Sunday, November 23, 2008

bra joy




con Maroubra tutte le spiagge "metropolitane" sono apparse nel blog. almeno quelle arci-note, le piccole spiaggette sparse nelle varie baie non si contano, sono decine in un porto come questo. ma, dopo Manly, Bondi, e Cogee, domenica 30 novembre saliamo su un vecchio 376 finalmente senza aria condizionata col suo bel cartello 'maroubra beach" e vai.




passiamo a fianco di UNSW, universita' concorrente, in una mattinata festiva ancora lenta e sonnolenta, poca gente in giro. l'autobus tira su la solita sfavillante popolazione di etnie, lineamenti, sorrisi e rughe, tutti imbarcati insieme per 40 minuti al costo di un biglietto.



Maroubra e' bella e tranquilla. poca gente intorno sparsa nella grande mezzaluna di sabbia, forse la massa arrivera' dopo ma intanto ci godiamo anche la rarefazione. il mare e' mosso (almeno cosi' pare a uno abituato a jesolo, forse e' solo l'oceano) e insegnano ai ragazzini a nuotare e a salvare i bagnanti, con tavole "da surf" appositamente pensate per portare soccorso. partiamo da south Marubra e poi camminiamo verso nord, passando di fianco al pattinodromo, dove i ragazzini torturano skateboard, monopattini, gomiti e ginocchia. questa passione per le acrobazie su due ruote mi sembra molto urban, ore passate a saltare e sbattere sul cemento per uno-due secondi di ebbrezza e controllo di una tavola su due ruote. in fondo mi pare la versione terrestre del surf, ore a mollo in attesa dell'onda giusta che ti fa volare ("ride the waves", dicono qui) per quella manciata di attimi che ne e' valsa la pena. se ho indovinato la frase, dovreste sentire la poesia del surf che qui e' mito puro. i "bra boys", una contrazione di "Maroubra boys", sono un gruppo di giovani locali che "vivono" di surf e si tatuano sulle braccia il numero 2035, codice postale della loro spiaggia. romantico, no? peccato che se vivi di surf poi qualche altro lavoretto tocca farlo e i bra boys, protagonisti di un docufilm mai passato in italia, sono anche noti per essere una specie di gang, con annessi fatterelli e episodi di violenza.



ne vediamo uno che scende in acqua a North Maroubra. si e' tatuato in caratteri gotici l'intera "Maroubra boy" sulle spalle, pantaloni di neoprene e petto nudo, scivola in acqua fra le rocce e si dirige al largo dove spera di mietere onde buone. proseguiamo per vedere la piscina, una "vasca" naturale ricavata fra e rocce che e' riempita dalla marea che arriva a filo e consente di nuotare al riparo dall'oceano. poi un tale in bicicletta ci dice che c'e' una baby whale che transita la largo e vediamo molta gente che corre verso la riva per ammirare lo show. il balenottero e' lontano ma si vedono i suoi balzi distintamente, fuori dall'acqua su' in alto e poi giu' fra schiuma poderosa. capisco perche' la gente ne va pazza, sembra un modo gioioso di nuotare, a saltoni, piu' per divertirsi che per fare strada. ci fermiamo al pool cafe', Lorenzo ci aveva detto che ne valeva le pena, e merita assolutamente una segnalazione. colazione a tutte le ore, i vicini ci ispirano, io prendo una egg-benedict col salmone, Cesira copia una ragazzina elettrica e simpatica e prende una crepe "syrup and banana".



decidiamo, pur senza sapere esattamente quanto dista, di camminare sulla spiaggia fino a Cogee e torniamo a riva trovando un piroctecnico rinfresco nunziale. vado a fare due foto al gruppo e attacco bottone facilmente. il giorno delle nozze tutti sono ben disposti e veniamo a sapere che sia lo sposo che la sposa sono "italiani". finiamo a fare gli auguri a lei e a chiacchierare con la mamma in gran tiro, che ha ancora l'accento di calabrese nonostante sia a Sdyney da quando aveva 10 anni, "che bella e' l'Australia, vero?". gli amici degli sposi sono venuti con una serie di macchine d'epoca "americane" degli anni '60 e con le vespe. a fare festa siamo sempre i meglio...




