Friday, December 11, 2020

Covid 19

Siamo alla fine di questa strana lista di post, in fondo 19 è un buon numero per smettere (ed è pure primo!). Pazienza anche se manca il diciottesimo post, non mi sento in vena né di regole né di regolarità, il blog e il suo padrone fanno quel che gli pare e, in fondo in fondo, l'idea di tenere il diario di bordo di questa quarantena soft m'ha fatto compagnia e ricordato l'illustre precedente del Wuhan Diary di Fang Fang. Ho cercato il sito che ha ospitato questi dispacci da una città in quarantena, ne avevo sentito parlare molto, ma ho trovato prima la copia pirata del libro che l'autrice ci ha ricavato! Vedremo se trovo la verve per scaricarlo sul Tolino e leggerlo. Una recensione aulica quasi quasi mi ha fatto venire la voglia:
the secret of Fang Fang’s success is that she can capture the complexities of an ever-changing life without losing its thread 
Non so quanto il filo l'ho tenuto e provo, come ipotesi di lavoro, a considerarmi e a considerarci semplicemente guariti, negativi, ripuliti. Cesira va a Riese ormai da qualche giorno, con mascherina e attenzioni. Ha anche riportato alla base i raccoglitori e la stampante, è un potente segno di normalità e vedete i borsoni del giorno del rientro. Le è rimasto un filo di mal d gola e la concentrazione sulla salute di Luciana, speriamo che il prossimo tampone dica definitivamente la parola fine anche al suo tour nella positività.


A me pare di guadagnare margini ogni giorno, lentino ma convalescente con gradiente bello positivo (che vuol dire una cosa bella, don't worry!) Non ho ancora il tampone fumante a certificare che sono negativo. Se, come spero, questo succederà, il mio sarà un caso ombra: nulla all'inizio, quando forse era presto e nulla alla fine, dato che è passato il tempo necessario a farmi passare tutto! Sarò un buco nelle statistiche, a fronte delle migliaia di diagnosi che non ci facciamo mancare ogni giorno. E, a proposito di numeri, mi restano 86823.49 MByte per il rimanente spezzone di dicembre, ce la posso fare con comodo anche in questa vertigine di connettività permanente! 

L'ultimo esemplare della dozzina di bustine di polvere antibiotica per soluzione orale la prendo stasera alle 22.00. Come ho detto altrove, forse anche questo è servito (forse, ad occhio, male non ha fatto). La capacità di sentire odori non si è mai alterata, il gusto mi è tornato quasi del tutto: non che l'avessi perso ma ci sono stati giorni in cui alcuni cibi, specie quelli amari come il caffè, mi sembravano troppo amari e quasi "fangosi", spingendomi a sciacquarmi la bocca per togliermi quest'asprigno cupo dalle papille. Vado avanti solo con la fida aspirina, che negli ultimi giorni ho preso nella modica quantità di una al giorno.

Cosa c'è da imparare dal covid 19? Non so nemmeno se la domanda abbia senso, di sicuro servirebbe un libro mentre questo è solo un blog. Ho percepito personalmente un filo di paura ( e so che che non c'è coraggio se non senti paura!) ho sperimentato in modo enormemente attenuato le difficoltà provate dai sanitari, dai pazienti e dai familiari di chi, per età, sfiga, destino, se lo è preso cattivo o lo ha dovuto fronteggiare sul serio. Ho sentito politici, forse né più né meno del solito, sbraitare boiate indegne da parte di chi ci dovrebbe rappresentare, ma anche amici confusi e prossimi al negazionismo dire che "è una pantomima", alludendo a immaginari complotti, strategie oscure, grandi fratelli e chissà che altro.

E allo stesso tempo, ho percepito anche tanta amicizia e supporto, parole e messaggi di persone solide e con anime spaziose (letteralmente: capaci di farti spazio) e sempre pronte ad aiutare chi è impestato e mai logorate, nonostante i problemi, al punto da perdere umanità, lucidità e buon senso. Grazie!

La borsetta di carta che ha svolto da diaframma per la consegna di tutto e di più nella no man's land del nostro corridoio: un messaggio ci avvertiva quando i beni venivano depositati qui e poi noi andavamo a ritirare, senza rischiare alcuna forma di contatto. È stata un versione moderna del "cestino" che anni fa veniva calato dalla terrazza fino al giardino al piano terra per la sorpresa e felicità di Paula, Emma e Oscar! 


Tuesday, December 08, 2020

Covid vari

XVI martedì
Mi metto a scrivere in reverse mode, un po' per malcelato orgoglio, un po' per provare a lasciare traccia in quello che sembra comunque essere un solido percorso d'uscita da questo covid familiare. È l'Immacolata, un 8 dicembre in cui a Treviso piove ininterrottamente da ore, a Venezia è arrivata un'acqua alta traditrice, a MOSE rimasto un po' inspiegabilmente giù, polemiche al vetriolo in vista... Arrivano sferzate di vento violente e nel buio del pomeriggio sono ormai al secondo giorno di sfebbrata. Non mi pare nemmeno possibile, dopo che quasi dieci giorni fa avevo avuto i miei episodi di febbrone notturno e almeno sabato e domenica sono state giornate fastidiose. Sembra una vita fa e sono passati neanche tre giorni.
A volte penso che forse il malessere dipenda più che da come stai, da quel filo di ansia che il covid si trascina a suon di cattive notizie, dalla stanchezza e dalle scatole che si riempiono dopo tanti giorni di convalescenza, letto divano and all that jazz. Per me è stata un'influenza bella lunga, incubata per una settimana circa, avanti con febbri intermittenti per un'altra e poi, difficile a credersi nonostante sia esperienza comune, svanire quando è il suo tempo.
Avrei dovuto fare il tampone domani: la "teoria" si basa sul fatto che ormai sono passati una decina di giorni dall'insorgere dei miei sintomi e inoltre, avrei potuto fare una risonanza prenotata da tempo. Ma credo proprio che aspetterò fine settimana, in attesa di consolidare un altro po' i progressi recenti. Magari me lo faccio venerdì.

Nonostante fuori sia una giornataccia, dentro casa Cesira si gode la sua personale primavera, la negatività nuova di zecca e il vaso di tulipani gialli che troneggia in cucina, dono che Sara ci ha fatto trovare alla porta una mattina, assieme ai nostri quotidiani preferiti. Non riusciremo mai a sdebitarci con i nostri vicini che tutti i giorni ci hanno coccolato e viziato, rendendo "lievi" queste due settimane di isolamento e procurandoci medicinali, viveri e ogni genere di comfort: dalle torte fatte in casa, ai tortellini in brodo, dal  baccalà mantecato al Pignoletto frizzante. Ci hanno fatto tornare bambini ogni volta che scendevamo le scale per andare a ritirare la nostra “consegna” nella borsa sempre appesa fuori dell’uscio di casa, proprio per evitare ogni forma di contaminazione all’esterno. Praticamente il Natale  per noi è iniziato due settimane fa e i nostri babbo natale condominiali sono stati più solerti, efficaci e avvolgenti di Amazon Prime!


XV lunedì
Oggi giornata un cui le cose vanno meglio, senza febbre per molte ore a partire dalla mattinata (e, anzi, la febbre non mi risalirà più, è il primo giorno pieno). Penso che sarà merito dell'antibiotico ma ammetto di non essere del tutto sicuro: forse era il suo tempo, con o senza sarebbe cambiato poco. Questo filo di scetticismo me lo hanno trasmesso proprio i medici, ne abbiamo sentiti vari ma nessuno mi aveva proposto di iniziare con l'antibiotico, alla fine al telefono ho detto a Pio  "scusa, ma ho una scatola di amoxicillina-acido clavulanico... la prendo?" "Mah, sì, prendila pure..." Non è esattamente un esempio di scienza muscolare, di quella apparentemente semplice e dritta, che sa, che fa e che non sbaglia. Eppure medici bravissimi quando gliene ho parlato mi hanno detto che gli antibiotici sono così, "guarda, spesso li prendi tre o quattro giorni dopo che hai provato il resto senza gran successo, e finisce ogni volta che non è chiaro se siano serviti sul serio o se il tempo avrebbe fatto lo stesso". Osservo anche la solidissima struttura dell'argomento, che è scientifico sul serio: finiamo per attribuire effetti a cause senza controprove, solo perché le vediamo, sono le più recenti e salienti e non consideriamo mai l'ipotesi che quanto accaduto dipenda da una marea di altro, è consolatorio pensare che siamo in controllo ma resta, o dovrebbe restare, il dubbio sano che siamo barche in mezzo al mare. Per chiudere su una nota diversa, leggo un'intervista a Stefano Boeri e il suo rapporto con la pirotecnica mamma Cini Boeri, luci, ombre e tranches de vie interessanti.

