usare solo bagagli a mani o trolley, alquanto saggiamente pare. abbiamo chiesto info e ci hanno detto che può servire "up to one hour", c'è traffico, non hanno consegnato ancora nulla. ok, ma l'ora è passata, anche al nastro trasportatore gira la testa a furia di mulinare come una trottola senza senso e, francamente, non so se andare in centro all'hotel e amen, riempiendo i moduli e sperando che la valigia me la portino loro o attendere ancora un po' che se poi il bagaglio arriva è una rogna di meno.

stamattina era andato tutto bene, partenza regolare, volo come un biliardo, parlo con Walter seduto di fianco, tratti inconsueti con occhi azzurri, capelli rossi rasati sulle tempie e microscopico chignon, barba rossa pure quella ben curata, sulla trentacinquina. scambiamo due parole quando la hostess ci chiede nuts or cookies and coffee or tea, ma a un certo punto mi chiede che cosa faccio e gli dico che insegno matematica o, meglio, computational something a economia, modelli ad agenti e viene fuori che è un consulente "informatico" perito elettronico laureato in psicologia, in trasferta per una convention coi compagni di lavoro che riempiono la fila del BA 597. lavorano con PMI, ne analizzano i processi, studiano interfacciamenti con i sistemi gestionali della ditta e li modificano o personalizzano per renderli adeguati alle loro necessità, se serve fanno il debug anche dei processi cognitivi e mentali dei clienti e del titolare, indicano cose che fanno ma non dovrebbero fare o cose che vanno fatte mentre per ora mancano all'appello, sono dei consulenti indipendenti, Walter ispira fiducia, giusto ritmo nel raccontare, mostra passione e concede spaziature per l'interlocutore, cerco da sempre di fare lo stesso anche io, finisco per raccontargli anche qualcosa di modelli ad agenti, NetLogo e complessità. quando usciamo da tunnel al Terminal 5, saluto lui e i suoi colleghi e mi allunga un biglietto da visita, chapeau, è forse una cosa vintage ma non c'era altro verso e mi riprometto di mandargli un saluto...

ecco, sono le 11.07, 82 minuti dopo l'atteraggio e la mia valigia Spalding, vagamente sfinita ma munita di cintura di sicurezza contenitiva a combinazione a 4 cifre, ancora ferma al settaggio di fabbrica ``0000'', è arrivata, la raccolgo dal nastro e via verso il controllo automatico del passaporto elettronico.

cammino e trovo la Piccadilly line, chiacchiero con uno che supervisiona gli ingressi, qui è tutto self-service, barriere che si aprono col touch, cancelli automatici, dozzine di biglietterie "credit cards only", pare che non vogliano farti parlare con nessuno, suggerendo di fatto un ognun per sè che per certi versi è vagamente triste e mi ricorda i luddisti che in questo paese combattevano contro i posti di lavoro rubati dalla modernità e dalle innovazioni. sicuro, non è che tutti gli umani che ti parlano dalle biglietterie siano fenomeni di simpatia ma questo è bravo, più o meno della mia età, pur col rischio di sbagliare di un decennio visto che è un indiano, (del subcontinente non un apache!) ma magari è londinese da tre generazioni! il suo inglese è aperto, speziato, col giusto ritmo e comprensibile fino all'ultima sillaba. mi spiega come usare la Oister card e, forse, com fare una foto dell'estratto conto per rendere conto a Sara e all'amministrazione di unive che ho usato i mezzi pubblici. partiamo alle 11.25 e adesso sarà un lunga galoppata su vagoni efficienti e un po' frusti fino a Russel Square, nel cuore di Bloomsbury.


già, mi sono ricordato che, oltre al Britsh, al Charles Dickens musuem e al Postal museum, tutti posti che voglio andare a vedere o rivedere, Bloomsbury è la patria di Keynes. non ne avevo consapevolezza prima, ma in quello scrigno delle meraviglie ripieno di ogni ben di Dio che è il mio zainetto, c'è un fascio di fogli, stampati in un generoso corpo 12, col libro di Justyn Walsh, "Keynes and the Market", una storia sul mirabolante talento finanziario di Maynard, uno che lascio in eredità 30 milioni di euro odierni anche se se n'è andato a soli 63 anni. Intanto "Mind the gap" a Hounslow East è un audio-meme che mi riporta alla giovinezza, quando s'imparava l'inglese minimale, quello da Robinson Crusoe catapultati in una Londra che prima o abbiamo tutti sognato di visitare usando fieramente le nostre belle frasi scolastiche.

In aereo mi sono letto introduzione e primo capitolo del libro, che ripercorre un po' la biografia di Keynes, che è stato artefice e ha subito l'influenza di quel coacervo di artisti e fuori di testa, con con Virgina Woolf e altri che a Bloosmbury, a loro modo, rivoluzionarono i tempi vittoriani che volgevano al termine, anche per gli effetti di due guerre mondiali che il secolo breve ci ha portato e che tanto hanno dato da scrivere a Keynes.

sarà una buona lettura, molto adatta al genius loci, Walsh scrive in un inglese witty e sofisticato, obbligandomi a segnare due-tre parole a pagina che mi riprometto di studiare, vocabolario alla mano, non appena ritrovo internet, visto che voglio capire bene il senso e gustare anche la ricchezza di una lingua spinta oltre le 300 solite parole che usiamo frequantemente ma che asciugano la capacità di esprimersi in quella che per molti, e sicuramente per me, resta una lingua aliena più che straniera.

Russel Square, memorizzo che ci ho messo un'ora per quando tornerò indietro, resisto alla tentazione di andare a vedere la piazza alberata e giro a destra, cerco i Coram Fields, navigando uno dei pochi posti di Londra in cui sono orientato senza mappa e senza google grazie a soggiorni ormai sfocati al Penn Club che sta in una qualche laterale della piazza e all'Imperial Hotel. poche centinaia di metri dopo trovo il Goodenough College, entro, chiedo, mi confermano che quella in cui mi trovo è il college che ospita gli studenti e che l'albergo aggregato sta pochi civici più in là. 

Sono in un angolo bello e tranquillo di questa tentacolare metropoli, per una volta quando esco dalla strana stazione della metro non ho nemmeno pensato "come mai è tutto così veloce a Londra?'', la città oggi viaggia a ritmo normale, per una volta in sicnrono col grigiore del cielo nuvoloso. Let's go!

ps. è probabile che questo post che ho scritto (calembour: post scriptum, no?), in realtà, sia una lettera a Cesira e ripercorrendo la nostra storia mi vien voglia di scrivere per me, (per chi bazzica questi post) e specialmente per lei quello che capita in questi giorni. Bye Bye, my love!


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