continuiamo a passeggiare lungo un sentiero che preserva una zona umida di pregio, a picco sull'oceano. sole senza compromessi, meno male che la brezza fa si che la giornata sia di caldo-fresco. a dir la verita', un po' l'arietta ci frega e alla sera abbiamo preso una quasi-scottata. arriviamo a Cogee dopo che Cesira ha visitato un bagno per sole signore, coccolo e protetto dal rumore di noi maschiacci casinari. il semicerchio di Cogee e' raggiunto in un'ora. e' pieno di gente che arriva per il pomeriggio in spiaggia. sono le 16.00 e siamo in perfetto timing per saltare su un altro autobus che ci riporta in citta' dato che in serata abbiamo un invito per "Brideshead revisited" dagli Hall. bye bye joyful Maroubra, quasi quasi mi tatuo 31039 sul bicipite poderoso. chi siamo noi, figli della serva?

Tuesday, November 18, 2008

Are you nuts?



"signora, when do we get off?" non e' il tipo di domanda che ti aspetti sul 440 diretto a Rozelle. vogliamo andare a vedere Callan park e Broughton house, una vasta aerea verde dove c'e', l'ospedale. il nucleo originale ospitava padiglioni per "lunatics", i malati di mente, che si curavano anche con lunghi soggiorni nel verde (un po' fuori ma mica scemi!) e gli "intoxicated", persone affette da dipendenze varie. una gentile signora ha fatto una conferenza al MOS, museum of sydney, parlando dei giardini perduti della citta' e ha menzionato varie volte Callan park, definendolo ancora bellissimo e pieno di jacarande. il problema e' che la sanita' e' dispendiosa, il governo del NWS ha un miliardo di dollari di debito, i padiglioni e i parchi hanno costi di manuntenzione alti, i matti li rimandiamo a casa dove frantumano le famiglie... un comitato di residenti cerca di impedire che tutto finisca in malora e che l'ospedale resti in attivita', senza "svendere" l'area all'university of sydney che ne reclama l'uso esclusivo. io non so chi ha ragione, ma il problema di trovare modi (pochi) e fondi (tanti) per salvare spazi e edifici publici e' un grattacapo ovunque. forse USyd e' meglio che la rovina. forse serve la giusta via di mezzo.




l'arcano della "signora" si spiega quando l'autobus percorre tutta Norton street, capitale morale degli italiani di Sydney. e' il modo in cui le studentesse, vestite di un orrendo grambiule verde a righe, si rivolgono alla docente. Rozelle confina con questa piccola italia e due minuti dopo siamo nel bellissimo parco. le jacarande in fiore sono una meraviglia, grandi prati aperti al pubblico, di "lunatics" non ce ne sono quasi piu' e non c'e' da avere paura, ci aveva detto l'appassionata conferenziera. visitiamo il giardino tropicale, con i banani e i bambu e poi anche il giardino cinese, con i ponti di legno laccati di rosso. alcuni edifici sono ancora usati, altri sono rosicchiati dall'oblio ma il parco e' uno spettacolo, pur palesando che deve essere stato ancora piu' bello quando tutto era curato a puntino (specie i due giardini).





una parte della zona e' gia' da tempo utilizzata dall'istituto d'arte universitario che ha per sede una specie di castello "antico" dove ci sono aule per le sperimentazioni artistiche. guardo tanto, capisco poco. ma in fondo sono ragazzi creativi. ci fermiamo al bar degli studenti per una bibita e un panino e poi ci dirigiamo verso casa, a bordo del fido 440. l'unica cosa a tratti fastidiosa e' l'incessante flusso di aerei che atterrano al vicino aeroporto di Botany. continui boati e urla dai motori, non quello che servirebbe per il relax bucolico che l'area suggerisce: forse io sono sano di mente, ma mi unirei ai "lunatics" per costruire una contraerea!