XIV domenica
La giornata vola via "bene" e senza scossoni come le altre: riposini, combino poco o nulla, mangio con discreta verve mandibolare (adesso che il frigo si è rimpinguato), soliti febbre e brividi senza enormi patemi, tenuti a bada con la tachipirina. Questa sarà un altro ricordo che il covid mi lascerà: un freddo boia di questa portata non lo sentivo da tanto, mi basta un 38 o 38.5 C per ghiacciarmi dentro tanto. forse, questa sensazione di freddo dipende anche da altro, ma certo che adesso m'immagino con maggiore realismo il passaggio a nord-ovest!
Per via diretta o de relato constato che pochi medici sanno veramente che fare (se con questo s'intende che cosa prendere di preciso, quanti mg, quali diagnostiche...), tutti ti dicono le solite cose che mi sembrano sempre anche generiche. Però l'esempio di Pompea e un filo di stanchezza da cuscino aggravato e continuato ci fa partire al contrattacco con antibiotici, fermenti lattici, gastroprotettore e vitamine recuperati nella santabarbara medicale di Cesira. Affiniamo anche gli orari di distribuzione della tachipirina, da adesso ogni assunzione è annotata sul diario, e la serie storica delle temperature è sempre a disposizione per vedere se è meglio prima o dopo le 19.00 o a distanza di 6 o 8 ore.

XIII sabato
Arriva la risposta del tampone di Cesira: negativa! Wow, siamo contenti, lei ne è fuori, è stata brava! Anche Lorenzo è negativo, mentre Luciana è positiva. Cesira telefona e glielo dice, forse sottovalutando l'effetto di scoramento che la notizia si porta. Luciana s'incazza e mette giù il telefono, sintomi da logoramento e chiusura in casa da giorni: quando speri almeno di avere il patentino di "scampato", niet! Non è che cambi molto, non ci precipiteremo di sicuro ad assembrarci giulivi e alitanti alla prima occasione, ma uno spera sempre di fare quel passo in più...

XII venerdi
Cesira sta bene, io non posso dire di essere un fiore, mi prendo il mio attacco di febbre serale ma non mi posso nemmeno lamentare. Oggi Cesira torna a Riese dopo la pausa di quarantena, ha prenotato il tampone e preparato la lista della spesa per Elena che si sfogherà per conto nostro fra gli scaffali. Le colazioni tengono alto il morale a casa, abbiamo perfino il fulgore dei tulipani di Sara! Sul lato organolettico, sono tornati i cibi salati "all'inglese": oggi ho fatto onore al salmone (scozzese) che è entrato per la prima volta nel menù della colazione causa una certa rarefazione del frigo e, udite udite, anche ai cetriolini sottaceto! Lo so, magari vi sembra una stranezza ma, per prima cosa, il cetriolino resta una sciccheria sic et simpliciter e poi, più sottilmente, è legato ai ricordi del lago Balaton e alla passione degli ungheresi per la vendita dei vasetti di sottaceti a bordo strada. Addento e penso a Balatonlelle e ai nostri passaggi verso Kaposvar, in tempi ormai eroici in cui transitavamo con qualche tensione da quelle parti. Abbiamo (anche) sperimentato le avvisaglie della deriva di Orban e dei suoi amichetti di Jobbik Magyarországért Mozgalom (non ho resistito a riempirmi gli occhi nuovamente di questi nomi d'indiavolata e incredibile complessità magiara!) e fortunatamente rasenta il sarcasmo ricordarmi di questi maschioni tronfi e omofobici in termini di cetriolini. Alla salute! 





Wednesday, December 02, 2020

Covid X

Siamo alla fine del giorno 10 e forse questo covid che mi dovrei essere beccato si sta trasformando in un'influenza abbastanza normale e abbastanza fastidiosa. Ho avuto il "solito" episodio notturno di freddo e brividi (ma temperatura appena 37.3), tachipirina e sottocoperta. La mattina ero ancora un po' groggy, vagamente intontito come si conviene a uno che è influenzato, qualche linea di febbre e il bisogno di stare a letto e pisoccare come uno qualunque. A fine mattina, vai con la mia bella riunione su gmeet per #ilfuturoconta, manco fosse la vitamina da prendere ogni giorno. Ma è evidente che lavoro meno e tollero male le ore a video. ho deciso di darci un taglio, quello che non farò adesso troverà pur sempre il suo alveo lo stesso.

I vicini ci riforniscono di pizzette, focacce, spremute (grazie, siete mitici!), scarico qualche film o altro programma da RaiPlay con l'intento di guardarlo poi alle televisione dopo averlo passato su chiavetta. Ma a volte non ho nemmeno gran voglia, leggo senza frenesia, il tempo passa e se non ci fosse il blog stenterei a credere che è già passata una decade. Ripenso a tutto quel che ho letto sui giornali e ai racconti di prima mano di amici che mi dicono che, a volte, sono state necessarie diverse settimane per negativizzarsi ed uscire da questa sindrome influenzale (che nonostante si faccia sentire, nel mio caso non è ancora pesantissima). Di sicuro è un esercizio di pazienza.

Per alleggerire questo racconto, un po' noiosetto e paramedico, vi racconto che ho pagato online la multa per eccesso di velocità di 2 km/h di cui ho già parlato sul blog, sono rimasto sorpreso dalla funzionalità del sito del comune di Venezia dove si pagano le contravvenzioni, tutto è facile, pulito, non scevro di una qualche sua grazia burocratico-tecnologica. ok, è una cosa bella che i siti della Pubblica Amministrazione funzionino bene, eppure una vocina mi suggerisce diversi "i mortacci tua" mentre digito credenziali e codice per. pagare i 56 euro. Fra me e me ghigno "allora le sapete fare le cose senza farci diventare matti!", ripensando ai parecchi altri casi, con pratiche o processi da fare online o in presenza,in cui ci si sente in un labirinto senza uscita.

Siamo in contatto telefonico con (altre) famiglie di amici che se lo sono presi anche loro. Forza Giulia e Luigino, ne usciremo tutti insieme! Oggi abbiamo visto la prima neve, fiocchi grandi e spianati che in qualche momento hanno tentato d'attaccarsi ai coppi. Anche se mi fanno venire freddo, chiudo con queste immagini belle e "natalizie", state al caldo!

Tuesday, December 01, 2020

Covid 789

Le giornate filano via tranquille, a suo modo è cambiato poco rispetto alla routine di queste settimane, e forse mesi, in cui sono spesso rimasto a lavorare online, vado avanti con la maggior parte delle cose, ho la fortuna di non avere didattica o impegni formali e calendarizzati, sbrigo tanti email, riunioni gmeet o zoom sempre all'ordine del giorno. 

Adesso qualche sintomo lo percepisco: di notte, con vaga regolarità cronometrica, alle 2.00 mi sale la temperatura fino a 38 o 38.5, brividi di freddo fastidioso e polare, qualche mal di testa. ormai mi conosco, mi prendo la mia tachipirina notturna, mi metto un maglione e aggiungo una coperta. Stanotte, fra lunedì e martedì, ho poi dormito beato e arroventato sul divano sotto un cumulo di lana e pile, bella sudata, svegliandomi con 36.7. poi il giorno scorre via bene. 

Credo che questo "Adda passà 'a nuttata" sarà la mia strada per il recupero: un episodio notturno e un'ora  più agitata del solito e, per il resto, sempre in attesa degli sviluppi. Cesira dovrebbe fare il molecolare di controllo domani, sapremo i risultati giovedì e poi vedremo che fare. Se lei si negativizza comunque non andrà al lavoro o a casa, dove Luciana e Lorenzo attendono anche loro senza gran sintomi che passi la bufera. Per quel che ci riguarda saremo un famiglia con una ex-positiva-ora negativa e un negativo-quasi certamente positivo. io proverò a farmi un rapido lunedì prossimo, anche per capire se posso confermare qualche appuntamento in presenza a metà dicembre. Non che cambi un granché, una delle lezioni del covid è che ci vuole pazienza, che se non fai oggi farai domani, se non sei presente o sei online o il cielo non ci cadrà in testa.

mi lavo la mani, perdo il conto, più di una dozzina di volte al giorno. per evitare escoriazioni e eritemi ormai di default ogni volta mi spalmo un po' di crema, ungendo poi giulivo tastiera e tutto quel che tocco per una decina di minuti. ho ripreso la lettura, a ritmo non indiavolato, di "La neolingua dell’economia" di Jean Paul Fitoussi, con sottotitolo appropriato alle circostanze, fra l'ironico e l'incoraggiante: "ovvero come dire a un malato che è in buona salute". È un dialogo eterodosso in cui si esaminano i cul de sac terminologici del dibattito economico europeo. Abbiamo anche finito di ascoltare in podcast la strepitosa trasmissione di Silvia Ronchey "Queste anime viventi. Animali, anima e mondo", la trovate qui o su RaiPlay Radio, imperdibile!

https://www.einaudi.it/catalogo-libri/problemi-contemporanei/la-neolingua-delleconomia-jean-paul-fitoussi-9788806243241/





Saturday, November 28, 2020

Covid (ci) 6?

