Wednesday, August 21, 2019

Quanta fretta, ma dove corri, dove vai

La fretta è cattiva consigliera, si scambiano fischi per fiaschi, c'è il rischio di sovrareagire... Io, al contrario, scrivo questo post con plantigrado ritardo, colpevole di essere stato in ferie 10 giorni a Porto S Margherita (non è il Papeete, vabbé, a ciascuno il suo) e della molle pigrizia che alberga nei radical-chic.

Eppure l'idea del post era nata alle 7.30 di due settimane fa, quando sorbendo il mio caffè amaro in una Piazza dell'Università bella e svuotata dal sole agostano, leggo un sugoso articolo sulla Tribuna di Treviso. Il pezzo racconta le gesta del Bansky de noantri che nottetempo pittura sul ponte della gobba un Salvini diavoletto che sbaciucchia una croce con annessa corona del rosario. Lo sguardo del capitano non è scevro di un bagliore luciferino che, adesso è troppo facile dirlo, faceva presagire che avesse qualcosa in mente. (ogni riferimento al duello di cappa e spada in Senato di ieri è fortunoso)


Uno non fa tempo a dire "ma guarda che simpaticoni!" che l'articolista continua con l'anatema del nostro sindaco il quale con velocità stratosferica ha già dichiarato che "è brutto, non è arte, lo faccio cancellare". Ma come? E dai, ripensaci un attimo Conte (sì, si chiama proprio Conte... varda i casi della vita!) A noi il murales piace, è spiritoso, e la passione per l'immacolato cuore di Maria e la vergine nera di Częstochowa sono ben radicate nella nostra politica.

Mi propongo di prendere la fida Nikon 1 e fare una foto all'opera prima della cancellazione, tanto dopo devo passare per l'alzaia e magari ci faccio un post un po' ironico. Pensavo di aver un po' di tempo e prima vado in centro a fare una commissione in un'agenzia, tanto mica è urgente. Insomma, fra una cosa e l'altra arrivo al ponte della gobba alle 8.27, avendo già intravisto il sinistro furgone degli stradini comunali. Pochi secondi dopo non posso che constatare che il graffito è stato già cancellato dall'urbs picta. Cazzarola, neanche Speedy Gonzales! il tempo di Tribuna, caffè, centro, ponte... e puuf, andato! Ho mancato lo scoop per un attimo e gli operai ripieni di zelo mattutino stanno già dando una mano compatta di un salmone malaticcio sotto l'arco del ponte. Mi vedono fare due foto postume, scherzano e dicono: "finiamo sulla Tribuna?". Gli dico di non preoccuparsi e mi consolano dicendo che se fossi arrivato 5 minuti prima lo avrei visto. Guardo il lavoro: bello, bello veramente, mezzo tunnel è stato "rinfrescato" mentre il resto resta pieno di scritte e "disegni" a spray. Mi posso solo immaginare il ghigno mefistofelico del Matteo e del suo rosario affiorare dalla vernice fresca.


Rimonto sull'olandesona Mondial e mi rimetto in strada per andare dalla Elisabetta, la fisioterapista regina del mio gran dentato. Ma complice l'aria frizzantina, mi chiedo insolentemente quali sono le ragioni di questa fretta? Schizzare come molle per salmonare un affresco fatto bene, con quel tanto d'effervescenza che fra qualche tempo lo avrebbe fatto comparire sulle guide turistiche, "venghino signori, venghino a vedere che cosa pure si disegnava nel feudo dello sceriffo e del Conte nel 2019"... Ma perché? Non ci sono cose più importanti da fare in tempi brevi? Che ne so? Buche da tappare, lavori da fare, lampadine da cambiare, cartelli da raddrizzare e chi più ne ha più ne metta. A volte vedo sui muri di tutto: oscenità, piselloni, passerine e via andando in gloria con svastiche, croci runiche, offese a vivi morti brutti belli sacri profani bianchi e neri. In quei casi passano a volte settimane prima che salopettes pietose armate di secchio e pennello ricoprano misericordiosamente. Stavolta sono bastate letteralmente poche ore. La prossima volta se uno fa un disegno un filo più abrasivo che cosa facciamo? Gli mandiamo i Navy Seals con l'elicottero apache?

E poi, che senso ha ridipingere solo mezzo tunnel? Una metà è salmone (con un tono vagamente indisposto) e l'altra ha scritte e potacci vari tal quali a prima. Adesso ci troviamo con un inciucio di ponte, indeciso fra il salmone (che sia rosso-giallo?) e la lotta anti-sistema in puro stile writer.

[Il post è finito ma la storia continua, al contrario di quel che diceva Fukuyama. Qualche giorno dopo al posto del diavoletto è comparsa una cornice dorata, vuota e inquietante, con etichetta dalle scritte cancellate in nero pece. Tanto di cappello a chi ha risposta ai colpi di pennello con un'altra trovata spiritosa. Stavolta il sindaco ha apprezzato: meno male, temevo che all'indomani gli operai comunali murassero il tunnel e addio ponte della gobba! 



Inoltre segnalo che, a margine della (discussa e sacrosanta) predica del nostro vescovo, la diocesi ha diffuso un documento a cura della Commissione diocesana per la Pastorale sociale e del lavoro. Vale la pena leggerlo, lasciando perdere per una volta tweet a effetto e social, per provare a ragionare su quello che ci sta succedendo: "Questi territori che sempre sono stati operosi, accoglienti, disponibili all’aiuto si stanno sempre più chiudendo in sé stessi, al punto che sempre più frequente si avverte la paura degli altri (chiunque), accompagnata dall’auspicio che intervenga qualcuno che risolva tutto con 'forza' ". 
Dimenticavo, finché scrivevo ho ascoltato ripetutamente e ossessivamente "Il rock di capitano uncino" di Eduardo Bennato, anche le parole sono da brividi!]