Saturday, November 15, 2008

ombre rosse

questo e' un grande paese anche perche' l'intarsio di culture e migrazioni ha raccolto qui un caleidoscopio di tradizioni e sapori. se ne intendono di vino e lo producono con passione, avantaggiati anche dal clima che in certe zone sa essere clemente quel tanto che serve. un discreto bicchiere di vino c'e' sempre, ti puoi portare la tua bottiglia al ristorante (si chiama BYO, bring your own), in teoria grandi possibilita' e zone vinicole di grande fama. eppure, finora, la mia valutazione della produzione vinicola locale era mixed. la chiave sta nel termine "discreto". a un certo punto (della vita, del soggiorno, dei bicchieri...) vorresti di piu' e, si sa, le sfumature sono talvolta piu' importanti di quel che sembra. parlando di vino poi...

le cose non mi tornavano e ho deciso di darne un'altra chance alla produzione aussie, con taglio piu' scientifico e baro. l'occasione e' stata la pubblicazione della lista dei 100 vini migliori del 2008 di James Halloway, critico vinicolo del "The Australian". molte delle bottiglie della classifica costano meno di 20$ e capisco (dandomi un po' del mona) che quello che compro in centro costa molto ma molto caro, forse e' molto molto peggio e mi viene la voglia di fare una spedizione a caccia dei "tesori" locali. individuo il piu' grande stockista di vini del paese, Dan Murphy's, grandi wine-stores sparsi ovunque per il paese, zone industriali e periferie. zio google mi segnala che ad Alexandria c'e' lo store in Fountain st 10-12. mi stampo la mappa, sono 3 km e rotti dal mio ufficio, niente autobus regolari per andare la', solo una corsa speciale del 305 per tornare alla base. piegato ma non spezzato dopo una giornata di computer, parto dalla stazione centrale alle 17.30 e cammino sotto il sole in una periferia a tratti dura e squallida (Regents st, a dispetto del nome londinese, e' un postaccio punteggiato da pub e bevitori seriali, troppo presto gonfi di birra). la citta' si spiana abbassandosi e le case si allontanano, "spampanandosi" all'americana. mi sento (e sono!) l'unica particella pedonale di sodio fino a Redfern, stazione del treno metropolitano dove ritrovo la multicolore folla dei pendolari che sciamano verso casa. gli abitanti di Redfern hanno una pessima fama, la polizia ha costruito un'enorme caserma di cemento armato a 10 piani proprio di fronte alla stazione, mi pare il tentativo di metterli in soggezione ma Tony mi dira' poi che quelli non sono "intimidated" per nulla. di tanto in tanto, in mezzo ai capannoni e ai binari, si aprono stradine di villette vezzose e giardino, micro quartieri residenziali in cui chiedo a un ciclista al volo se sono sulla strada giusta.

35 minuti dopo arrivo da Dan Murphy's. migliaia di bottiglie a temperatura controllata, ordinatamente disposte nel capannone per tipologia e alfabeticamente, rischi lo spaesamento in mezzo a tanto sterminio di etichette. una commessa di colore mi guida fra gli scaffali per prendere le bottiglie che mi ero segnato sulla lista. i prezzi sono ancora piu' bassi di quello che pensavo, potenza della grande distribuzione. sono a piedi, mi disciplino non avendo piu' 20 anni e prendo solo un cartone da 6: una coppia di Shiraz, una coppia di Pinot Noir, Sangiovese rose' e un Chardonnay, tanto per salvare i bianchi. i magnifici 6 (4 al netto dei doppioni), sono

Vat 8 Shiraz 2006, De Bortoli, 8.50 Windy Peak Pinot Noir 2008, De Bortoli (Yarra Valley) 9.90 Trentam Estate "La famiglia" Sangiovese rose', 12.90 Yalumba Wild Ferment Chardonnay 2007, 14.90

per poco piu' di 30 euro mi porto via 6 bottiglie nei magnifici 100. sfido voi e (mi sfido da solo, se e' per quello!) a fare lo stesso in italia. impugno il mio cartone con malcelata soddisfazione e mi avvio con filosofia da sherpa a prendere il 305 su McEvoy st, e' stracolmo di lavoratori indiani che lavorano all'IT center della Qantas. tutti scendono a Redfern, poco dopo le 18.30 sono in Central station e mi faccio a piedi la strada per ritornare in ufficio. nel complesso, ascella un po' sudata ma grande soddisfazione. sono assetato, ma ripiego sull'acqua. le ombre me le bevo dopo!