Mi vien voglia di non parlarne più di questo covid derubricandolo, in attesa del tampone di controllo, a occasione per scrivere qualche post che forse avrei messo nel diario, quella specie di caotico file .rmd con link, storie, invettive impubblicabili, numeri, idee e quintali di errori di battitura...

Ma serve disciplina: partiamo quindi con l'angolo dell'ipocondriaco: ho passato una nottata più complicata del solito, con mal di testa montante e faccia avvampata, come se avessi un lieve influenza (in effetti ce la potrei ben avere...) Tutto si è dissolto completamente nel corso della mattinata in cui mi sono preso solo un fluimucil e la mia fida aspirina C. anche Cesira sta bene, magari non si autodefinisce "smagliante" ma non ha sintomi evidenti.

Il 28 novembre ricorre l'anniversario della morte di Carlo Scarpa e il grande team di CaFoscari Tour ha messo in onda una intervista bella bella bella a Guido Pietropoli. è un piacere sentirlo raccontare l'opera del professore con acume e umanità e per di più mi ammalia sempre il suo modo di parlare del mondo in generale, ad ampie volute, quella serenità di visione, quel rintracciare i legami con la tradizione per capire chi siamo e da dove veniamo (paleocristiani, bizantini, Jugendstil e razionalismo, matrimoni "ben condotti"...) Grazie Guido e buone nozze d'oro con Violetta! Pensa che mi sono letto perfino L'invitation au voyage di Baudelaire, autore che da giovane mi faceva venire quasi l'orticaria tanto mi risultava incomprensibile quella patina di decadenza disperata che trasuda dai Fiori del Male.

Cesira lavora in una postazione allestita in camera da letto, reclusa e lontana, fiera della sua stampante, è operativa quasi come in situazioni normali. In effetti, questa cattività germofobica spinge a stare al pc per ore (benedetti i 100 Gb!) e lavoriamo senza risparmio sia per passare il tempo sia come forma di "piccola" resistenza morale al virus: non ci hai cambiato e infatti non abbiamo spostato uno che sia uno fra impegni e appuntamenti.

Sara ci lascia fuori dalla porta un pacco di pasta integrale decorticata Sgambaro (non plus ultra!) e un ragù di verdure. comincio ad avere l'incentivo perverso di dire a tutti che siamo positivi fino ad aprile! Guardo la storia della Banda Gotti con John Travolta su Rai 4 fin quasi alla fine, misuro la temperatura (36.8), a nanna!



 

Friday, November 27, 2020

Covid 2km/h

Bollettino del giorno 5: ho  28384.36 MByte di traffico residuo, mi sveglio alle 6.00 con 18.8 C dentro e 0 C fuori, apro le finestre, arieggio, guardo Sirio a sud-est (è luminossissima all'alba, credo sia lei ma non sono un esperto e potrei anche dire una fesseria). Noi stiamo bene, con la sensazione di essere un po' sul filo, in attesa sospesa di avvertire sintomi più intensi che per ora non ci sono. La fatica è stare sempre in quadranti di casa diversi.

Suona il campanello, "una raccomandata da firmare", scendo in mascherina che è indossata anche dal postino, firmo mantenendomi a distanza, mi immagino che sia una qualche comunicazione dei servizi di prevenzione. Poi vedo "verbale di violazione del codice della strada", è una multa! Ma come? Guido ogni morte di papa... E Infatti, capisco che in una di quelle volte ho superato il limite di 2 km/h, sulla Romea, in comune di Mira, quando il limte era 70. posso pagare 60 euro e mi fanno lo sconto se lo faccio presto. (a dir la verità andavo a 77 ma mi hanno dedotto 5 km/h di tolleranza, resta un misero 2 Km/h). Realizzo che stavo andano a Campagna Lupia a fare una serata di educazione finanziaria. Per qualche motivo non m'incavolo nemmeno e, anzi, trovo il lato divertente di questa precisissima infrazione, 2 km/h, wow, una cosa da Tom Slick... Sorrido anche sul fatto che dico sempre che l'educazione finanziaria fa bene: sì, basta andare a piedi o coi mezzi! È anche il giorno dell'intervista a Radio Ca' Foscari in cui provo a parlare d'incertezza e articoli sul Sole 24 Ore. Tutto ok, se non fosse che dimentico lo streaming acceso e sento in cuffia tutto ripetuto con qualch secondo di ritardo, una specie di suk sonoro in cui fatico a tenere il filo e mi tocca concentrarmi per distingure la voce in diretta da quella che arriva ritardata qualche secondo dopo. Un bell'esercizio di sdoppiamento audio-mentale in diretta.

Veniamo a sapere che anche Luciana e Lorenzo sono positivi, cerchiamo di capire senza riuscirci chi ha infettato chi e quando, boh... Anche loro con sintomi minimi o assenti e anche loro ormai da giorni applicano spaziature feroci e rigore estremo.

Sara ci commuove quando ci manda un messaggio e ci dice di andare alla porta, troviamo due centrifughe e le brioches, "Ho pensato che le vitamine vi fanno bene". Ma fa anche meglio sentirsi coccolati e presi in carico dai vicini! 

Vado a dormire, 37 di temperatura e qualche brivido di freddo. mi conficco sotto la mia coperta doppia sul divano. Alè!

Thursday, November 26, 2020

Covid 4

Scendo dal divano, 19.2 C in casa e -1 C all'esterno, mi domando perché do i numeri ogni mattina... senza facili ironie, credo sia un modo per ancorarsi alla realtà e smussare la volatilità del mondo e delle sue interpretazioni sempre fluttuanti. E allora, visto che ci sono, oggi mi restano 35980.69 MByte di traffico, constato che consumo più del solito ma ne ho a sufficienza per arrivare a fine novembre.

La giornata è allietata, e non scherzo, dalla telefonata alle 11.45 del dipartimento di prevenzione dell'AULSS 2 di Treviso. un simpatico operatore, SM, prende atto del tampone positivo di Cesira, raccoglie i dati, appronta i contact tracing (siamo 3 gatti già auto-isolati da giovedì scorso). È una cosa bella, che prova che protocolli e organizzazione possono aiutare a limitare i danni, arginare una pandemia richiede anche tanto lavoro amministrativo e la fatica di stare al telefono per ore coi positivi, contatti, familiari... prova anche che non tutte le strutture stanno affogando. i giornali, ad esempio riferendosi alla Lombardia, da settimane riportano che il "contact tracing" è saltato e anche di recente ho sentito racconti di prima mano del disfacimento della capacità degli ospedali friulani di prendere in carico le persone in tempi umani (e, fatenelo dire, non è una cosa che ti aspetti dal Friuli!).

SM ci dice, quasi con empatia, di stare separati, di tenere la mascherina, di non dormire insieme, di mangiare distanziati. poi aggiunge che "manca poco, dai!, sono solo 5 giorni" alludendo al fatto che se riusltiamo negativi al tampone del 30 novembre dal primo di dicembre siamo liberi.

stiamo "bene", qualche mal di testa (ma magari ci veniva anche prima!), Cesira a tratti ha umore atrabiliare e ha definito "captivity" questo periodo rispondendo ad amici svedesi che hanno scoperto la notizia della "nostra" positività sui social . sorrido nuovamente guardando ai tortuosi percorsi di vicinanza e ai legami che la rete ti consente di mantenere vivi. Maria con google translate ha saputo di noi e ci ha scritto da Stoccolma, wow e tack! Ci sono sicuramente montagne di spazzatura online, cose certamente criminali e tentativi aggravati e continuati di inquinare con fake news il dibattito e vellicare i peggiori istinti (cose alla Trump, per intenderci). Eppure, mi scalda tanto il cuore vedere come la rete offra anche sprazzi di amicizia variopinta e avvolgente (nonostante gli errori comici del traduttore di fronte alla blog-lingua che campeggia in questi post)!

Wednesday, November 25, 2020

Covid 3

Giornata che fila via quasi normale, forse ci si abitua a tutto, divano compreso. Sveglia alle 6.00, temperatura 18.9 C dentro e -1 C fuori, solita routine di preparazione per yoga breve dalle 7.00 alle 7.30 (ma finiamo sempre dopo). Colazione e poi via con un po' di lavoro e email, tante e senza sconti nonostante la quarantena.

La cosa veramente bella è l'onda di affetto che mi arriva dagli amici che hanno visto blog e social. Il primo messaggio è di JLuke, mi scrive sul messanger che l'hanno preso tutti in famiglia e che lui, il vecio, lo ha patito parecchio ed è ancora in attesa di uscirne per bene. È un fiume di amici, Monica, Francesca, Roberto, Susi per citarni alcuni e in qualche caso è una corrente carsica che riemerge dopo mesi sotterranei in cui non ci siamo sentiti. Ma è sempre così, ci sono persone che ti raggiungono quando serve e ovviamente non conta se quando non serviva non c'erano. Grazie!

C'è poco da aggiungere sul fronte medico-scientifico: tengo la mascherina che tende a farmi diventare le labbra tumide quando me la tolgo, mi monitoro con attenzione olfatto e gusto, tutto bene, prendiamo due aspirinie con vitamina C al giorno tanto per dire che prendiamo qualcosa, asciugamani separati, arieggio quando posso e alle 6.00 di mattina il ricambio d'aria frizzante che entra dall'esterno si sente bello dritto, se non fosse comico direi che rischio di prendermi un'influenza!

Mi sento fortunato, altri hanno patito le pene dell'inferno, ma per ora tutto fin troppo facile.  e non essendo scarmantico non ho problemi a dirlo e, se le cose cambieranno, non sarà stato di certo perché ho sfidato la sorte con un rigo su un post.

Forse c'è un'altra cosa rilevante, almeno per uno come me: aiuto Lorenzo, che è in quinta liceo, con lo studio di funzione e ci spariamo un "traccia il grafico di $$f(x)=|3^{|x-1|}-3|."$$Su Gmeet, fra i soliti "mi senti?", "vedi quello che scrivo?" ci mettiamo quasi un'ora, sono pur sempre moduli nidificati, è una rogna se non usi scorciatoie da geek affinate in decenni, tre punti angolosi, una simetria "spostata"... 5 pagine di pdf dopo riemergiamo con un po' di soddisfazione e vien fuori comunque un grafico che somiglia a quello che fa WolframAlpha.

Penso che certamente la maggior parte dei miei studenti del primo anno farebbe una fatica boia a disegnare quest'andamento dopo il corso base di Matematica e sono sempre sorpreso di quante perle intellettuali uno metta in bisaccia in un buon liceo... Alla prossima. 

 

Tuesday, November 24, 2020

Covid 2

La temperatura è scesa fino a 18.8 durante la notte, mi sveglio alle 6.00, come di norma, dopo aver dormito in salotto, piccola dose di frutta e yougurt e un the verde prima di yoga dalle 7.00 alle 8.00, io con mascherina sul mio tappettino.

Penso (ma era considerazione già fatta in passato) che la mascherina ti obbliga a un uggiai potenziato e sanitario che ti fa apprezzare i piccoli grandi movimenti del respiro, se non lo capisci con la pratica lo senti col lembo ti tessuto che comprime inspiro e espiro e li rallenta quel tanto che basta, anche appannandoti gli occhiali, per darti grande consapevolezza. Cristina ci tiene, come sempre, su un bel binario per un'ora che pare sempre volare. Colazione. Riunione per un esoterico tentativo di PRIN con Emanuela e Stefania.

Poi schizzo a Riese, sul filo dell'evasione dalla auto-quarantena che ancora per poco non è obbligatoria, per prendere stampante, fascicoli e raccoglitori per Cesira, un saluto distante, veloce e giardingo a Luciana, un "ciao" detto con la porta della camera chiusa a Lorenzo. Poi via verso il centro di medicina di Villorba, dove ho prenotato il rapido alle 12.50, nell'ultimo tratto mi faccio aiutare dal navigatore di google maps che ti fa sempre fare stradelle attorcigliate come bigoli in salsa in una campagna accecata da un sole invernale tanto basso quanto potente.

Provo a pagare con un biglietto da 50 euro ma l'infermiera mi ricorda che non li scarico se non uso i mezzi di pagamento elettronici, ok bancomat. una signora stagna e professionale mi conficca parecchio in fondo il cotton-fioc in una narice, ancora mi sgrendono le fibrille e poi mi dice "fra un quarto d'ora so il risultato, esca e se è positivo le telefono subito. sennò si scarica il referto domani''. Come? Le chiedo se devo "bagolare" nei paraggi all'esterno per 15 minuti? Categorica: "si". sono le 13.00 e devo passare il tempo in un altro parcheggio (come ieri al tramonto, bella coincidenza di questi covid days). con andamento peripatetico mi guardo la vetrina della Sparkasse, IperCeramica e Wall Street English, poi vedo che c'è la sede della Pinarello, la Harley Davidson della bicicletta nostrana. ma dev'essere una sede operativa / organizzativa dato che di bici da 10000-12000 euro nemmeno l'ombra, proseguo e vedo un "doctor glass" che ripara i parabrezza delle macchine e un sushi restaurant figo da cui esce uno della mia età con fagotto take away. mi sono allontanto di 200 metri, bordeggiando questo complesso stracolmo di attività commerciali che trasuda nord-est a lato di Viale della Repubblica, sono le 13.11 e stimo che se torno lento solitario y final alla 500 saprò se sono positivo o meno. lemme lemme arrivo, apro premendo il pulsante sulla chiave, salgo in macchina, sono le 13.16, non ci credo troppo e mi avvio verso casa telefonando per dire di buttare la pasta. ma la telefonata, quella che ti dice in anteprima che sei positivo, non arriva. sono nel ramo else della tipa dei prelievi: se ti telefono sei positivo; altrimenti scaricati il file e arrivederci.

Sono negativo (avrò conferma formale con referto pdf con sms alle 17.06). nel corso del pomeriggio due riunioni gmeet, non sia mai visto il periodo, in cui do la notizia a Marco, incredulo forse come me. Eh sì, perché il punto ora è se riuscirà il nostro eroe (chi?) a rimanere negativo vivendo insieme a una positiva per 10-12 giorni senza nemmeno poter uscire adesso che Cesira ha pure la conferma del molecolare.

Viviamo in una bella casa luminosa e "ampia" ma è in sostanza un open space con bagno unico, non sarà semplice distanziarsi. mi calco la mascherina sul setto nasale, a mo' di casco da motociclista, che altro posso fare? Sono curioso di sapere se il mio (ipertrofico? non troppo!) sistema immunitario ce la farà. per addormentarmi (rigorosamente sul divano, ci mancherebbe!) camomilla e linee guida del New England Journal of Medicine (really posh!): preoccupati se hai tachypnea (più di 30 respiri al minuti) o saturazione sotto il 93%... stay tuned!

Monday, November 23, 2020

Covid 1

Quel po' di mal di gola e lieve raffredamento spinge Cesira a prenotarsi un tampone rapido per l'indomani. poi però ci danno una dritta e troviamo un laboratorio a S Zenone che ci dice che ce lo fa se arriviamo prima delle 10.00. Let's roll, Cesira parte alla massima velocità per arrivare in tempo. Sto al telefono con lei spesso, per darle indirizzi e guidarla mentre solca la provincia e io vedo google maps. Questo è l'inizio del giorno 1.

Già perchè alle 10.30 arriva la notizia della positività... I puntini catturano il fatto che non è semplice descrivere quel che succede nella mia testa. Proverei a definirlo uno shock calmo, nessuna sensazione di panico o paura ma via via la realizzazione che è un casino, che bisogna avvisare, predisporre, convivere anche col vago senso di colpa di esserselo preso e, magari, di averlo passato ai familiari.

A dir la verità non me lo sono preso io, non c'allarghiamo, ma tendo a dare per scontato che non posso che essere anche io sull'ottovolante della positività visto che marito e moglie, se non sono una coppia moderna come Donald e Melania, tendono a stare parecchio vicini.

Telefoniamo di qua e di là, mamme, fratelli, sorelle per informarli della notizia del giorno. Saggiamente Eman mi ammonisce di non fare il tampone per evitare che sia sancita la mia positività col rischio di "andare nel penale" se mi muovo o se mi fermano. Cesira prenota il molecolare, parla con la sua dott.ssa di base, parole saggie, dice di non fare nulla, non le propone nemmeno di fare antibiotici e cortisone che ho letto da qualche parte dovrebbero essere l'abc della cura. Si reca poi in dogana, fa tampone di conferma in poco più di un'ora fra andata, test e ritorno, adesso basta attendere un giorno i risultati

Telefono e mi prendo il posto per il "suo" tampone rapido alle 12.50 del giorno 2, tanto per sapere anche io se... sapere cosa non lo so: avvisare Marco e Daniela, ad esempio, con cui sono stato giovedì o mamma con cui ho fatto un'ora di macchina mercoledì.

Ritrovo lucidità: fino alla conferma di domani non sono ancora certo di essere entrato in contatto con una positiva e decido di fare la spesa, preparando una robusta lista di cose da mettere nel carrello, Eurospin, 92 euro, è il nuovo record mondiale (per me), circa il doppio dell'ammontare settimanale (e, infatti, ad occhio ho cercato di comprare tutto doppio per avere vettovaglie e verdura fresca per una decina di giorni). esco e non riesco, nonostante sia sul parcheggio di un supermercato di periferia, a non rimanere con la bocca aperta per un tramonto incendiario (che ha spinto anche sua santità Luca Zaia a fare un tweet). punto al Conad (è una storia lunga: certi prodotti vanno meglio di là, c'è poco da fare e, in un certo senso, queste sono provviste a lungo termine). Mi fermo in edicola e prendo il "Corriere" col pezzo di D'Avenia. Devo comprare brioches di ultima istanza alla S Ambrogio ma è proditoriamente chiusa. non demordo, in fondo per una quindicina di giorni mi attendo carestia, e mi fermo anche "da Francia", 4 fra pastine e croissant e una pizzetta per me.