ps. lo shiraz di De Bortoli (che sia un paisa'?) e' ottimo e l'ho finalmente "capito", due morti; il pinot e' ottimo, un morto; gli altri sono ancora vivi, mi ci vuole un'occasione leggera per i bianchi/rose'. finally, mi propongo di brindare alla salute della Gelmini con una bottiglia da piu' di 20 dollari... in alto i calici.

Monday, November 10, 2008

solidarity



sabato sera al musical. cogliamo l'occasione per vedere il penultimo show di "Billy Elliot" che dal 10 novembre, dopo due anni di spettacoli ininterrotti, se ne va dal Capitol theater di Sydney per cercare lo stesso successo nell'altra "capitale" Melbourne.

l'ho gia' scritto sul queste colonne, ma andare a teatro e' un divertimento per il pubblico oltre che per lo show. gli spettatori erano un campionario di diversita': molti ragazzi dell'eta' di Billy, coppie di tutte le eta', armadi semoventi con parecchie birre in corpo, capelli cortissimi e relative morose di stazza comparabile, in una fusione di stili e classi sociali che si spiega anche con la trasversalita' della storia del ballerino che esce da un sobborgo di minatori inglesi, spezzati dopo un anno di sciopero dal pugno di ferro di Margaret Thatcher, ma a loro modo mai domi nell'offrire il supporto necessario al loro piccolo artista. Non pensate che si tratti di uno spettacolo esclusivamente "popolare": la musica e' stata scritta da sir Elton John e c'era anche il solito grande sfoggio di arditi abitini da sera, tacchetti acuminati come spade, generosi decolte', schiene, quadricipiti femorali in spasmodica evidenza...



amiamo la storia di Billy e se avete visto il film ricorderete il divertimento, l'ironia e lo struggimento di tante scene, oltre a una colonna sonora da applausi, mi rimbombano ancora i Clash e London Calling durante una carica della polizia contro gli striker e la travolgente "I love to boogie" dei T. Rex. so che e' un'altra storia ma questa vicenda di lotta e solidarieta' mi ha ricordato nel mio piccolo la notte bianca di Ca' Foscari: "Gelmini, lavoriamo anche di notte!". e' stato bello partecipare in collegamento anche da 16000 km di distanza e sentirsi una parte di tanti che agiscono "as one", come i proletari della Durham Miners' Association. ok, ok... ci arrivo da solo, secchio di acqua gelata! la Gelmini non e' la Thatcher (ne' lo sara' mai!), gli universitari non sono minatori e gli ideali sindacali spesso finiscono per parare il culo ai peggiori fannulloni. ma, guardando il musical, ho sorriso di fronte alle canzoni "solidarity forever" e "merry xmas maggie thatcher" pensando idealisticamente che "we'll never walk alone".

il musical e' pieno di strepitose canzoni e balletti, recitato in inglese del nord, "understund", "truck", "smuke"... certe scene sono anche visivamente straripanti: ad esempio, le manganellate sugli scudi dei bobbies e le torcie frontali dei minatori che scompaiono nel pozzo della miniera quando le unions si arrendono. il piccolo Billy e' grande e tiene botta per tre ore, cantando, ballando e mitragliando battute assieme a tutti gli altri. se passate per Melbourne nel prossimo biennio (non si sa mai...) e' una serata che merita.

ps. per onesta', devo dire che mentre stendevo il post la Gelmini ha fatto un decreto e ha detto una cosa giusta: le universita' si valutano e si tagliano i fondi alle cattive, mentre (le briciole?) si lasciano alle migliori. questa impostazione da campionato di calcio e' molto meglio che strangolare tutti in egual modo. e va ben, se continui cosi' superi Mussi nel mio gradimento, salvandoti dalla zona retrocessione!