Tengo la mascherina anche in casa, come la coperta di Linus da adesso non la mollo più, mi pare che sia un modo per scambiarci meno carica virale. fra l'altro la porto solo io, Cesira ancora pare un filo sfusata e non la mette anche se, in fondo, la rapidamente positiva è lei!

Mi faccio il letto sul divano, stendendo le due lenzuola e lasciando la coperta piegata doppia che sto bello caldo, camere separate per colpa del covid. domani è un altro giorno. ma forse dovrei dire da domani saranno altri giorni!

Monday, November 16, 2020

Road to (no)where?

Sono le 18:21 e questo sarà un post adrenalinico, di quelli che ti vengono (anche se ci penso da un paio di giorni con qualche lucidità) per la cattiveria di non farti prendere per sfinimento, andate in mona ma adesso scrivo per sopravvivere metaforicamente in un mondo lavorativo il cui senso è evaporato fin troppo.

Sarà colpa della pandemia ma a furia di zoom, gmeet, virtualità, email per ore e ore, video per ore e ore, tastiera per ore e ore mi girano le eliche vorticosamente: che cosa ci faccio io qui? In realtà ho tradotto Chatwinianamente un più padano "che cavoeo sto a far tuto il dì?", visto che se pur lavori come un negher quando t'azzardi a fine giornata a guardare indietro, a mo' di esame di coscienza del proletario, ti sorge il rovello di sapere che cosa hai fatto veramente tutto il giorno.

Eh sì, perché uno si chiede come mai, dopo che la collettività ha investito su di me e, temo, su migliaia di altri docenti, valanghe di euro per decenni in formazione, stipendi, miglioramento del capitale umano, io passi le giornate su email, piattaforme, video-riunioni interminabili, questioni asfissianti di forma senza sostanza, scadenze, procedure, moduli, email (l'ho già detto, scusate, ma ne arrivano così tante da creare un'ansiosa ripetizione) email, email... 

Vedete, se pensate che mi dovrei dare una calmata perché scrivere email e dintorni tutto il giorno è un lavoro come un altro, ebbene no cicci belli! Io dovrei anche fare didattica e ricerca, sono pagato, mi sento pagato -forse lo devo alla collettività, forse lo devo a me stesso- per insegnare, ascoltare gli studenti, studiare a mia volta e fare ricerca, scrivendo qualche buon articolo scientifico ogni morte di papa. Ma quando mai? La maggior parte di noi docenti ormai vive gli studenti come un ostacolo, una cosa che si frappone fra te e la necessità di provare a pubblicare e poi rispondere a decine di richieste, dare informazioni, stendere report amministrativi, rendiconti, relazioni, lettere di referenza, riempire moduli di missioni, di disponibilità, di indisponibilità, di acquisto, di rimborso. e avanti con autorizzazioni, delibere, consultazioni e così via. E gli studenti? Quali? Quelli che vorrebbero avere un docente decente con la testa sulla lezione e si trovano davanti invece un UFO, oggetto umano non ben identificato, che fino a due minuti prima e due minuti dopo la lezione pensa a tutt'altro e scrive quintali di "boiate" finto chic in email e piattaforme fino a quando la vista si sfoca davanti al video?

E la ricerca, il sogno di ogni giovane che ama la scienza? Quale? Quella che dovresti fare per una quota consistente del tuo tempo? Non pervenuta, mi spiace, rarefatta al punto che mi domando "ma quand'è l'ultima volta che ho studiato e pensato seriamente a un problema?" Boh... ma almeno hai scritto tanti email "urgenti", mi vien quasi da piangere solo a pensarci.  

Sono le 18.46 e mi sono un po' sfogato. In fondo scrivo per questo, l'oppio inchiostrato dei blog per resistere a un andazzo che non mi piace e che, certamente, è andato peggiorando negli ultimi anni (lo so, non ridete, è dai tempi di Cicerone che tempora e mores vanno sempre peggio!) Ma l'università ha preso una piega in cui fatico ad arginare la tracimazione di scartoffie (virtuali) che travolgono i veri motivi per cui questo è un lavoro fantastico: insegnamento e ricerca. E a dirla tutta anche i compiti organizzativi, se te li lasciano fare bene, danno soddisfazione e contribuiscono a un mondo migliore. Ma come czzrla si fa a fare bene qualsiasi cosa se i neuroni ballano impazziti in un frullato continuo di email tamburellanti, adempimenti vari, moduli, telefonate?

Ispirato dal brillante "Dear Data", un giorno della settimana scorsa ho deciso di appuntarmi (più o meno) tutti i pezzettini di una giornata abbastanza standard. In altri momenti avrei forse fatto altre cose ma il succo credo sia lo stesso. Ne è uscito questo elenco di dati "reali", in cui ho inserito qualche iniziale per non implicare colleghi e collaboratori che si potrebbere bene riconoscere. E un micro-campione senza significato statistico (Francesca inorridirebbe!) ma con parecchio significato per me. Se proprio non v'interessa farvi gli affari miei, scorrete pure in velocità, credo che il messaggio passi forte e chiaro anche senza i minuti dettagli dei miei rapporti coi CUP della provincia:

9:18 controllo banda consumata
9:21 email a C
9:30 email a M
9:32 email ad A
9:36 registrazione esami
9:41 risposta a T
9:48 email organizzativo per corso
9:58 email E articolo media
10:01 WA C per mandare email (WA sta per whatsapp)
10:01 WA collega
10:03 email interlocutoria "aspetta un attimo, non ho tempo"
10:21 lunga telefonata con R per laurea su zoom
10:31 email a laureanda per zoom
10:34 inizio aulss 2
10:38 fine "non ci sono operatori", la richiameremo
10:44 email per lettera di referenza (interlocutoria)
11:06 fine richiamata per visita (senza esito)
11:21 sono stato 15.01 minuti con operatrice gentile di CFranco, prenotato!
11:25 studio lettera per V
11:35 chiamata di C
11:54 rientro da caffè
11:55 WA con P
11:58 email F per commissione online
11:59 WA con P
12:35 fine stesura lettera referenza per studente bravo
12:42 prima reference spedita
12:56 seconda reference spedita
12:58 lettera di conferma referenze a V
13:39 finita la pausa pranzo, contatto WA infermiere per vaccino
13:46 cancellazione appuntamento esami sangue
13:51 email a G
13:57 email a G (è un altro!)
14:08 partita veloce a bkgm, vinta! (sono i primi segni di cedimento...)
14:16 revisione partita che mi ha portato a 1790 fibs
14:23 email organizzativa a C
14:28 letto email per distinguere urgenze da altro
14:36 finisco di bere una tazza di the 
14:38 email a G e C
15:19 email a B per seminario settimana seguente (con pausa)
15:33 inizio lettura paper di X 
15:36 email a Z
15:54 telefonata di C mentre leggo paper
16:29 finita tazza di caffè che mi sono fatto e 6 pagine di paper (7 minuti l'una)
16:32 sospendo tutto e mi metto a fare i piatti
17:00 finiti i piatti (mentre ascoltavo il tg3 delle 16.45)
17:20 mi distraggo cercando "Trieste, verde bianco e rosso" su raiplay
17:21 torno al paper, è buio e fra mezz'ora devo "presentare" a un webinar
17:35 email di D con bio, mi vesto
17:43 studio le bio di B e di G
18:05 inizio dopo che E ci ha ammesso online
19:15 esco dal webinar e...
19:30 a tutta manetta preparazione e collegamento per fare pilates (e fine della giornata!)

È un giorno come tanti altri ma come diavolo avrei potuto fare qualcosa in questa "normalità"? La qualità richiede concentrazione, la scienza richiede dedizione che rasenta la ferocia e la cura dei propri e altrui pensieri richiede attenzione. E invece il rumore di fondo di questa sequenza mi pare oggi e mi è parso allora distruggere ogni speranza sotto i colpi di un multitasking selvaggio e un fiume di distrazioni e cambi di fronte (cose che fra l'altro sono note per essere deleterie, produrre errori e inquinare le idee, come c'insegna Spitzer in "Demenza digitale").

Questa deriva non è una novità e, ad esempio, Ben Martin nel 2017 in una rivista che discute temi manageriali relativi all'innovazione scrive:

In recent decades, many universities have been moving in the direction of a more hierarchical and centralised structure, with top-down planning and reduced local autonomy for departments. Yet, the management literature over this period has stressed the numerous benefits of flatter organisational structures, decentralisation and local autonomy for sections or departments. 

Già: negli ultimi decenni abbiamo diretto l'università verso modelli centralizzati e gerarchici... con controllo top-down attuato con continue raccolte di dati su piattaforme, monitoraggi, valutazioni semi-automatizzate... nonostante la letteratura manageriale sottolinei i grandi benefici di strutture organizzative orizzontali snelle e decentralizzate...  Trovate l'articolo a questo link e sono debitore a Pia di avermi segnalato un paio d'anni fa un altro approfondimento in cui si segnalava la stessa cosa: i docenti fanno sempre meno quello che t'aspetti da loro (didattica e ricerca) e passano sempre più tempo affacendati in altri compiti e compitini para-amministrative e meta-burocratici.

Al tempo si pensava che il tema di come fermare questo processo potesse entrare nel dibattito per l'elezione del nuovo rettore. Poi l'elezione si è svolta in un'atmosfera surreale, con dibattiti online per colpa del covid-19 e scarsa discussione di temi di ampio respiro che pure trovavano posto nelle piattaforme dei candidati migliori. Alla fine dopo 6 anni di un omino perennemente in nero abbiamo eletto la sua vice, sigh...  pazienza, fatta una papessa se ne fa un'altra (fra sei anni).

Ritengo però che non si possa attendere oltre per ragionare e provare a cambiare qualcosa nell'organizzazione del lavoro per limitare lo strapotere di queste che gli ingegnieri chiamerebbero "correnti parassite". Non sto dicendo che è semplice e probabilmente il ricorso a strumenti informatici è stato ulteriormente e definitivamente acuito nell'emergenza sanitaria; forse io sto invecchiando e non reggo più i ritmi di lavoro di un tempo; forse il continuo sottofinanziamento del sistema universitario rispetto agli altri paesi europei sta presentando il conto ("meno persone e finanziamenti = meno servizi e più lavoro per chi resta"). 

Credo che si potrebbe tentare anche qualche aggiustamento interno: abbiamo il dovere di tagliare diversi processi kafkiani e semplificare questa boscaglia di richieste e raccolte dati, posso anche accettare che il carico extra-didattico ed extra-scientifico sia aumentato, forse fa parte dello zeit-gest. Ma si potrebbe riorganizzare il supporto amministrativo ai docenti creando gruppi in cui, ad esempio, una risorsa dedicata è parte di un team di 6 docenti affini per interessi o settore (per fissare le idee pensate a un ordinario, due associati e tre ricercatori/post-doc), in modo che questo manipolo di 7 persone possa interagire al suo interno e contare sull'aiuto di una persona del PTA che aiuta a sbrigare la mole di compiti "extra" che sarebbero richiesti a tutti i membri del team.

È solo una proposta da blog e sicuramente se ne possono fare di migliori. Ma credo che sia ormai ineludibile sterzare e cambiare strada per tornare a dare la sacrosante priorità ad attività centrali e focalizzarsi sul miglioramento della didattica che ormai sta diventando di esilità preoccupante tanto è schiacciata da altre incombenze. 



We're on a ride to nowhere
Come on inside
Takin' that ride to nowhere
We'll take that ride

(Talking heads)



Sunday, November 01, 2020

Gnocchi di zucca: ricetta bellunese

INGREDIENTI

zucca "santa" 
farina 00 
sale 
uova 
ragù di carne 
burro e salvia 
parmigiano

Quando facciamo gli gnocchi le dosi sono sempre abbondanti perchè la pastella può essere usata anche il giorno dopo. Con una zucca grande (2.1 kg di polpa cotta) si ottengono circa 10 porzioni di gnocchi. 

Tagliare la zucca a metà e poi a spicchi, togliere semi e filamenti, disporre i pezzi nella pentola, aggiungere acqua e sale, coprire con il coperchio e lessare bene la zucca. E' importante non mettere molta acqua nella pentola per non inumidire troppo la polpa: circa 5 cm d'acqua dovrebbe essere sufficiente, controllare che verso fine cottura il fondo della pentola sia quasi asciutto, altrimenti versare fuori l'acqua avanzata prima di completare la cottura. 


Disporre la zucca cotta sul ripiano e, ancora calda, togliere con un cucchiaio la polpa dalla buccia e raccoglierla in una terrina. Pesare la terrina vuota e poi pesare la terrina piena di polpa di zucca. Ogni 700 gr di polpa servono 230 gr circa di farina e 1 (uno) uovo intero. 



Mescolare la farina alla polpa un po' alla volta, aggiungere uovo e ancora farina se serve, fino ad ottenere una pastella densa, morbida e un po' granulosa. 


Far bollire l'acqua salata in una pentola, raccogliere mezzo cucchiaio di pastella alla volta e versarlo nell'acqua bollente. Ricoprire di gnocchi tutto il fondo della pentola e poi lasciare che da soli si stacchino dal fondo e risalgano in superficie. Lasciarli bollire ancora un minuto e poi scolarli bene con un mestolo forato. Riporli in un contenitore al caldo e ripetere l'operazione con il resto della pastella o fino ad ottenere la quantità di gnocchi desiderata. 





Versare gli gnocchi nei piatti riscaldati e condire a piacere con ragù di carne o con burro fuso e salvia. Spolverare con abbondante parmigiano grattugiato.
Gnocchi con burro, salvia e parmigiano.

Gnocchi con ragù e parmigiano


Santi, tour dei cimiteri e affetti

Questo è un post antico o almeno avrebbe dovuto esserlo dato che da decenni in questa stagione dell'anno partiamo per questo pellegrinaggio che ha quasi smesso di essere triste. L'autunno è spesso screziato di colori fiammeggianti e giornate dal clima mite e di tersa luminosità. Io l'ho imparata dalla mia famiglia bellunese questa processione per luoghi, paesi, tombe: un fiore per persona, una fronda di pino, una magnolia verde, quest'anno anche rami d'ulivo con i frutti bruniti (sorridendo ci siamo detti in un caso che avrebbe potuto prendersi uno spritz con l'oliva...)

La mia versione trevigiana bazzicava poco i cimiteri, ho sempre visto mio papà andarci relativamente di rado e sempre con una tranquillità contagiosa: non era mancanza di rispetto né oblio, la vita va avanti e le persone si scavano il loro cunicolo carsico dentro di te e nulla di tutto ciò è intaccato se li vai a trovare una volta l'anno o un po' di più o un po' di meno. Magari le cose adesso sono cambiate e, come forse accade a tutti, le partenze si accumulano, i lutti ti tolgono affetti, presenze e magari incrinano la fiducia, in me istintiva e diretta, di durare per sempre, a mo' di ventenne sempreverde. Ne è seguita una maggiore frequenza di passaggi che servono anche a rompere la lontananza, alimentare i ricordi e diluire a poco a poco quel nodo che ti prende certe volte.

Partiamo da Salvarosa, Iride e Vittorio vicino alla Motta, lasciamo un'orchidea nella tomba di famiglia. Poi Riese, guardo il ghiaino bianco (che è stato oggetto di pareri vari), salutiamo Carlo dolcemente con tre "eterno riposo".  Lasciamo un fiore anche a Bruno e Gina, in una nicchia dietro all'altare sui cui in altri momenti si sarebbero celebrate le funzioni, e salutiamo Benedetto e Amalia, uno in alto e l'altra in basso quasi a ricordarne le altezze estreme.

Subito dopo pranzo con la station verso Vallà, frazione che entra nel tour per la prima volta 9 anni dopo. A volte serve tempo per trovare la misura giusta, rosa rossa legata con un nastrino alla lucina elettrica, con tanto di "tirante" per farla stare dritta. Rino si sarà fatto due risate: "femene!" Osservo che numerosissime tombe, in modo un po' monotono, portano l'iscrizione "I tuoi cari". Bella ma, penso, anche un filo scontata.

Alle 13.37 la Peugeout se ne va liscia liscia verso la Val Belluna, portando un borsone di fiori e tutto l'occorrente, con Luciana non siamo mai dilettanti allo sbaraglio: forbice "da bruscar", forbicina, nastro, cubo di spugna, un fascio di fiori e il "verde" che è necessario per ornare le composizioni. Ho sempre trovato questa organizzazione imponente e precisa, quasi professionale: un ricordo per tutti e tutto quel che serve per lasciarlo e inserirlo nel contesto, incontrando quello che c'è e inserendosi con garbo nei mazzi di parenti o figli che, quando presenti hanno una, "precedenza d'anima" che è sempre rispettata.


Lentiai ha un cimitero bellissimo, il Pizzoc e il Pizzocchett sovrastano il camposanto e, sull'altro lato, una distesa di verde, il funabolico campanile di Santa Maria Assunta e, dietro, la pedemontana e i "bosch". Sarebbe il numero uno ma io ho visto anche il cimitero di Alano di Piave (non quest'anno...) che pare un'astronave sul punto di decollare, in cima a una colina, perfetto per consentire a chi ci passa di spaziare tutto intorno. Ho pensato spesso che in posti come questi (aggiungeteci anche Waverley in capo al mondo, per fare onore al titolo del blog) è forse meno duro riposare per l'eternità. Bortolo e Cesira stanno fianco a fianco da parecchi anni, tre rose, crisantemine, rametto d'ulivo, nastro. Sono i padroni di casa, onorato di ritrovarvi come da molti, moltissimi anni, tanto che quasi sono vostro nipote anche io!