Wednesday, November 05, 2008

glebe



city of villages e' quello che Sydney e' veramente. ce ne manca sempre qualcuno anche se cerchiamo di colmare via via le lacune. e' la volta di Glebe, dal latino glaeba, pezzo di terra di 160 ettari affidato a santa madre chiesa nel 1789 dal governatore Phillips, proprio quello che sbarco' con la first fleet un anno prima. facciamo un giro un po' largo per capitare verso l'ora di pranzo al fish market, che tecnicamente sta ancora a Pyrmont. si tratta di un mercato ittico enorme, dicono secondo solamente a quello di Tokyo alimentato dalla passione dei giapponesi per il pesce fresco e il sushi. e' uno spettacolo per la vista, c'e' tutto il seafood che potete sognare.





oltre a vendere, cucinano a tutta manetta e vi potete sedere sui tavolini all'aperto con un fagotto di ostriche (mezza dozzina a 4 euro), aragosta, fish'n'chip, sushi e sashimi, gamberoni e tutto il resto che la mia natura di polentone dell'entroterra non sa nemmeno riconoscere. non resisto, sono le 13.00 perdiana, ci sediamo dopo aver preso anche noi il nostro vassoietto e attacchiamo bottone con una coppia di portoghesi con cui abbiamo diviso il tavolo. li ha tratti in inganno il termine in veneto "giardin" che per assonanza somiglia al loro "jardin".



ripartiamo e visitiamo Glebe, adagiato su una collina a cavallo di Glebe point road che arriva fino a Blackwhattle bay a offire bellissime viste sull'Anzac bridge. e' un quartiere alternativo e bohemien, negozi e caffe' di tendenza lo popolano ora, dopo che mezzo secolo fa si e' sfaldata la struttura di quartiere popolare abitato dagli operai del porto. in Ferry road alle 13.50 facciamo in tempo a visitare una casa chic che andra' in vendita all'asta fra qualche settimana. qui si usa cosi' e l'immobiliarista in immancabile cravatta e sorriso volitivo ci fa vedere l'appartamento di 308 mq, acciaio e vetro come si conviene a un pezzo di archittettura moderna e vagamente yuppie. "affordable" mi dice. "quanto?" gli dico io. si parte da 1.700.000 AUD. una scarica di pensieri: anche coll'euro robusto di ora, forse di affordable c'e' solo tua sorella! ma non batto ciglio, mi sforzo di mantenere la faccia distesa senza ridere e faccio capire che volendo (volendo tanto) ce la potrei fare, "you never know", proprio never!





proseguiamo col giro, tanti negozi di parrucchieri/e, caffe', mercatini e lavori in corso. la zona somiglia un po' al quartiere latino (penso a Parigi, non a Treviso!), sempre in movimento. ci fermiamo a bere una cioccolata e alla fine avremo percorso tutta Glebe point road senza nemmeno accorgercene.



ieri sera cena fuori al Glebe Point Diner in compagnia di Patty, Tony e una coppia di amici italiofila e liberal, Robert e Susie. il primo brindisi e' per la vittoria di Obama (!?), e' forse sorprendente ma qui c'e' stato un grande tifo. conoscono Venezia, qualche spesa al mercato di Rialto e apprezzamento (condiviso!) per la locanda Cipriani di Torcello. poi i discorsi vanno in politica, non so se hanno capito un granche' del mio mix di catto-social-comunismo: io credo sia sincretismo ma al sesto bicchiere forse sembrava cretinismo! a proposito di vino: mi aspettavo grandi cose da un merlot del 1998, ma ahime' sapeva di tappo e amen. cose tristi che succedono. in ogni caso, abbiamo rimediato alla grande con un inaspettato pinot noir della tasmania, fresco, di colore acceso e grande vivacita'. cose dell'altro mondo!

Monday, November 03, 2008

grande Alberto!!!

stavolta niente Sydney. mio cugino Alberto e' arrivato sulla cima del Baruntse, 7220 m. sei grande e sono orgoglioso del sangue del mio sangue! che la montagna ti sia lieve, ciao.

sito di radiopadova.