 Le lapidi intorno e le loro iscrizioni hanno la loro vivacità: "Emigrato a lungo oltre i mari ora riposa vicino ai suoi cari Ervin Tecla" o tramandano glorie come "Dec di due medaglie d'argento" o "Cavaliere di Vittorio Veneto", giustamente rammentando dove siamo e cosa c'è stato a pochi km da qui. La semplice iscrizione "I tuoi cari", che in pianura và per la maggiore, è rara e vedo lame di luce come "L'alba ti porterà sempre un pensiero di tua moglie" e anche "Mamma nel tuo gran cuore viveva il nostro cuore", oltre che più sobri "Con dolore la sorella Adalgisa" o "Ricordandoti i nipoti". E poi dicono che i montanari sono persone dure!



Questo tour di ricordi, rispetto e testimonianza continua visitando Gianna ("siamo cresciute insieme" dice Luciana al figlio che sta spazzando la tomba di marmo grigia), zii che forse ho intravisto quasi trent'anni fa, Dario, Isetta, Ruggero, il ricordo di Ivo,  Cesare col cappello da bersagliere, la nonna Maria...

Non è un giorno triste e lo concludiamo in equilibrio sul filo dell'amarcord da Garbujo a Feltre che è un posto inciso nella nostra storia. La pasticceria fondata nel 1882 ci ha ospitato in modo non banale in momenti che ormai tendono ad essere avvolti nel (nostro) mito. Gli anni passano ma tanto resta e siamo contenti di avere fatto anche questo viaggio, ora che Luciana sta meglio, in un giorno a prima vista dolente e in un periodo infestato e forse non semplice. Su e giù per la Val Belluna e per molti altri sentieri di vita.

Monday, September 07, 2020

Taranto vagante

Fin troppo spesso a Taranto associ solo l'ILVA e il suo lungo e ancora irrisolto strascico di lavoro, riscatto, declino, inquinamento e sfacelo industriale, ambientale e sociale. Eppure è una città che ci è entrata nel cuore di straforo grazie a Claudia che, dopo aver soggiornato per tre anni a Treviso, ci ha dato le motivazioni per visitare la sua città per la terza volta.  E ormai capiamo a modo nostro questo posto di 200.000 abitanti che è l'unico angolo di Puglia che conosciamo civilmente fino al punto di sentirci un po' a casa.  E allora via con sprazzi e (alcuni) lazzi su questo viaggio di fine estate e fine covid, appena appena prima della ripartenza.

Sud. Rimango sempre affascinato dalla bellezza dei luoghi e della storia che li animano, Taranto è un portento inconsueto, con la sua città vecchia a metà fra lo spettacolare e il disfatto, un'acropoli magno-greca con palazzi nobiliari e cattedrali a pochi metri da ruderi cadenti, rivoli maleodoranti, scooter in perenne gimkana e un'umanità gagliarda, latitante ed inconsueta. Ma credo che questa sia anche una cifra di lettura di molta parte del meridione del paese: la contraddizione palese fra scorci bellissimi (d'arte, di storia, di umanità, di natura) e cumuli d'immondizia letterali o figurati che attendono di essere rimossi (e ad occhio attenderanno un bel po', non è questione recente che si risolve in un attimo). Tanto per fare un esempio, ecco il mar grande che affaccia sulla città e sul suo porto: verde, placido e brillante anche se siamo in pieno centro. Ma, se guardate in basso a sinistra, non sia mai che sulla stessa scalinata che ti porta a vederlo manchino lattine, bottiglie di plastica e altro pattume immancabilmente presente.

Siamo stati a vedere il Marta, lo stellare Museo ARcheologico (di) Taranto dal nome così femminile. Non era la prima volta ma in tempi di covid nel turno delle 10.00 in cui abbiamo prenotato noi 4 eravamo in tutto in 6, una sporca mezza dozzina di turisti in due piani e 25 sale di reperti da perdere gli occhi. La bellezza di un museo del genere visto in pace e solitudine è acuita a dismisura nella desertificazione e negli spazi ariosi e vuoti che potevano essere solcati sotto lo sguardo vigile dei custodi, che pure con un tocco quasi esotico di impalpabile burocrazia, si prodigavano a spiegare anche i dettagli della tomba dell'atleta e di altre meraviglie. Lo sapevate che i romani mandavano vasi di vetro colorati da Aquileia a Taranto? Poi uno si chiede ma da dove gli è venuta l'idea a Venini e agli altri di fare vasi quando poco meno di 2000 anni fa mandavano giù i prodotti e gli mancava solo Amazon.


Sopra: vaso in vetro di Aquileia al Marta. Sotto: vasi di Venini a Treviso.

Mare. In ordine di apparizione abbiamo visto Baia Serrone (bella ma nel complesso oscurata dalle altre due), spiaggia El Cohiba 59 a Marina di Pulsano e La Marée a Lama (frazione di Taranto). El Cohiba è una spiaggia bianca e cristallina con un mare ipnotico color del topazio che ha poco d'invidiare ai Caraibi (ve l'ho già detto, vero?, che volendo a 200 metri i mucchi di detriti delle case abusive ti ricordano che c'e sempre margine per migliorare). Il lido è una meraviglia e lo stabilimento ti accoglie come se tu fossi un pascià coi suoi ombrelloni rossi e la macchina havanera all'ingresso (chissà se era una Buick o una Cadillac...)

Per maggiori info: https://www.elcohiba59.it/

La Marée è a pochi km da Taranto ed è un prato verde a picco su un mare di scogli. Non avevo mai visto questa combinazione di erba, scogli e mare. Molti, o quasi tutti, gli avventori mi sembrano tarantini che si godono questo solarium in un angolo di rara forza visiva a pochi km dal centro. Ho fatto due bagni, anche con mare un po' mosso che idromassaggia il padano che è in me, abituato al massimo a qualche ondina a Porto S Margherita. Ci fermiamo fino al tramonto, lento, luminoso y final.


Il tramonto è del 4 settembre 2020, vedi anche https://www.lamaree.it/

Avremmo voluto vedere anche Punta Prosciutto e Punta della Suina, sia perché il porsel è parte della famiglia sia perché ci saremmo fatti un balletto imitandone uno che ci è piaciuto ma sto divagando e se restate sul pezzo capirete dopo...

Cibo. Non serve Wikileaks per rivelare che in Puglia si mangia bene, molto bene, benissimo e tanto, molto tanto e tantissimo. Noi ci siamo difesi e Claudia ci ha servito in questi pochi giorni cozze gratinate alla tarantina, riso patate e cozze (forse mi prendevano per i versi ma magari è diverso da patate riso e cozze...) e vai con linguine alle vongole e burratine, olive, stracciatella, focacce, frise al pomodoro, cacioricotta. In ordine sparso continuiamo con capperi fatti in casa (nel suo giardino, intendo) da Ornella, melanzane ripiene, fave e cicoria, Negramaro, pagnottelle e gli dei degli ingredienti siano clementi se mi dimentico di tutto e di più. Incredibile dictu, non abbiamo nemmeno esagerato tanto e, per dire, quand'eravamo al mare mi sono limitato a sobrie paste fredde coi pomodorini e dintorni. Un capitolo a parte però spetta a Lecce.

La domenica infatti abbiamo inforcato la fida Peugeout 208 a noleggio Goldcar e siamo andati a riempirci gli occhi del barocco più bello che io conosca, in una giornata calda fresca in cui si poteva passeggiare anche col sole a picco  senza squagliarsi l'ascella. Ebbene, sorvolo sfacciatamente su duomo e Santa Croce, e mi soffermo sui rustici di Alvino in Piazza S Oronzo (per chi ama il salato o, puta caso, se vi beccate un diabete tardivo) e sui suoi pasticciotti (crema e pistacchio, crema e limone e infine il capotribù crema e amarena; poi non ce l'hanno fatta più nemmeno le ragazze che in fatto di dolci sono delle mantidi!). Chiusura col caffè in ghiaccio e latte di mandorla. I (miei) gusti sono gusti ma questa storia del caffè in giaccio è una gran trovata, io l'ho preso ristretto di latte di mandorla e il macchiato, vagamente nordico e financo triste che prendo di solito, è diventato forte, freddo, intarsiato di spezie e dolcezza amarognola. Se siete amici, ve lo auguro e sennò che il Nescafé vi colga!

Ferzan. Il nome, anche se non proprio salviniano-longobardo, vi dovrebbe ricordare il regista turco-romano Ozpetek. Ma cosa c'entra la Puglia? Se non siete cinefili potreste non saperlo ma uno dei migliori lavori del Ferzan nazionale resta "Mine Vaganti''.  E il film, combinazione, è stato girato a Lecce. Per la prima volta in vita mia, seguendo i suggerimenti di Lorenzo e degli amici locali, ci siamo lanciati in un simpatico giro turistico al celluloide, cercando e trovando alcune scene del film cult del 2010.


Siamo nello stesso portone! (da "Mine Vaganti", 2010)

La scena finale, ad esempio, quella che mescola due generazioni, accostandole a  un funerale, è ambientata a pochi metri dal duomo. Abbiamo ritrovato la via e l'androne e ci siamo rivisti quelle immagini struggenti che forse, a modo loro, rimettono insieme le cose. O forse no. E se mi chiedete come facciamo ad essere sicuri, beh, mica siamo dilettanti allo sbaraglio: in un'altra scena ben ingrandita si vede un adesivo su un tubo copricavi e noi lo abbiamo ritrovato, tie! (pensateci bene, per favore, la prossima volta che buttate o incollate un pezzo di plastica dato che a distanza di 10 anni l'adesivo pare immutato, credo che non sia merito solo del clima secco di Lecce...)



Poi abbiamo ritrovato e rifatto anche altre scene e una era proprio dove mi bevevo il caffè con ghiaccio e latte di mandorla al bar in Piazza S Oronzo (attualmente il locale si chiama "Tentazioni", decimetro più, decimetro meno a fianco a noi c'erano Riccardo Scamarcio ed Ennio Fantastichini). Per concludere, se vi vedete questo balletto forse capirete perchè magari a Punta della Suina prima o poi ci faccio un salto. Hello stranger, you are a danger!



Titoli di coda: caffè e cornetti con e senza crema e amarena proudly sponsored by "The first", Via Di Palma 58; pizza a "Rossodisera", Via Emilia 219 (anche se ce le avete messe in tavola a mezzanotte con una prenotazioni alle dieci); boarding by Claudia and lodging at "Hydra" appartamento, Corso Umberto I; parcheggio a pagamento (non) offerto da Comune di Taranto!

Sunday, July 19, 2020

Redentore 2020

Nella terza domenica di luglio in cui lentamente srotoliamo fuori dalla pandemia decidiamo di andare al Redentore, questa festa veneziana di mezza estate celebre per i fuochi che illuminano il bacino di S. Marco. In realtà, la decisione di recarci a Venezia nasce proprio dalla rarefazione di quest'anno: i fuochi sono stati rimandati per evitare assembramenti e il solito assalto turistico all'arma bianca; evidentemente, il flusso di persone dirette in città è ridotto e lascia lo spazio di camminare e respirare in pace, assaporando la citta, in una serata fresca e avvolgente col cielo screziato di nuvole. È quasi strano, ma molto bello, ritrovare una città abitata e non assediata, vivibile senza essere ingestibile e, se può essere possibile, "normale" pur nell'eccitazione vaga di una festa cara ai veneziani come poche altre.


Nel 1576, in piena epidemia di peste, il Senato della Repubblica fa voto alla divinità di erigere una chiesa quando il contagio, che pare abbia falciato un abitante su tre, si sarà affilevolito. Su disegno di Palladio, che è proto, architetto capo della città, si comincia a costruire nel 1577 e il 20 luglio dello stesso anno c'è la solenne processione sul ponte di barche che ancora oggi, a distanza di più di 4 secoli,  consente di superare il canale della Giudecca. Per la prima volta cammino sul ponte, che oscilla e beccheggia quando passano le barche, sono suggestionato dal ripetersi di fatti, come le epidemie, che si sono verificate tante volte, cogliendoci sempre più o meno impreparati. I veneziani, meno di un secolo dopo, eressero nel 1630 S. Maria della Salute per aver liberato la città dalla peste nera, nuovamente come segno di gratitudine. Con le dovute differenze e qualche netta similitudine, siamo ancora qui. Allora, voti e costruzioni di Basilche; oggi, mascherine, soluzione idroalcolica, distanziamento sociale, (forse) Recovery Fund, diversamente e identicamente inermi e sgomenti di fronte alla malattia:
Santissimo Redentore, oggi, ritorniamo con tutto il cuore a Te: Affidiamo a Te i nostri beni spirituali e materiali, le nostre attività che ci consentono di vivere insieme ai nostri familiari con dignità e onestà. Rendici saggi e generosi nell’affrontare le sofferenze di un male insidioso ed invisibile, che oggi le scienze mediche, con le loro sole forze, non riescono ancora a debellare. Illumina le menti e guida la ricerca!   
Sono le parole del Patriarca Moraglia, pronunciate proprio nella chiesa del Redentore lo scorso 8 marzo, il testo completo lo trovate qui: "ritorniamo", "saggi e generosi", "illumina le menti e guida la ricerca", ora come allora in corsi e ricorsi che non t'aspetti. I frati cappuccini accolgono tutti, coda, gel antisettico, si entra a sx, si esce a dx, chiesa piena e allo stesso tempo vuota per i posti lasciati liberi a creare una scacchiera di spazi che distanzia ma non annulla la vicinanza di chi da secoli ringrazia e prega che questa porcheria si sfoghi senza ulteriore danno. Penso allo stridore di stare lontani per evitare il contagio e, allo stesso tempo, alla necessità di essere prossimi gli uni agli altri per fare fronte agli eventi, una corda tesa al punto giusto: insieme, sì, ma bando allo "scambiatevi un segno di pace". Ricordo anche il celebrante che riesce, con voce e gestualità magnetica, a mettersi in contatto anche quando recita formule che in altre circostanze potrebbero suonare abitudinarie e, per dire, ci saluta con la leggera irritualità di un "glorificate Dio e onorate gli uomini con la vostra vita e andate in pace". È bello l'augurio di essere in grado di farsi onore a vantaggio dei propri simili!


Accendiamo una candela e torniamo sulla riva, decidendo di andare verso le Zitelle. Il morale, mio e della gente che ci circonda, è alto, una vaga spensieratezza tiene a distanza i cattivi pensieri, i veneziani si godono quasi col petto in fuori questa festa tutta loro in cui imbandiscono i tavoli, portano lasagne e altro ben di Dio nei contenitori di plastica, si prendono l'umido dolce e tiepido della sera mentre passano le barche musicali con loro carico di patchanka e ska che mi ricordano gli immortali Pitura Freska, il loro sound venessian e i testi italo-dialettali ironici e un po' d'antan.   

Superiamo i Tre Oci e miracolosamente troviamo un tavolino libero in riva di fronte alla Salute. Birrette, tramezzini, un club sandwich diviso in due e caffè. Ci costa 29 euro (che non è poco ma nemmeno un'estorsione...),  siamo in canal, un tedesco direbbe "come Dio in Francia", tramonto sulla laguna, arlecchino di colori e bagno (!?) di folla, veci e giovani, molti in piedi con la birra da mezzo nel bicchiere di plastica, chiacchiere e sorrisi che mi sembrano un antidoto alla tristezza che ci ha impolverato l'anima in questi mesi. Anche l'ostello della gioventù, a due passi, ha organizzato una specie di party nello spazio stretto che separa l'acqua e la facciata quadrettata. Forse non c'è sempre il metro d'ordinanza ma non vedo nemmeno grandi trasgressioni e appiccicamenti.

Ci spingiamo "dentro" la Giudecca, che per me è ignota tal quale la Bessarabia (a proposito, dov'è?), camminiamo fra i condomini, i giardini, i ragazzetti che corrono vicino al centro civico, raggiungiamo la laguna sull'altro lato, di fronte al Lido e San Clemente, San Servolo e il suo biancore sulla sinistra. Penso nitidamente che la Giudecca pare quasi un piccolo paradiso stasera, pacifica, fuori dai casini  e adagiata nella morbidezza di un imbrunire di festa. Ma so anche, me lo dicono tutti, che è un posto tutt'altro che semplice, con la sua scontrosità e a suo modo in culo al mondo come altre periferie lagunari.

Alè, è ora di tornare a prendere il treno, già ne avevamo perso uno all'andata, quando ci aveva chiuso le porte in faccia e beffardamente era sfilato lento e inesorabile (a volte la sfiga o 10 secondi fanno una gran differenza). Ponte di barche all'incontrario, Zattere e Ca' Foscari, Frari e via, con passo marziale e romano perché errare è umano ma riperdere il treno sarebbe, se non diabolico, psicanalitico! Arriviamo con un-minuto-sessanta-secondi di vantaggio, riusciamo anche a non salire nelle prime carrozze, dove come sempre i passeggeri si stipano inutilmente, lasciando praterie di sedili in testa al treno. Con le FFSS è stato un pareggio ma in fondo tutto ha la sua serendipity. Perso il treno, ponte di barche, club sandwich, lieve ipoglicemia, tramonto e preso il treno al volo!

PS. In ordine di apparizione: Andrea e la moglie Sabina (sul ponte); Elena ed Enrico (sul ponte!); Federico, studente di Financial Literacy che ora, oltre che lingue orientali, si guarda Bloomberg ogni mattina (sul treno di ritorno).